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Draghi chiude il recinto per l’azione del prossimo governo

Il commissario Draghi ha usato la conferenza stampa di commiato per recintare nero su bianco il campo di azione del governo che uscirà dalle elezioni ormai prossime: “Lealtà alla Ue e alla Nato” e nessuno scostamento. Insomma nessuna possibilità di pensare e agire diversamente dall’eterno passato sul piano della politica internazionale.

Relativamente alla collocazione italiana a livello internazionale Draghi ha ribadito le sue indicazioni. Innanzitutto, rispetto agli alleati a livello europeo che, ha ammonito il premier uscente, devono essere scelti in base a quanto questi possono “proteggere e sostenere” gli interessi del nostro Paese. Quindi, secondo Draghi, si interloquisce solo con Germania e Francia.

“Nei rapporti internazionali – ha aggiunto Draghi – occorre essere trasparenti. Ci vuole coerenza, non capovolgimenti e giravolte” perché sono proprio “coerenza e trasparenza” a fare il prestigio internazionale di un Paese. La loro mancanza “lo indebolisce”. Come avvenuto nel caso del sostegno all’Ucraina sulla quale ha ribadito che l’obiettivo rimane la vittoria militare di Kiev e della Nato.

Senza fare nomi Draghi ha affermato: “Non si può votare l’invio delle armi e poi dire ‘non sono d’accordo’. Si voleva forse che Kiev si difendesse a mani nude?”, si è chiesto il presidente prima di ribadire l’importanza delle sanzioni nei confronti di Mosca: “Funzionano”.

Con “Giorgia Meloni ho rapporti normali, così come con gli altri leader”. Leader che, in caso di vittoria elettorale, saranno chiamati ad un duro lavoro: “C’è ancora molto da fare. Abbiamo avviato una serie di cose ma c’è molto lavoro da dare per il prossimo governo”. Non per quel che riguarda il Pnrr, in cui “c’è poco da rivedere”.

In mattinata su La Stampa era uscita una intervista al vicepresidente della Commissione europea, Dombrovskis, il quale sosteneva sostanzialmente la stessa cosa di Draghi: “Le tentazioni italiane di uno scostamento di bilancio per rispondere al caro-energia andrebbero tenute a bada perché è necessario mantenere un prudente equilibrio”.

In merito al rapporto dell’intelligence degli Stati Uniti, il Draghi ha spiegato di aver parlato con il Segretario di Stato Usa Blinken, il quale “ha confermato l’assenza di forze politiche italiane nella lista di quelle soggette a finanziamenti russi: i servizi segreti statunitensi confermano di non disporre di alcuna evidenza di finanziamenti russi a partiti politici e candidati che corrono alle prossime elezioni”.

Quindi non si rileva alcuna interferenza nelle prossime elezioni, ma siccome per Draghi e i draghiani questo è solo un dettaglio, l’ex premier ha dovuto aggiungere che “da almeno 20 anni la Russia ha effettuato “una sistematica opera di corruzione nel settore degli affari, della stampa, della politica, in tanti settori, in molti Paesi europei e negli Stati Uniti”.

Draghi ha così svolto fino all’ultimo la sua missione di commissario politico lasciando intendere che chiunque vinca le elezioni dovrà fare le stesse cose che ha fatto il suo governo e tutti quelli di stretta osservanza euroatlantica.

Tracciato il recinto e avviato il pilota automatico ha ritenuto che non c’è necessità di metterci ancora la faccia, negando ogni ulteriore disponibilità ad essere Primo ministro (e lasciando così Letta, Calenda, Renzi etc. con il cerino in mano). Chiunque salirà allo scranno di Palazzo Chigi ha adesso chiaro quale sarà la gabbia in cui sarà costretto a muoversi. A meno che….

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