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Sì, è giusto provarci!

Oh finalmente! Ma non vi siete stancati di fare sempre le stesse cose?

L’appello con cui tante e tanti propongono di costruire un percorso politico alternativo a tutto il sistema dei partiti rappresentato in Parlamento, non può che suscitare reazioni contrastanti. Anche io che l’ho firmato con convinzione sono percorso da diversi sentimenti. Il primo è il rifiuto della politica attuale e del suo trasformismo.

Abbiamo un governo di destra confindustriale che ci ha portato in guerra contro la Russia e che ci trascina in una crisi economica e sociale devastante, ma tanta parte del Parlamento in un modo o nell’altro lo sostiene. E anche chi dichiara di avversarlo, poi alle elezioni si metterà in alleanza con chi lo sostiene.

Per non parlare poi del pensiero unico liberista e di guerra che a parole non pochi criticano, ma che nella pratica tutti seguono. Sono tutti euroatlantici, la parola rispolverata dalla peggiora guerra fredda degli anni 5O e che oggi definisce sostanzialmente un regime ideologico, che mette l’Occidente liberista in guerra con tutto il resto del mondo.

L’euroatloantismo è figlio diretto del colonialismo europeo e del neocolonialismo degli Stati Uniti.

La politica economica euroatlantica è quella del mercato e delle multinazionali, delle privatizzazioni e della flessibilità del lavoro. Qui persino nel linguaggio del nostro regime politico i lavoratori ed i loro interessi sono cancellati, assorbiti nell’impresa capitalista che diventa il centro di tutto. Se il padrone sta bene staranno bene anche i suoi dipendenti, questo dicono sostanzialmente tutti. E naturalmente i ricchi sono persone che hanno merito e chi ne contesta l’inacceatbile privilegio, chi solo li nomina, è un fallito che da sfogo alla sua invidia sociale.

Ora il mondo euroatlantico si vernicia di verde, e lo fa rilanciando il nucleare. Ecco, l’ambientalismo delle classi dirigenti è fatto della stessa miscela ipocrita dello loro guerre per la democrazia e i diritti umani. Delle parole vuote sulla libertà, mentre si costruiscono muri, discriminazione, razzismo.

Sì, da qualunque lato di prenda la politica dominante, si sente il bisogno profondo di rovesciare tutto. E per questo da un lato dico finalmente, se si comincia a mettersi assieme per farlo.

Poi però vengo preso della incertezza.

Oramai in Italia meno della metà della popolazione partecipa al gioco ufficiale della politica. Che va avanti come se niente fosse. Il 60% della popolazione è contro la guerra, ma il 98% del Parlamento è a favore. E quando si sondano gli umori elettorali, beh la maggioranza contro la guerra, quella per la sanità e la scuola pubblica, per le pensioni giuste ed il salario minimo, per il diritto al lavoro e alla salute, questa maggioranza svanisce. Metà di quella maggioranza ha rinunciato a votare, l’altra lo fa contro se stessa, affidandosi alle finte contrapposizioni tra uguali che il palazzo inscena alla viglia delle elezioni. Ma davvero si può credere ancora che il PD ed i suoi cespugli siano di sinistra? O che il M5S rappresenti la contestazione del potere? È tutto finto, ma alla fine funziona. Perché i temi e le alternative vere vengono accuratamente espulsi dalla politica, in mondo che chiunque governi, siano sempre le stesse scelte. È il pilota automatico al potere, secondo la definizione cinica e brutale di Mario Draghi.

Ecco allora la difficoltà che ci prende. Sì l’alternativa a tutto questo schifo sarebbe moralmente e civilmente necessaria e anche urgente, ma come renderla possibile? Anzi è davvero possibile?

La curva della democrazia nel nostro paese negli ultimi trent’anni ha seguito lo stesso andamento di quella dei salari: è sprofondata verso il basso. Come farla, anzi come farle risalire?

Non ho una ricetta pronta, anzi penso che la ricetta debba venire alla fine. Ma la direzione di marcia per me non può che essere contro il capitalismo e per il socialismo, nelle forme e nei contenuti di oggi.

Ci vuole un percorso nel quale tutte e tutti coloro che hanno in comune lo resto ripudio del sistema attuale, trovino il modo di mettersi assieme in una forza organizzata. Organizzata nella società, nella cultura, nella politica. Finora non ce l’abbiamo fatta, e i fallimenti del passato devono essere ben presenti, non per piangerci addosso, ma per imparare a non ripeterli.

Possiamo non farcela, ma abbiamo il dovere di provarci. Non per noi stessi, ma perché senza alternativa la nostra società, il nostro mondo precipitano nel baratro. Quindi proviamoci ancora compagne e compagni.

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