Alfredo Cospito, il militante anarchico che è in carcere da oltre 10 anni e che da qualche mese è stato messo al regime del 41bis – anche se le sue azioni non hanno provocato vittime – continua il suo sciopero della fame da 97 giorni.
Con una lettera, qualche giorno fa, aveva già dichiarato di rifiutare qualsiasi tipo di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) per far fronte alle condizioni di salute critiche in cui versa, dopo più di tre mesi dall’inizio della sua protesta contro questo regime detentivo che, da più parti, è stato indicato come una tortura per privazione sensoriale.
Però, come tutte le persone di questo mondo, seppur detenute, ha diritto a cure mediche e alla tutela dei diritti fondamentali. Per questo giovedì 26 gennaio la dott.ssa Milia entrerà in carcere per una visita e accertarsi delle condizioni di Cospito.
Accanto all’autorizzazione agli accertamenti medici, però, il DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) ha ritenuto di dover diffidare la dottoressa dal rilasciare qualsiasi dichiarazione a Radio Onda d’Urto, “al fine di non vanificare le finalità del regime di cui all’art.41bis“.
In teoria, nella “narrazione” repressiva, la finalità del 41bis sarebbe quella di evitare qualsiasi contatto del detenuto con la sua organizzazione all’esterno. Ma qui stiamo parlando di un medico, il cui compito è quello di assicurare il miglior trattamento possibile ai suoi pazienti. E, nel caso di detenuti, dar conto della gravità o meno delle loro condizioni di salute, che altrimenti resterebbero sconosciute.
Non è però la prima volta che “le autorità” (la classe politica e i vertici delle amministrazioni addette alla repressione) hanno provato a costringere i medici ad agire secondo la logica della “forza pubblica” (come nel caso dell’obbligo di denunciare i “clandestini”).
Non soddisfatto, il Dap di Sassari ha però deciso di limitare anche un altro diritto fondamentale: quello della libertà di informazione. Nella diffida, infatti, si premura di precisare qualcosa di incredibile: non si possono lasciare dichiarazioni a Radio Onda d’Urto. Di fatto indicando in quella radio una sorta di “canale comunicativo” con la presunta “area sovversiva” esterna.
Resta comunque inspiegato – forse perché impossibile – perché un’informazione sulle condizioni di salute di Cospito possa essere “normale” se detta a un qualsiasi media nazionale o locale, ma “pericolosa” se data a Radio Onda d’Urto…
Una tale affermazione ha i caratteri di una profilazione politica piuttosto precisa, in assenza peraltro di qualsiasi iniziativa giudiziaria.
Il problema è in sostanza che non si debba parlare con chi non sia d’accordo con un provvedimento che assume i caratteri di una vera e propria vendetta di stato.
In pratica il DAP è stato in grado, con poche righe, di mettere insieme la snaturazione del mestiere di medico, una censura all’informazione libera e un attacco dalle connotazioni politiche ben precise, di fatto invitando al silenzio sul tema. Che è poi la “linea” del governo…
La vicenda di Cospito sta diventando quindi qualcosa di più della sua lotta. Diventa sempre più una lotta generale sulla funzione del carcere oggi e sullo stato dei diritti civili e fondamentali nel nostro paese.
Anche per questo le mobilitazioni di questi giorni si stanno moltiplicando e stanno prendendo sempre più forza, anche per l’urgenza di salvare la vita del prigioniero prima che sia troppo tardi.
Il 23 gennaio c’è stato un presidio di fronte al ministero della Giustizia, in solidarietà con Cospito e contro il 41bis, che ha ripreso la tipica “battitura” che i detenuti fanno per protesta sulle grate delle celle, con stoviglie e suppellettili.
Il 25 ci sarà invece un’altra manifestazione lanciata da gruppi anarchici davanti alla Corte di Cassazione, in occasione del riesame sulle nuove norme del carcere ostativo. Si stanno moltiplicando le iniziative di solidarietà anche all’estero, mentre anche Francesco Pagliarulo, presidente dell’ANPI, ha aderito all’appello di vari giuristi e intellettuali per togliere Cospito dal 41bis.
È evidente che non può e non deve bastare una diffida del DAP per evitare che si parli della questione e si ponga al confronto pubblico le condizioni delle carceri e dei detenuti del paese, sempre peggiori.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa