Riceviamo e pubblichiamo con piacere l’ultimo documento prodotto dall’Opposizione Studentesca d’Alternativa sulla condizione sociale e psicologica della nuova generazione, cresciuta nella crisi economica post-2008 e colpita in breve tempo prima dalla disastrosa gestione della pandemia e ora alle prese con la spinta guerrafondaia dell’Occidente in declino.
Parola scritte da ragazzi e ragazze per ragazzi e ragazze, senza nessuno sconto per la classe al potere e con lo spirito di chi vuole rimboccarsi le maniche, organizzarsi e provare a cambiare una società che proprio sulla pelle delle nuove generazioni sta scivolando verso il disastro ambientale, sociale e culturale.
Buona lettura.
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Stress, ansia, disagio psicologico, problemi di salute mentale e, soprattutto, crisi di prospettive. Nelle nostre scuole li incontriamo sempre di più, nei collettivi parliamo di questo. Sono fra i motivi per cui gli studenti si mobilitano e decidono di organizzarsi con noi, e sono indice di un disagio che fra la nostra generazione è in crescita esponenziale.
Non a caso, i media mainstream parlano di noi come fossimo dei “malati” senza mai approfondire le condizioni in cui siamo costretti a crescere, andare a scuola e a lavoro dopo anni di politiche di tagli e di privatizzazioni e i partiti e i sindacati che rappresentano e difendono questo sistema hanno iniziato ad affrontare il tema per evitare che il disagio generazionale si trasformi in conflitto.
La nostra crisi di prospettive, con tutto ciò che questa comporta a livello psicologico, è la conseguenza di un sistema inumano basato sullo sfruttamento e per questo non accetteremo colpevolizzazioni o vittimizzazioni operate sulla nostra pelle per mettere a tacere o calmare la nostra rabbia.
“Strappare la Contraddizione dalle mani del nemico” deve essere la nostra parola d’ordine davanti a ciò e la finalità di una riflessione collettiva, iniziata con questo articolo, per impedire che la miseria di una generazione venga usata per preservare il sistema che l’ha generata. Procediamo con ordine.
Salute Mentale o Disagio Generazionale?
Da diverse settimane ormai il PD – partito di sistema per eccellenza – ha iniziato a parlare di salute mentale e nel Lazio – non a caso – a guida Zingaretti vengono introdotti i primi bonus psicologici, dopo anni di smantellamento e distruzione della sanità pubblica.
Intanto le costole studentesche della CGIL hanno anch’esse cominciato a parlare di “salute mentale”, usando tale formula per inglobare tutte le diverse forme di disagio, e a richiedere “ascolto”, investimenti per strutture mirate al benessere psichico e il diritto… a stare male, liberamente.
L’operazione politica in atto va capita molto seriamente perché c’è la volontà di rendere mentalmente subalterna un’intera generazione. Le questioni essenziali per noi sono due:
1. Ricondurre tutte le variegate forme di disagio generazionale sotto l’insegna unica della “Salute Mentale” significa accettare il gioco del PD e ridurre l’ampio problema a un solo dei suoi aspetti, strumentalizzando la – giusta – lotta per la salute mentale per impedire che questo disagio si trasformi in conflitto e si generalizzi.
Il tema viene volutamente represso e contenuto su esclusive richieste vertenziali per tagliare le gambe a ogni possibile lotta e slegare la condizione individuale dal contesto esterno.
Difatti, secondo questa impostazione, le cause materiali e sistemiche del problema, talvolta riconosciute ma mai realmente combattute, vengono bellamente offuscate. Attenzione: noi non siamo contro la lotta per la salute mentale, tutt’altro. In quanto studenti delle fasce popolari, delle periferie e delle provincie, subiamo più di tutti gli effetti materiali e psicologici di un sistema fatto di sfruttamento e precarietà.
Non possiamo permetterci psicologi di alcun tipo per la nostra condizione economica né fare affidamento su un servizio pubblico di sostegno psicologico e di consultori che è stato distrutto negli anni dai governi di centrodestra e di centrosinistra che hanno smantellato la sanità pubblica nel nostro paese, svendendola ai privati.
