Chi ha condotto la sua campagna elettorale snobbando i bisogni popolari e gridando al pericolo fascista – che è reale, ma è stato gonfiato proprio dall’ottusità conservatrice di Letta & co. – al presunto “sovranismo” che avrebbe isolato questo paese nella “comunità internazionale” (ormai ridotta ai soli “euroatlantici”), si ritrovano improvvisamente senza il loro unico argomento.
Il segretario di Stato degli Stati Uniti, ossia il ministro degli esteri Antony Blinken, ha infatti dichiarato che “Siamo ansiosi di lavorare con il governo italiano sui nostri obiettivi condivisi: sostenere un’Ucraina libera e indipendente, rispettare i diritti umani e costruire un futuro economico sostenibile. L’Italia è un alleato fondamentale, una democrazia forte e un partner prezioso“.
Non che sia una sorpresa. Già nei giorni scorsi un più anonimo funzionario dello stesso ministero, in sede Onu, aveva spiegato che, anche se Giorgia Meloni avesse vinto, alla Casa Bianca “pensiamo che questa narrativa da ‘fine del mondo’ sulle elezioni italiane non corrisponde con le nostre aspettative su cosa accadrà“.
Insomma: Meloni sarà pure una fascista (o post), ma gli Usa sono abituati a servirsene in tutte le salse (dalla strategia della tensione ai tentativi di golpe), e dunque “non c’è problema”. Anzi, in previsione di tempi turbolenti anche sul piano sociale (inflazione e razionamento dell’energia non rendono popolare nessun governo) possono risultare più funzionali di qualche “democratico”, per quanto sedicente…
Anche perché in quelle stesse ore veniva ospitato e pluripremiato Mario Draghi come “statista dell’anno”. E i più accorti tra gli osservatori potevano far notare come a Roma, da quando SuperMario era entrato a Palazzo Chigi, non c’era stato bisogno di nominare un nuovo ambasciatore da quello nel frattempo andato via. Gli interessi Usa, insomma, era già in buone mani…
Sarà un caso, ma tra le prime dichiarazioni “da governanti” dei vertici ex missini c’è quella di Guido Crosetto, che rassicurava sulla stesura urgente della legge di stabilità: “la scriveremo insieme a Draghi”.
Se teniamo presente che Fratelli d’Italia era l’unica opposizione ammessa al suo governo dobbiamo ammettere che Meloni & co. recitavano la parte, perché una opposizione in democrazia ci deve pur essere. Ma concordavano senza resistenze su gran parte dei provvedimenti presi dal governo con tutti dentro. E non solo sull’invio di armi agli ucraini…
Questa “benevola attenzione” statunitense con il probabile nuovo governo, e l’importanza data a Draghi da entrambe le sponde dell’Atlantico, lascia immaginare un assetto dei prossimi mesi caratterizzato da una “sorveglianza attenuata” da parte sia di Washington che di Bruxelles.
Oltreoceano vogliono alleati obbedienti sul piano dell’iniziativa bellica, e su questo non possono nutrire dubbi. A Bruxelles, come sempre, si accontentano di tenere sotto controllo il percorso del Pnrr e delle “riforme” lì indicate – e persino la tempistica – per erogare le varie tranche di prestiti.
Sarà un caso, ma le elezioni sono state indette in una data in cui la “rata” era già stata consegnata, mentre per la prossima c’è qualche mese di tempo. Quello necessario a strutturare un esecutivo che continui il lavoro senza mettere in discussione neanche una virgola. Al massimo, li si può accontentare sulle poltrone che dovranno essere sostituite in base allo spoil system. Tanto, chiunque vada ad occuparle ha un cronoprogramma vincolante già scritto e controfirmato.
Meloni sa certamente meglio di noi che dovrà camminare su un’asse liscia da cui è facilissimo cadere, ma non può far altro che camminarci sopra. Ogni sua mossa dovrà essere concordata, dunque è necessario che ci sia un “garante” internazionale credibile.
Blinken ha assicurato che gli Usa saranno “benevoli”. Per l’Unione Europea servirà qualcuno più addentro alle segrete alchimie che si realizzano a Bruxelles. Per quello non si trova più un allibratore che accetti scommesse sul prossimo inquilino al Quirinale.
Tutti danno per scontato che sarà SuperMario, pronto a realizzare nei fatti quel “presidenzialismo” che Giorgia Meloni vagheggia come riforma costituzionale “definitiva”.
Solo che con tutti quei poteri che ci sorvegliano da lontano e vicino, da sopra e da sotto, quel “presidente” sarà in pratica un vicerè di un impero che annaspa nella crisi.
La Storia non è finita. Sta solo correndo molto più veloce.
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