Mostriamo questo video per fornire informazioni che la stampa mainstream prova in tutti i modi a nascondere sotto il tappeto.
I membri del battaglione Azov usciti dai sotterranei dell’accaieria Azovstal di Mariupol – com’è ovvio che accada quando di arresta o si fa prigioniero un combattente – vengono perquisiti e fatti spogliare. La verifica su eventuali tatuaggi dà quasi sempre informazioni chiare sull’identità “culturale” e ideologica.
Una carrellata di svastiche, teschi, immagini truculente. Che corrisponde, senza alcuna variazione, al limitato campionario dell’immaginario nazista.
Abbiamo letto, nelle scorse settimane, pensose interviste telefoniche ai diversi comandanti di questo tipo di “truppe”, che giuravano – per esempio – di “leggere Kant” ai propri uomini.
Abbiamo visto giornali “democratici”, di quelli che sotto elezioni si sbracciano per imporre il “voto utile” a chi si ritiene comunque “di sinistra” – Repubblica, per esempio – derubricare la svastica a simbolo esoterico di lontane ascendenza asiatiche, un po’ come facevano i fascisti italioti diversi decenni fa.
Abbiamo visto questi stessi giornali chiamare una svastica – fotografata! – un semplice “doppia S”, come se le SS fossero state una succursale della Caritas.
Tutto per convincerci che questa banda di nazisti sono in fondo “dei nostri”, gente giusta cui inviare sempre più armi.
Dice un vecchio adagio filosofico che “la forma è sostanza”. E se qualcuno, nel terzo millennio – quando ormai l’umanità intera ha associato quel logo a quella merda – si tatua indelebilmente una simbologia nazista, vuol dire che considera quella come parte costitutiva della propria identità e personalità.
Con buona pace dei camerieri di Molinari, Giannini, Mentana, ecc.
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Manlio+Padovan
In effetti le SS sono una succursale della Caritas o, più probabile, la Caritas è una succursale delle SS.
Tanto è vero che le banche di Santa Sede spa, Unicredit e Intesa San Paolo,, sono le maggiori finanziatrici della industria delle armi in Italia e la Caritas ha in quelle banche la sede per i suoi onti.
(l. Kocci su “il manifesto” del 30/4/22: mai smentito)
Pasquale
Ben detto! Brava redazione. Chi dimentica il passato è costretto a riviverlo. Chi fa di tutto per farlo dimenticare, lo fa perchè si appresta a dare il proprio contributo alla restaurazione.
leandro locatelli
Petizione diretta al Presidente Mario Draghi e al ministro Cartabia
Andrea Rocchelli, fotogiornalista italiano era andato a documentare gli orrori della guerra in Ucraina, precisamente nel Donbass, ed è stato ucciso per questo. E’ stato assassinato insieme all’attivista per i diritti umani (e interprete) Andrej Nikolaevič Mironov, dal fuoco ucraino, il 24 maggio 2014. William Roguelon, unico sopravvissuto all’attacco, dichiarerà che il gruppo è stato bersagliato da numerosi colpi di mortaio e armi automatiche dalla collina Karachun, dove era stanziata la Guardia nazionale dell’Ucraina e l’esercito ucraino. Gli assassini non sono i russi ma i nostri alleati, addestrati e armati da noi. I “buoni”. Quelli che difendono la libertà. Nel luglio 2017 le indagini hanno portato all’arresto di Vitaly Markiv mentre rientrava in Italia, militare della Guardia nazionale ucraina col grado di vice-comandante al momento dell’arresto ma soldato semplice all’epoca dei fatti, con cittadinanza italiana. Markiv è stato sottoposto a misure detentive di custodia cautelare in attesa del processo che si è aperto a Pavia nel maggio 2018. Durante lo svolgimento del processo, Markiv viene anche accusato dentro e fuori l’aula di simpatie neonaziste. Si legge su Wikipedia: “Il 12 luglio 2019 la corte penale di Pavia ha giudicato Vitaly Markiv colpevole per concorso di colpa nell’omicidio di Rocchelli e Mironov e lo ha condannato a 24 anni di reclusione. Lo stato Ucraino è stato anch’esso giudicato colpevole nella medesima sentenza quale responsabile civile”. Markiv però se la cava, dopo l’intervento delle autorità dell’Ucraina che prendono le sue difese. Ed ecco il colpo di scena: “Il 3 novembre 2020 la Corte d’Assise d’appello di Milano, pur ritenendo colpevoli le forze armate ucraine dell’omicidio dei giornalisti, ha assolto Vitaly Markiv con formula piena escludendo alcune testimonianze chiave dall’impianto accusatorio per un vizio di forma”. Sul tablet e sullo smartphone sequestrati a Markiv, secondo i Ros, sono conservate oltre duemila fotografie. Alcuni scatti mostrano un uomo incappucciato, con una catena di ferro al collo, rinchiuso nel bagagliaio di un’automobile, una Skoda Octavia. In alcune immagini scattate poco dopo, si vede lo stesso uomo, con il volto ancora coperto, gettato in una fossa mentre qualcuno non inquadrato nella ripresa lo ricopre di terra. Altre fotografie ritraggono Markiv davanti alla stessa Skoda Octavia. Quando nell’aula è stata mostrata una foto di agenti della guardia nazionale ucraina con alle spalle una bandiera nazista, Markiv ha chiesto di prendere la parola e ha detto: «Non voglio che la guardia nazionale sia presentata come nazista. La bandiera ritratta in quella foto è soltanto un bottino di guerra» Peccato che il nemico fossero gli autonomisti del Donbass. Non c’è pace senza giustizia, non si annulla una sentenza per vizio di forma, dopo l’intervento delle autorità Ucraine che hanno parlato di complotto e di processo politico, intervento supportato anche da politici di lungo corso italiani. Chiediamo al presidente del consiglio Draghi ed al ministro della Giustizia Cartabia la revisione del processo. Ci sono due vittime innocenti, assassinate perché testimoniavano con il loro lavoro verità scomode, non ci possono essere colpevoli in libertà. La responsabilità penale è personale, indicare come responsabile l’intero esercito ucraino è inutile e sbagliato. Verità e giustizia per Andrea e Andrej.
Puoi firmare la petizione qui: https://chng.it/J4kY6Zdj
Walter
Ad Ancona trovarono armii nei sottofondi dei camion di aiuti umanitari della Caritas ai fascisti croati