Dieci ore e più di lavoro, in piedi, per le hostess che hanno lavorato dal 18 al 23 aprile alla 61esima edizione del Salone del Mobile di Milano e del Design week. L’evento ha visto la partecipazione di oltre 300mila persone (il 15% in più rispetto all’anno scorso), provenienti da 181 paesi.
Oltre 2000 i marchi che hanno esposto, per compratori che sono venuti da tutto il mondo, il 65% da Cina, Germania e Francia. Il costo del biglietto d’ingresso era di 50 euro, per cui moltiplicando si arriva a una stima di 15 milioni di euro.
Sul fronte del lavoro il Salone è uno di quegli eventi da rubricare alla voce “sfruttamento”, in particolare e anche più per il lavoro femminile.
Dieci ore di lavoro, calzando scarpe con il tacco alto, come impone la divisa, con soli trenta minuti di pausa. Dieci ore di lavoro in cui le hostess registrano migliaia di clienti, parlano con loro in più lingue, li accompagnano negli spazi espositivi tra divani di lusso e oggetti per la casa.
Una bolgia infernale: sei giorni di lavoro in condizioni massacranti, per una paga di 450 euro o poco più.
Le hostess, spiega una di loro, sono ingaggiate da un’azienda che vende il lavoro di giovani donne – per lo più studentesse, alcune provenienti da altri paesi, con una buona conoscenza delle linguistiche straniere -, a 120 euro circa al giorno (il prezzo può aumentare in base alle lingue straniere conosciute), ma a loro in busta paga arrivano poco più di 60 euro, il resto è trattenuto dall’agenzia d’intermediazione.
Una di queste agenzie, ad esempio Hostess.it, con 40mila hostess, 4mila steward e 5mila aziende registrate sul sito, con un fatturato di 1.349.300 euro nel 2021, in calo rispetto a quello del 2019 di ben 1.820.943.
Ci sono poi le grandi aziende del design e del mobile che espongono al salone ogni anno, anche queste con fatturati di decine di milioni di euro. Un grande giro d’affari che mobilita competenze lavorative diverse dalla produzione alla vendita.
Il Salone del Mobile viene presentato, ogni anno, con un certo orgoglio, eppure come in tutti gli eventi di questa portata, se si guarda alle condizioni di lavoro di hostess, steward, e varie altre figure, più che di orgoglio si dovrebbe parlare di vergogna visti i livelli di sfruttamento.
Quest’anno, racconta una delle donne che ha lavorato come hostess, le condizioni sono peggiorate, i visitatori sono aumentati ed il personale è stato ridotto, quindi ci sono stati momenti in cui non si riusciva più a gestire il flusso di migliaia di visitatori giornalieri.
A differenza degli anni passati anche il buono pasto è saltato e le spese di viaggio non sono rimborsate, quindi chi lavora lì deve detrarre dal magro salario, circa 50 euro di spese per i viaggi in treno.
Quelli del Salone del mobile, del Fashion week e di altri eventi, sono alcuni dei lavori precari, invisibili nella maggior parte dei casi, che si trovano durante l’anno, vivendo a Milano o in provincia. Migliaia di giovani, donne e uomini, finiscono in questo macinino: pochi diritti, molto sfruttamento made in Italy, senza che si levi un singulto da parte dei sindacati confederali.
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Binazzi Sergio
agenzie di sfruttamento, degli autentici magnacci