Certo non è un bel risveglio, ma è anche vero che non possiamo dirci sorpresi.
Lo scenario che emerge da queste elezioni non solo era annunciato da tempo nei sondaggi, ma è anche il frutto di processi di lungo corso.
Lo è di sicuro l’astensione: l’affluenza alle urne si ferma al 63,9%, un crollo di quasi dieci punti rispetto a soli 4 anni fa. Ma i punti diventano venti se paragonati alle elezioni del 2006, in cui andò al voto l’84% degli aventi diritto.
È qualcosa che abbiamo visto anche nelle tornate regionali e amministrative degli ultimi anni, è un problema enorme per chi come noi pensa che la partecipazione democratica faccia bene soprattutto alle classi popolari, mentre sembra non essere un problema per le nostre élite che sono anzi contente di spartirsi fra pochi il potere, facendo scomparire i temi e riducendo la competizione elettorale a una prova di forza fra clientele e di show fra i leader.
Fra gli astenuti c’è di tutto, ma di sicuro la maggioranza di loro proviene dalle classi popolari, che si sentono lontane dalle istituzioni, ostili e indifferenti, dalle file di giovani, studenti e lavoratori fuorisede, che non possono affrontare spese per tornare a votare o che sono stati educati alla sfiducia nella politica a tutti i livelli. Impossibile sperare in un rinnovamento del paese se non si passa per il coinvolgimento di questi settori…
Il centrodestra vince, ma pensiamo che siano fuori luogo i toni apocalittici. Sia perché di fronte alla difficoltà non bisogna mai disperarsi, quanto elaborare soluzioni e lottare, sia perché a ben vedere il centrodestra non sfonda nella società e tantomeno fra le classi popolari o fra i giovani. In termini assoluti, prende grossomodo gli stessi voti di 4 anni fa, e addirittura 5-6 milioni in meno rispetto agli anni d’oro di Berlusconi.
Quello che è avvenuto è piuttosto uno spostamento interno, prima da Forza Italia alla Lega (politiche 2018 e soprattutto europee 2019), infine a Fratelli d’Italia, forza già sdoganata da quasi trent’anni ormai.
Questo non vuol dire sminuire la gravità della situazione, i rischi che ci sono di un nuovo autoritarismo in materia di gestione del conflitto sociale o delle carceri, sul piano dei diritti civili e dei diritti delle donne, per i migranti e le seconde generazioni, o ancora la baldanza che possono prendere personaggi legati a livello locale con mafie e gruppi eversivi.
Ma il fatto che Meloni si incarichi di portare avanti l’agenda Draghi, il neoliberismo più feroce, la collocazione filo-atlantica dell’Italia, la guerra ai poveri e fra i poveri, la dice lunga su quali elementi di continuità ci siano fra un suo eventuale governo e tutto lo scenario politico a lei precedente, centrosinistra e 5 Stelle compresi. Quali elementi di continuità ci siano anche con lo scenario europeo, che vede esaurirsi quasi ovunque gli effetti politici dei cicli di protesta del 2008-2011 e vira verso una stabilizzazione di destra e conservatrice del sistema economico.
E tuttavia un eventuale Governo Meloni, tramato da non poche tensioni al suo interno, dovrà affrontare subito alcune grosse contraddizioni, un’inflazione al 10%, un aumento generalizzato del costo della vita, un persistente malessere sociale, un grosso livello di tensione internazionale, la tendenza delle classi dominanti a bruciare rapidamente personaggi: si tratta dunque di una costruzione fragile, che può essere sfidata innanzitutto dalle piazze, dai movimenti sociali, da un’opposizione decisa.
Ed è questo quello che pensiamo debba essere costruito in Italia. Come Potere al Popolo abbiamo provato, con il percorso dell’ Unione Popolare, a erigere da subito una dura opposizione parlamentare alle destre. Il risultato dell’1,5% alla Camera e dell’1,4% al Senato, pur consegnandoci una piccola crescita di circa 30.000 voti rispetto al 2018, ci impedisce di entrare in Parlamento.
