Un neofascista genovese, è stato indagato dalla magistratura per essersi arruolato nella Brigata internazionale ucraina che combatte contro le forze armate russe e le milizie repubblicane del Donbass.
Il reato ipotizzato dai magistrati è quello previsto dall’articolo 3 della legge 210/1995 che ratifica la convenzione internazionale dell’Onu contro il reclutamento, l’utilizzo, il finanziamento e l’istruzione di mercenari. Il giovane, Kevin Chiappalone, sarebbe militante di CasaPound. Di lui non si hanno notizie da circa un mese. Si troverebbe nel Donbass.
L’indagine della Digos era partita dopo le dichiarazioni del neofascista al settimanale Panorama in cui annunciava di volere partire per difendere l’Ucraina dopo avere sentito Putin parlare di “denazificare il Paese”. Al momento il neofascista genovese è l’unico indagato, ma gli investigatori stanno cercando di capire se vi siano altri mercenari e se vi sia una rete di reclutatori.
Le istruzioni per il reclutamento vengono però diffuse dalle ambasciate e dai consolati ucraini – attività proibita in Italia – prevede il rilascio di un documento dal consolato di Milano (come all’Ambasciata di Roma) – con le istruzioni per entrare in Ucraina: la lista degli spostamenti, i riferimenti delle cariche militari e il commissariato a cui rivolgersi una volta lì. Si passa per la Polonia, a Rzeszon, dove ci sono dei pullman per i gruppi di reclutamento, poi indirizzati con mezzi blindati fino a Korchova, proprio sulla frontiera. Una volta in Ucraina firmerà un altro documento per l’arruolamento volontario. Poi si va direttamento al coordinamento di Novoyavorivsk, vicino Leopoli.
Una foto pubblicata lo scorso 17 maggio sulla pagina Facebook “Milza Zena“, riconducibile a Kevin Chiappalone, lo ritrae in mezzo ad altre persone in divisa militare e armate con la bandiera dell’Ucraina alle spalle. Il suo volto è l’unico non oscurato in mezzo alle altre persone.
Gli accertamenti condotti dalla Digos hanno permesso di appurare il neofascista è entrato in Ucraina con un pullman dalla Polonia, dopo che aveva raggiunto Varsavia in aereo.
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leandro locatelli
Chi non conosce la Verità è uno sciocco, ma chi conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente
Petizione diretta al Presidente Mario Draghi e al ministro Cartabia
Andrea Rocchelli, fotogiornalista italiano era andato a documentare gli orrori della guerra in Ucraina, precisamente nel Donbass, ed è stato ucciso per questo. E’ stato assassinato insieme all’attivista per i diritti umani (e interprete) Andrej Nikolaevič Mironov, dal fuoco ucraino, il 24 maggio 2014. William Roguelon, unico sopravvissuto all’attacco, dichiarerà che il gruppo è stato bersagliato da numerosi colpi di mortaio e armi automatiche dalla collina Karachun, dove era stanziata la Guardia nazionale dell’Ucraina e l’esercito ucraino. Gli assassini non sono i russi ma i nostri alleati, addestrati e armati da noi. I “buoni”. Quelli che difendono la libertà. Nel luglio 2017 le indagini hanno portato all’arresto di Vitaly Markiv mentre rientrava in Italia, militare della Guardia nazionale ucraina col grado di vice-comandante al momento dell’arresto ma soldato semplice all’epoca dei fatti, con cittadinanza italiana. Markiv è stato sottoposto a misure detentive di custodia cautelare in attesa del processo che si è aperto a Pavia nel maggio 2018. Durante lo svolgimento del processo, Markiv viene anche accusato dentro e fuori l’aula di simpatie neonaziste. Si legge su Wikipedia: “Il 12 luglio 2019 la corte penale di Pavia ha giudicato Vitaly Markiv colpevole per concorso di colpa nell’omicidio di Rocchelli e Mironov e lo ha condannato a 24 anni di reclusione. Lo stato Ucraino è stato anch’esso giudicato colpevole nella medesima sentenza quale responsabile civile”. Markiv però se la cava, dopo l’intervento delle autorità dell’Ucraina che prendono le sue difese. Ed ecco il colpo di scena: “Il 3 novembre 2020 la Corte d’Assise d’appello di Milano, pur ritenendo colpevoli le forze armate ucraine dell’omicidio dei giornalisti, ha assolto Vitaly Markiv con formula piena escludendo alcune testimonianze chiave dall’impianto accusatorio per un vizio di forma”. Sul tablet e sullo smartphone sequestrati a Markiv, secondo i Ros, sono conservate oltre duemila fotografie. Alcuni scatti mostrano un uomo incappucciato, con una catena di ferro al collo, rinchiuso nel bagagliaio di un’automobile, una Skoda Octavia. In alcune immagini scattate poco dopo, si vede lo stesso uomo, con il volto ancora coperto, gettato in una fossa mentre qualcuno non inquadrato nella ripresa lo ricopre di terra. Altre fotografie ritraggono Markiv davanti alla stessa Skoda Octavia. Quando nell’aula è stata mostrata una foto di agenti della guardia nazionale ucraina con alle spalle una bandiera nazista, Markiv ha chiesto di prendere la parola e ha detto: «Non voglio che la guardia nazionale sia presentata come nazista. La bandiera ritratta in quella foto è soltanto un bottino di guerra» Peccato che il nemico fossero gli autonomisti del Donbass. Non c’è pace senza giustizia, non si annulla una sentenza per vizio di forma, dopo l’intervento delle autorità Ucraine che hanno parlato di complotto e di processo politico, intervento supportato anche da politici di lungo corso italiani. Chiediamo al presidente del consiglio Draghi ed al ministro della Giustizia Cartabia la revisione del processo. Ci sono due vittime innocenti, assassinate perché testimoniavano con il loro lavoro verità scomode, non ci possono essere colpevoli in libertà. La responsabilità penale è personale, indicare come responsabile l’intero esercito ucraino è inutile e sbagliato. Verità e giustizia per Andrea e Andrej.
Puoi firmare la petizione qui: https://chng.it/J4kY6Zdj
Mauro
…un bel cappotto di legno x quest’inverno…
Giorgio
Si però così state istruendo i fascisti a come poter fare per reclutarsi coi criminali ucraini..
Redazione Contropiano
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