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Francia e Italia. La “sindrome degli Interni”

Vorrei vedere se Piantedosi avesse detto delle cose simili sulla Francia e sul suo governo, cosa sarebbe successo. Lo possiamo immaginare facilmente ci sarebbero state delle conseguenze gravissime”. Così ha affermato oggi il ministro degli Esteri italiano Tajani in una intervista al Corriere della Sera.

Tajani ha annullato la visita in Francia prevista per oggi come ritorsione per le parole del ministro degli Interni francese Darmanin contro il governo italiano accusato di incompetenza nella gestione dell’emergenza immigrati. La Francia la settimana scorsa ha schierato altri 150 militari al confine con l’Italia per gestire i respingimenti di migranti che vorrebbero andare in territorio francese.

Ma torniamo all’intervista di Tajani che, inconsapevolmente, sottolinea la contraddizione venuta in evidenza, la quale non attiene alla gestione dell’emergenza migranti quanto alla funzione dei ministri degli Interni nei paesi reazionari, magari “formalmente democratici”, ma reazionari nella natura.

Dunque, se al posto del ministro degli Interni francese Darmanin ci fosse stato Piantedosi cosa sarebbe successo? Esattamente la stessa cosa. Il problema infatti è che i ministri degli Interni nei paesi reazionari sono fatti così.

Recitano la parte degli “uomini d’ordine” e indirizzano il discorso pubblico verso un clima da caserma. Sono inclini – e abituati – a parlare il linguaggio dell’ordine pubblico e a scaricare su capri espiatori i fallimenti della propria funzione.

Una capacità “narrativa” che è spesso di successo, che appare addirittura “geniale” visto che propone ricette semplicissime per problemi complicatissimi. Solo che quella “genialità” riesce a sembrare tale fin quando quel ministro – o quel governo – parla da solo, senza un contraddittorio altrettanto “autoritario”.

Lo stesso Piantedosi, per esempio,in questi mesi non si è risparmiato dichiarazioni improvvide allontanando da sé responsabilità e additando altri come causa delle difficoltà (spesso obiettive, ma appunto per questo viene pagato un ministro e tutte le forze di polizia) e delle emergenze da gestire.

Le uniche soluzioni che è riuscito a partorire sono stati decreti “punitivi” che hanno complicato enormemente i salvataggi in mare da parte delle Ong, rendono clandestini anche gli immigrati con permesso di soggiorno con protezione speciale, mentre la narrazione pubblica viene concentrata contro “gli scafisti” solo perché sono gli unici “a portata di mano”.

Il suo collega francese Darmanin, è della stessa pasta. Per settimane ha scagliato la polizia contro le manifestazioni sindacali legittimando brutalità che hanno sdegnato il mondo. Adesso di fronte ad una prevedibile pressione migratoria sulle frontiere con l’Italia lancia sguaiatamente la palla nel campo del vicino innescando una crisi diplomatica.

Che poi Italia e Francia dovrebbero avere tra loro relazioni d’acciaio. E’ passato poco più di un anno dalla firma del Trattato del Quirinale, un trattato bilaterale complessivo che dovrebbe proiettare le relazioni tra due Stati al livello più alto. Ma a quanto pare le classi dirigenti attuali non hanno neanche contezza di quello che firmano e delle conseguenze che ne derivano.

I ministri degli Interni reazionari, in Francia come in Italia, sono fatti così. Sembrano geniali solo fino a quando le loro ricette – uguali dappertutto – non vengono usate per colpirsi a vicenda.

E’ lì che diventano dei comici. Pericolosi, però…

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1 Commento


  • Eros Barone

    La ragione dell’attuale crisi migratoria è semplice: l’Europa è un continente ricco, che sta vivendo un lungo “inverno demografico” (questa è la definizione usata dagli studiosi del problema) e la cui popolazione è sempre più anziana e stagnante. Al contrario, l’Africa, il Vicino Oriente e l’Asia del Sud sono aree più giovani e povere, la cui popolazione cresce velocemente. E però le cifre e le percentuali sono più eloquenti degli infiammati discorsi sulla “sostituzione etnica” o sulla incapacità di questo a quel governo nel gestire l’emergenza immigrati: discorsi che rivelano, al di là così come al di qua delle Alpi, la natura organicamente reazionaria dei governi, dei relativi ministri degli Interni e dei rispettivi paesi. Sennonché al culmine dell’ascesa del primo imperialismo, nel 1900, i paesi europei rappresentavano il 25% della popolazione mondiale; oggi, gli europei sono circa 500 milioni e rappresentano attorno al 7% degli abitanti del pianeta. In Africa, al contrario, ci sono ora più di un miliardo di persone e, secondo l’ONU, diventeranno 2,5 miliardi nel 2050. Tanto per fare alcuni esempi, la popolazione dell’Egitto è raddoppiata dal 1975, raggiungendo gli oltre 80 milioni di oggi; la Nigeria, dal canto suo, aveva 50 milioni di abitanti nel 1960, che ora sono cresciuti a 180 milioni e nel 2050 saranno oltre 400. Anche se l’insegnamento della geografia è stato oggetto nel nostro sistema scolastico di riforme sostanzialmente soppressive, basta munirsi di un mappamondo e dare un’occhiata all’Europa. C’è il caso che si scopra che essa, a differenza dell’Australia e del Giappone, nazioni insulari, è una modesta penisola del continente euroasiatico, che solo un breve recinto di acqua marina separa dall’Africa e dall’Asia… La politica dei blocchi navali e del “cordone sanitario”, un misto di arroganza, di inanità e di respingimento, può pagare nell’immediato, soprattutto in termini di consenso presso i ceti vecchi, patrimonializzati, impauriti e incattiviti che di tale politica sono i committenti elettorali, ma, se si tiene conto della lezione della storia e dei dati reali, relativi non solo al contesto mondiale ma anche a quello europeo e italiano, è una lotta vana contro il carattere irreversibile dei processi e contro l’ordine di grandezza delle cifre. Noi europei possiamo respingere gli immigrati, alzare tutte le barriere artificiali che vogliamo seguendo l’esempio degli Stati Uniti verso l’immigrazione proveniente dal Messico, ma non possiamo sfuggire alle leggi dello sviluppo capitalistico e della composizione demografica: non possiamo evitare che decine di migliaia di africani vengano, ogni anno, a turbare i nostri sonni.

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