Sapevamo dall’inizio che l’impresa era ardua. Un solo mese di campagna elettorale, per di più estiva – la prima volta che si votava a settembre nella storia della Repubblica! –, dopo due anni di pandemia che hanno indebolito comitati, associazioni, reti partecipative, una blindatura mediatica considerevole…
Abbiamo fatto non solo tutto il possibile ma anche l’impossibile: abbiamo federato chi in Italia lotta quotidianamente, abbiamo fatto valere relazioni internazionali costruite nel tempo con Jean-Luc Mélenchon e Pablo Iglesias, abbiamo aggregato giovani prima lontani dalla politica, abbiamo fatto valere il lavoro di questi anni nei movimenti e sui territori con le nostre Case del Popolo.
Certo non ci ha aiutato la caduta anticipata del Governo: avevamo iniziato il percorso unitario nel gennaio 2022 e lo avevamo lanciato pubblicamente a luglio 2022 per le elezioni di aprile 2023: c’era il tempo di farlo conoscere, di dargli forza.
Purtroppo tutto è precipitato e non abbiamo avuto scelta: l’alternativa era accettare che per la prima volta nella storia italiana sparisse alle elezioni un punto di vista autonomo e di classe.
Insomma, nelle condizioni date abbiamo fatto il massimo e non possiamo rimproverarci niente. Chiaramente, questo non vuol dire che non ci sia un po’ di delusione davanti al fatto che viviamo un’epoca in cui si raccoglie molto meno di quanto si semina, in cui si profondono tanti sforzi per risultati scarni. Siamo persone vere, non superuomini, e non c’è niente di male ad ammetterlo.
Ma è anche vero che i tempi cambiano e noi dobbiamo accelerare questo cambiamento e farci trovare pronti quando verrà. Per questo ora dobbiamo fare quello che ci chiedono gli elettori: continuare a costruire l’Unione Popolare. Crediamo che per farlo sia anche necessario dare rappresentanza a una maggioranza della popolazione contraria alla guerra e che della guerra avrebbe pagato le conseguenze economiche.
Questa esigenza, come ci dimostra la spinta speculativa su gas e luce, è forte. Dobbiamo allargare questo fronte, partendo dai conflitti sociali e dai soggetti in lotta, con l’obiettivo di offrire una prospettiva generale, radicare il progetto sui territori, nel discorso pubblico, renderlo credibile.
Dobbiamo organizzarci sempre meglio, perché non siamo nati per fare testimonianza ma per cambiare questo paese, visto che a essere minacciate sono innanzitutto le nostre vite. Il primo banco di prova sarà proprio la costruzione dell’opposizione sociale.
Già nelle prossime settimane ci troverete nelle piazze, nelle Case del Popolo, nei posti di studio e di lavoro ad animare le lotte, a partire dalla manifestazione del Collettivo Di Fabbrica – Lavoratori Gkn Firenze e Fridays For Future Italia del 22 Ottobre e dallo sciopero generale del sindacalismo di base contro la guerra del 2 dicembre.
Ringraziamo le oltre 400.000 persone che hanno votato per noi, persone libere, che lo hanno fatto senza alcun tornaconto, con coraggio, sottraendosi ai ricatti del voto utile e dell’ideologia dominante, e chiediamo loro di continuare con noi.
Aderite, partecipate alle nostre iniziative, aprite una nuova assemblea territoriale: le possibilità di farsi sentire contro il Governo più a destra della storia repubblicana sono tantissime. Non disperdiamo questa ricchezza umana che abbiamo visto avere un potenziale vero in questi due mesi!
Un ringraziamento speciale va alle nostre candidate e ai nostri candidati che hanno dato tutto e ci hanno rappresentato al meglio, a tutte le militanti e i militanti che hanno raccolto le firme ad agosto e che ogni giorno lavorano nell’ombra per costruire un futuro migliore, a tutte e tutti quelli che con il loro esempio continuano a dimostrare che un altro mondo è possibile!