Insomma, conosciamo la condizione critica in cui siamo immersi, e proprio per questo facciamo nostra anche la lotta per la salute mentale, ma dandole un chiaro segno di classe e anticapitalista, e soprattutto inserendola nella più ampia lotta contro questo sistema che può nascere dal diffuso, crescente e articolato Disagio della nostra generazione.
2. “Quando il dito indica il cielo, lo stolto guarda il dito”; allo stesso modo, quando fuori e dentro le scuole gli stessi sindacati studenteschi della CGIL rivendicano il “diritto a stare male” e a “piangere liberamente” (citazioni testuali) con apposite campagne politiche, dimostrano di voler rendere la nostra una generazione di stolti, che piuttosto che lottare contro il male che li opprime, lottano per il diritto di soffrirne “liberamente”.
Che salti di gioia che devono fare coloro che ci opprimono: qual è lo schiavo migliore, se non quello che si piange addosso, piuttosto che odiare ferocemente le sue catene e ribellarvisi? Il Sistema accoglie a braccia aperte queste rivendicazioni che rendono le coscienze dei giovani passive, vulnerabili, eternamente malate e subalterne.
I padroni però non sanno che le nostre menti non si piegheranno ma anzi, diventeranno attive e rivoluzionarie, per una Gioventù Nuova che non stigmatizza la debolezza umana né la interiorizza, ma che è “dura, senza perdere la tenerezza”, come ci insegnano le parole del Che.
Tutto questo ci convince a parlare di Disagio Generazionale e non fermarci sulla sola formula della “salute mentale” ma inserire questo tema in una battaglia più ampia contro questo sistema putrescente che ci condanna. Ora veniamo all’origine del problema.
La contraddizione Aspettative/Realtà, cioè l’origine del disagio
Il disagio esiste, insiste e s’espande, e il sistema ci dice che la colpa è nostra. Noi non ci stiamo: se moriamo quotidianamente non è per colpa nostra, ma per la lancinante, materiale e pesantissima contraddizione fra Aspettative e Realtà che esso stesso ha generato. Per provarlo, guardiamoci indietro.
Sin dall’infanzia, siamo cresciuti in una società in cui a dominare sono l’individualismo e la competizione con l’altro. Un potentissimo apparato culturale e mediatico (fatto di social, libri di scuola, Film, cartoni animati, etc. etc.) ci ha insegnato che il successo individuale è tutto, il nostro unico motivo di vita. In base a questo abbiamo costruito le nostre relazioni sociali, le nostre aspettative, la nostra persona. Lo abbiamo fatto con cura e dedizione, perché ci hanno detto che il merito viene ripagato.
Poi però, come un fulmine, ci ha colpito la crisi economica del 2007/8, violentissima, senza mai attenuarsi negli anni. Tutt’altro. Il Capitalismo, per le sue stesse dinamiche, è passato da una fase espansiva a una regressiva, di crisi economica fortissima.
Così, lo studente che sognava una vita di successo, sa che gli spetterà una vita misera, di lavoretti precari, forse in una piccola stanza in affitto, per continuare magari gli studi universitari che comunque non gli garantiranno un’emancipazione dalla sua condizione.
Tutto d’un tratto l’idea che aveva di sé e del mondo è stata demolita: come non può generarsi il disagio esistenziale di un’intera generazione? E come non può l’ideologia del merito condurci al senso di colpa, di fallimento, alla voglia di autodistruggersi? Per i giovani delle classi popolari la situazione è tanto più grave ed è in particolar modo con loro che dobbiamo parlare, con una visione di classe del problema.
Si aggiungano infine la drammatica crisi ambientale e la guerra, ed ecco frantumate definitivamente le “magnifiche sorti e progressive” che ci avevano garantito. Il Capitalismo ci uccide, stritolandoci fra i sogni che ci aveva promesso e la brutale realtà che ci presenta. Vediamo come si inserisce la Scuola-Gabbia in tutto ciò.
