Il governo turco ha aperto un’inchiesta disciplinare nei confronti dei medici – che sarebbero alcune centinaia – che hanno assistito i manifestanti feriti durante gli scontri scatenati dalla polizia nelle ultime due settimane di protesta contro il governo islam-liberista di Recep Tayyip Erdogan. Lo ha denunciato l’Associazione dei medici turchi Ttb, attiva dall’inizio della protesta nel prestare assistenza ai feriti e nel fornire dati sulle vittime della repressione. “L’ispettore capo del ministero della Sanità Izzet Tasçi ha inviato ieri un messaggio all’Ordine dei medici di Istanbul, affermando di aver aperto un’inchiesta sulle infermerie improvvisate che hanno curato i resistenti” a Istanbul, ha detto Osman Öztürk, rappresentante della Ttb, nel corso di una conferenza stampa. “L’ispettore capo ci chiede di consegnargli con urgenza la lista dei nomi di coloro che hanno lavorato in queste infermerie oltre che dei pazienti che vi sono stati curati” ha denunciato il medico. Centinaia di medici, infermieri, farmacisti, studenti di medicina hanno prestato soccorsi alle migliaia di feriti dai manganelli, dai proiettili di gomma o da proiettili convenzionali, oppure intossicati dai lacrimogeni, dall’inizio delle manifestazioni di protesta. “Onore ai nostri colleghi che lavorano giorno a notte senza timore delle granate lacrimogene e degli idranti per assistere i resistenti” ha detto Öztürk, affermando che la Ttb “non darà alcun nome di paziente o collega al ministero”. Rispondendo alle domande dell’Afp il ministero non ha voluto confermare l’apertura dell’inchiesta.
Intanto alcuni rappresentanti dell’Oua, l’organismo unitario dell’avvocatura, insieme ai rappresentanti degli Ordini di Napoli e Roma, hanno manifestato di fronte l’ambasciata della Turchia nella capitale e chiesto un incontro al personale diplomatico per esprimere la propria ferma condanna per gli arresti di molte decine di avvocati nell’esercizio della loro professione e del diritto di difesa nella tutela dei manifestanti di piazza Taksim a Istanbul. “L’ambasciata – afferma l’Oua – si è però rifiutata di riunirsi con i rappresentanti dell’avvocatura, che hanno, quindi, criticato la mancanza di volontà di dialogo, e stigmatizzato come questo atteggiamento sia in linea, purtroppo con il duro attacco al concetto stesso di democrazia avvenuto nei giorni scorsi in Turchia con il fermo di avvocati nell’esercizio della loro professione”. Per l’avvocatura italiana “queste pratiche repressive mettono in discussione la separazione dei poteri e il concetto di indipendenza della giustizia dal potere politico. Sotto attacco, proprio per la loro autonomia finiscono gli avvocati, portatori di principi liberali e custodi del principio di difesa. Questo é un pessimo segnale per un paese ormai considerato europeo: la Turchia non può proseguire su questa strada, quello della violazione dei diritti umani e civili. La delegazione ha concluso il presidio ribadendo la richiesta di una condanna unanime da parte dell’Unione Europea e auspicando -conclude la nota- l’intervento urgente dell’Italia per scongiurare altri episodi analoghi”.
Ma non pare proprio che il governo turco voglia cambiare registro. Nelle ultime ore stanno trapelando notizie su un provvedimento che limiterebbe fortemente il libero utilizzo dei social network, in particolare di Twitter, dopo che nei giorni scorsi una cinquantina di oppositori, giovani e giovanissimi, sono stati arrestati o denunciati per ‘sedizione contro lo Stato’ dopo aver postato frasi contro il governo e contro la repressione.
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