(leggi e condividi il comunicato direttamente dal nostro sito https://poterealpopolo.org/sulla-tornata-di-ieri-su-noi…/)
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salvatore ore
a mio avviso le estenaizoni di Melenchon da Mentana sull Ucraina hanno dssuaso diverse persone a votare per UP
Redazione Contropiano
In base a quali dati dici una cosa del genere?
Licinio
a mio avviso ci sarebbe voluto un fronte più ampio possibile tra le forze comuniste e della sinistra non governative. un fronte capace di ritrovarsi su pochi punti qualificanti, come il no alla guerra e alla vendita di armi e la promozione di una forte agenda sociale,mettendo insieme le cose in comune per rappresentare e dare visibilità a quella grande area di sinistra che ormai non guarda più al PD.
purtroppo invece scoraggiati da 1000 liste e listone,sfiduciati dalla possibilità di avere qualche rappresentanza in parlamento,molti si sono rifugiati nell’estensione e altri nel voto ai 5 stelle che hanno coperto,parzialmente, il vuoto lasciato a sinistra dal pd.
Marco
Ho votato convintamente U.P. e spero che si rafforzi con decisione una opposizione sociale che abbia in U.P. un valido punto di riferimento politico.
Pur non possedendo dati oggettivi sulle conseguenze elettorali delle parole di Melenchon sull’Ucraina, tuttavia anch’io ho traballato basito
pantera
“In questa democrazia chi ha il possesso dei media vince le elezioni”.
Lo disse De Gasperi quasi inorridito di fronte ai giornalisti che lo attendevano al suo ritorno dal suo primo viaggio negli USA ( 1947) dopo la guerra. Lui appresa questa lezione la mise in pratica e impose il Regime del suo partito, erede democratico del PNF, nell’Italia appena “liberata” dai fascisti. Allora i media, che non avevano ancora del tutto soppiantato i preti nella loro funzione di seconda zampa del Potere nella persuasione all’obbedienza e per plasmare la “forma mentis” dei “simplici ingegni” erano ancora allo stadio primitivo. Ora i preti non servono pìù allo scopo, ci sono altri strumenti mediatici più efficaci e sopratutto più convenienti per la classe padronale. Gli spot pubblicitari ad esempio … ma non mi dilungo, la questione è ampia e complessa.
Strano che non lo abbiate ancora capita voi quella lezione, per i quali confesso di aver espresso la mia delega per affetto.
Il PCI pateticamente e molto ingenuamente o per altri motivi inconfessabili, svendendo ai clerofascisti un intera generazione di giovani Italiani, pretese per l’infamissimo compromesso storico in cambio il possesso di una singola rete televisiva nazionale: la rete tre e un notiziario. Scambio politico inutile immediatamente annichilito nei suoi pretesi effetti, dall’avvento di un padroncino padano che sviluppò con soldi, provenienti da chi sanno tutti ma che io non dico per non incorrere in problemi col manganello della “giustizia”, la sua struttura mediatica privata.
Io che appartengo a quella generazione di giovani sconfitta dopo un decennio di guerriglia, massacrata e decimata dalla rivalsa reazionaria, quella lezione appresa da De Gasperi l’abbiamo compresa allora. Ripeto … strano che ancora non l’avete ancora capita voi.
Vi consiglio una breve facile lettura di Luciano Canfora, ” La natura del Potere” Laterza ed. 2010. Poi fate come pensate meglio.
Infine chiudo con una citazione di miei compagni di tanto tempo fa … “Non è con una scheda che si decide la questione del Potere, non è con una scheda che si conquista la Libertà .”
Cravatto
Esatta analisi.
Walter
Le affermazioni di Melenchon su guerra e Ucraina hanno fatto tremare i polsi a molti e pure io che ho votato UP mi son tappato il naso, confidando in Collot e Cremaschi che -però non bastano-.