Scuola-Gabbia e disumanizzazione
È sui banchi delle nostre Scuole-Gabbia che si amplifica, perfeziona e completa questa lenta passività quotidiana. Costantemente valutati fra verifiche e interrogazioni, starà a noi decidere se non studiare, magari venire bocciati e diventare le pecore nere della società, oppure se impiegare il nostro tempo per qualcosa che non apprendiamo, che non ci rimane, che in queste forme è per noi essenzialmente inutile.
Privi di strumenti didattici adeguati dopo 2 anni di pandemia e di crisi pedagogica, starà a noi decidere se seguire lezioni nozionistiche, e demoralizzarci perché capiamo poco e ci rimane niente, o se passarle isolandoci magari davanti agli schermi dei nostri telefoni.
E starà sempre a noi decidere “liberamente” quale percorso di Alternanza Scuola-Lavoro frequentare dopo scuola, per imparare a essere precari, per un lavoro che non troveremo mai; sempre se abbiamo la fortuna di non morire svolgendolo.
Insomma, passeremo un’intera giornata a fare qualcosa che sentiamo inutile, privo di finalità, per un prodotto che non ci apparterrà, e lo faremo giorno dopo giorno: a cosa può portare questo, se non alla lenta morte quotidiana? E cos’è questa, se non quella “disumanizzazione” di cui parla Engels nel suo famoso saggio sulla classe operaia inglese?
Pensiamoci; similmente agli operai inglesi che egli descrive, ogni mattina noi studenti ci alziamo e andiamo nelle nostre istituzioni (la fabbrica per loro, la scuola per noi), a svolgere un’attività, estraniati dalle sue finalità ma oppressi dal suo peso massacrante.
E una volta usciti, tutta la nostra libertà negata durante l’attività alienante la riverseremo in quei “comportamenti animali” (così li chiama Engels) ancora permessici, in cui rientrano le diverse dinamiche di violenza – verso gli altri o noi stessi – per gli studenti d’oggi (un’altra grande questione su cui riflettere e indagare da qui in avanti). Ecco che così nelle scuole il Capitalismo finisce per ucciderci.
“Anche qui, l’operaio non ha che un’alternativa: rassegnarsi al suo destino, diventare un “buon operaio”, badare “fedelmente” agli interessi della borghesia – e in questo caso certamente abbruttisce -; oppure far resistenza, lottare per la sua umanità finché può, e per far questo deve lottare contro la borghesia.”. Così disse Engels. Noi la nostra strada l’abbiamo già scelta.
Che fare?
Eccoci giunti alla fine di questa prima embrionale riflessione. Siamo partiti smascherando l’operazione dirottatrice del potere. Abbiamo individuato l’origine del Disagio ed evidenziato il decisivo ruolo disumanizzante della scuola gabbia; soprattutto, abbiamo capito la nostra parola d’ordine, cioè “Strappare la Contraddizione dalle mani del nemico” e trasformarla da inoffensiva in offensiva, da passiva in attiva, da conservativa in trasformatrice.
Adesso, rimane solo una questione: come farlo? Questa è la domanda a cui tutta l’Organizzazione – e chi vorrà seguirci in questo percorso – è chiamata a rispondere. Soluzioni presuntuose già pronte in tasca da chi si estranea dagli studenti non sono accette.
La soluzione richiederà tempo e la troveremo nella pratica, continuando il lavoro già iniziato di inchiesta fra gli studenti e di costruzione delle lotte (come all’Albertelli), sperimentando nuove forme di conflitto, indagando a pieno la questione, insomma mettendo in pratica il “Fare di ogni scuola un campo di battaglia”: solo scontrandoci con la realtà e acquisendo esperienza renderemo più completa la nostra analisi e più forte la nostra azione.
La strada è lunga ma il sentiero è tracciato. LIBERIAMO LA RABBIA, DISTRUGGIAMO IL SISTEMA!
Opposizione Studentesca d’Alternativa, 31 agosto 2022
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