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Sui migranti il governo ricorre allo stato d’emergenza

Su proposta del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci, il governo ha dichiarato  lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale a seguito dell’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti attraverso le rotte del Mediterraneo. Lo stato di emergenza, sostenuto da un primo finanziamento di cinque milioni di euro, avrà la durata di sei mesi. La decisione è stata presa in occasione del Consiglio dei Ministri che si è svolto ieri.

Lo stato d’emergenza consente all’esecutivo di affrontare con mezzi e poteri straordinari le calamità, le crisi umanitarie gli eventi naturali come terremoti o alluvioni. In questo caso si tratta di un atto amministrativo regolato dal codice di Protezione civile, deliberato dal Consiglio dei ministri di fronte all’eccezionale incremento dei flussi di migranti attraverso le rotte del Mediterraneo.

Al momento in Italia sono in vigore circa una ventina di provvedimenti questo tipo, dall’emergenza dei profughi dell’Ucraina a diversi casi di alluvione, provvedimenti spesso decisi anche dopo la richiesta del presidente di una Regione o di una Provincia autonoma interessata.

L’unico precedente in materia di migranti risale al 2011 con il governo Berlusconi, con misure straordinarie che prevedevano un piano di equa distribuzione nelle regioni dei profughi provenienti dalla Libia bombardata dalla Nato e in preda alla guerra civile. Un lettore ci ricorda però che anche tra il 2002 e il 2008 lo stato di emergenza sull’immigrazione è stato più volte dichiarato e reiterato dai governi Berlusconi e Prodi, sia con efficacia nazionale sia con efficacia sulle sole regioni Puglia, Calabria e Sicilia.

Con la dichiarazione dello stato d’emergenza può essere nominato un commissario cui spetta il compito di realizzare gli interventi previsti dalla dichiarazione: il superamento dell’emergenza, la riduzione del rischio residuo, il ripristino dei servizi essenziali e l’assistenza alla popolazione. In questo caso si delinea quindi un nuovo assetto temporaneo di poteri, con deliberazioni non soggette al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti. Tra i possibili candidati, si fa il nome dell’attuale capo del dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del Viminale, il prefetto Valerio Valenti.

L’Osservatorio Repressione sottolinea come “lo stato emergenziale può essere usato per mettere in atto espulsioni facili, magari senza considerare bene lo status legale o la situazione umana di chi è arrivato in Italia fuggendo da situazioni di guerra, fame, persecuzione, grave degrado umano o civile”. Inoltre verranno aumentati e rafforzati i centri di permanenza per i rimpatri (CPR), cioè i centri di detenzione per le persone che non hanno un permesso di soggiorno valido per rimanere in Italia. I CPR sono criticati da anni dalle associazioni che si occupano di diritti umani per le condizioni disumane e degradanti in cui vengono ospitati i detenuti: già a marzo il governo aveva fatto sapere di volerne costruire uno in ogni regione (oggi sono una decina).

Anche l’organizzazione cattolica Migrantes avanza le sue riserve sul fatto che lo stato emergenziale potrà essere usato per velocizzare i respingimenti e “potrebbe essere usato per mettere in atto espulsioni facili, magari senza considerare bene lo status legale o la situazione umana di chi è arrivato in Italia fuggendo da situazioni di guerra, fame, persecuzione, grave degrado umano o civile”.

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