Ha ragione M.Gangarossa (hai noi… perchè è uno e non “trino” 🙂 ) così come ha quasi asempre ragione Marco Verruggio. In questa fase storica di lunga durata (esistono queste fasi purtroppo), siamo in recessione culturale gravissima ed in disgregazione sociale epocale, ovvero fine dell’operaio-massa ecc. Il PD resta l’avversario principale e deve essere debellato.
O le piazze si riaccendono anche tragicamente o siamo finiti per un bel po’ di decenni.
Ruggero
Redazione Contropiano
27 Settembre 2022 8:22
In base a quali dati dici una cosa del genere?
HA RAGIONE: MOLTI ABBIAMO TENTENNATO A SENTIR CERTE CAVOLATE CIRCA L’UCRAINA. IO ANCHE, PER POCO, NON ANDAVO A VOTARE IN RAGIONE DI CIO’. SMETTIAMOLA DI CERCARE ”COMPARI” FUORI CONFINE. LA QUESTIONE E ITALIANA, TUTTA NOSTRA DOPO IL SUICIDIO DI UN IMBELLE P.C.I., POI P.R.C. ED IL VUOTO CULTURALE, LA MUTAZIONE PRODUTTIVA. RESTA L’EMIGRAZIONE ANCHE SOLO PER NON SENTIR PIU’ PARLARE ITALIOTA.
Angelo De Marco
Comunque uno dei peggiori commmenti sulle elezioni é quello della Rangeri sul Manifesto che mostra un bieco livore su Up e dice che sono voti completamenti sprecati e tolti ad una eventuale ammucchiata di “sinistra”. Io se non ci fosse stata Up mi sarei astenuto e cosi la stragrande maggioranza dei miei amici che hanno votato Up.
La Rangeri non ha ancora capito o fa finta che tra l’altro non si sommano mai automaticamente i voti di una lista con un altra cosi come sommare quelli del M5s con quelli del Pd; moltissimi di quelli che hanno votato i grillini non lo avrebbero fatto de fossero stati alleati con gli iper draghiani del pd.
enzo+guida
risposta a pantera che non morde e non conosce la storia . Il pci fece una scelta giuusta . Il mondo fu diviso ad Yalta , vi era anche Stalin , il partito comunista greco non accetto Yalta e fece una brutta fine,ricordi, leggi e medita.. enzo Guida
Pasquale
Secondo Lenin, e in seguito anche Gramsci, un partito nasce intorno a un comitato direttivo.Un gruppo dirigente, che ovviamente non sia un gruppo di interessi o un semplice gruppo di potere, si crea intorno a una concezione del mondo condivisa. La base è il movimento UP, la visione del mondo è quella anticapitalista, dei diritti universali, della solidarietà e dell’uguaglianza. E allora al lavoro! Si rinvigorisca la passione ideale, si ripristini la lotta di classe e si formino i futuri Comunisti. E’ follia? Utopia? Idealismo? Può darsi ma è l’unica via.
pantera
@ enzo e guida
Non mordo più da un pezzetto perchè ormai son vecchietto, in compenso ho imparato l’arte dell’Indifferenza.
Ma quella storia la conosco per averla vissuta. Non ho bisogno di studiarla.
I conti aperti con quelli li ho lasciati saldare al Tempo. Tempo che a me ormai manca ma fa sempre Giustizia.
Quel partito ha fatto la stessa fine di quello greco. Ma non è questa una mia soddisfazione.
Soddisfazioni ne ho avute in quei tempi, quando ho visto salir sul patibolo diversi padroni e diversi lor servi al posto dei soliti pezzenti.
Dirai che è poco, ma io quel poco me lo faccio bastare.
C’è chi in una vita intera non ha neanche quel poco.
Stefano
E va bene. Pure stavolta abbiamo buttato i nostri voti ma……..siamo stati coerenti. Qualcuno scrive che non si possono sommare meccanicamente i voti di più liste che si uniscono: ma siamo sicuri? Stavolta il 3% c’era e, mi domando, ma quale compagno e/o elettore non avrebbe capito che l’unione tra più forze antagoniste sarebbe servito proprio a mandare qualche tribuno in parlamento? Ho votato drammaticamente UP e non sono affatto soddisfatto!
Licinio
cadono le braccia a leggere certi commenti..
quello vuole espatriare, l’ altro bacchetta il reprobo ‘reazionario’ Togliatti.
Giova ricordare che Yalta era una cosa serissima non una disputa virtuale e un po’ romantica tra ormai simil carbonari..si veniva giù a suon di carri armati e sarebbe noioso fare l’ esempio greco o altri ancora.
io credo anzitutto che ci voglia rispetto per i militanti di Up che si sono fatti il mazzo a sbattersi per le elezioni.
credo poi che non sia certo la prima volta che la destra governa,anzi..e i loro voti sono più o meno gli stessi,passando da FI alla lega e infine a fdi.
Il dato forte è l’ astensionismo, la crisi del pd e il 5 stelle che si pone in sostituzione del PD di fatto svolgendo il ruolo di partito portatore di istanze sociali.
che fare allora?
espatriare? darsi alla semiclandestinita’ come Garc? rincorrere la purezza dottrinale come lotta comunista?
io vedo un grande potenziale, perché il pd è in crisi irreversibile,il 5 stelle tornerà preda delle Sue contraddizioni e la destra sarà destinata a fare la fine elettorale di Renzi e salvini..
basta non buttare via tutto e avere la pazienza di costruire
Bernardino Marconi
Ho votato convintamente PCI non perché non sono d’accordo con le coalizioni ma con coalizioni riconoscibili UP non era riconoscibile per gli aderenti e per di più era personalizzata quindi per me non condivisibile.
Bernardino Mustone
Unirsi a scopi elettorali ed essere delusi dal risultato è un qualcosa già visto molte volte. Non condanno questa tattica, condanno la mancanza di una strategia di lungo periodo di unione della classe lavoratrice.
Io credo che in questi 5 anni che ci separano dal prossimo appuntamento elettorale, possa essere di rottura la questione del salario minimo legale e degli argomenti che intorno a questa proposta possono ruotare, soprattutto nella fase attuale di inflazione che non è destinata a terminare dati i rapporti geopolitici in atto.
Perchè non organizzarsi per una legge di iniziativa popolare sul salario minimo legale a 10€ l’ora, coinvolgendo magari anche intellettuali come Marta Fana, Emiliano Brancaccio ed altri? Abbiamo 5 anni.
Sarebbe una campagna politica che metterebbe a nudo molte ipocrisie dato che sia il PD, la “sinistra italiana” ed il M5S avevano il salario minimo nel loro programma elettorale. Inoltre, se arrivasse in Parlamento, metterebbe a nudo anche l’interesse classista della destra che oggi come oggi fa egemonia culturale senza troppi problemi e ostacoli.
Sarebbe inoltre occasione per parlare a molti di tutti i temi che intorno a questa proposta ruotano o sono connessi: disoccupazione, immigrazione (se l’immigrato ci “ruba il lavoro” come sostiene la destra perchè accetta salari più bassi allora un salario minimo legale tutela tutti, ovviamente la destra ed i sovranisti pensano all’ “esercito industriale di riserva” solo guardando ai non italiani mentre la disoccupazione è conseguenza del modo di produzione capitalistico ed è strutturale), uguaglianza di genere, povertà relativa, forme di pianificazione per maggiore occupazione ecc…
giancarlo+staffolani
E’ necessrio rilevare che, nel merito, i buoni risultati anche superiori al 3% in in citta come Bologna, Pisa, Livorno, hanno un grande significato politico e frutto del radicamento sociale nel territorio dell’organizzazione di Quadri e Militanti con una linea chiara (Guerra, Nato, Ue, lavoro, salari, ecc), fuori dalla da ogni esposizione mediatica e televisiva tv e media, mentre invece il 3% ottenuto a Napoli da De Magistris, molto sovraesposto dopo un decennio amministrazione comunale, sono invece un chiaro segno di sconfitta per un modello politico personalizzato e programmatico, generico e ambiguo.