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L’Italia è fuori dall’agenda della piattaforma europea RSC su rom, sinti e camminanti

Roma, 10 marzo 2023, all’interno della metropolitana l’alto parlante che annuncia l’indicazione delle fermate richiama l’attenzione dei passeggeri: “Attenzione agli zingari, attenti agli zingari!

In un seminario sugli stereotipi e i pregiudizi etnici, con i quali si etichettano gruppi altri, nel rapporto we-group out-group, ho chiesto agli studenti di esprimere valutazioni sulla loro percezione relativamente agli zingari. Risultato, le valutazioni negative hanno raccolto il 95% delle risposte, così come segue: ladri (al primo posto), pigri, sfruttatori di bambini, parassiti, sensuali, tristi, sporchi, superstiziosi, infidi. Il 5% condivide parte dei giudizi comuni (ladri, pigri, sensuali), ma considera gli “zingari” liberi, coraggiosi, perseguitati.

Ho spostato la domanda, chiedendo loro, quanti conoscessero i rom, e se avessero frequentato i cosiddetti “campi nomadi”. Molti sono rimasti disorientati perché non associavano il termine rom a quello di zingaro. Per quanto riguarda i campi rom, nessuno degli studenti li aveva frequentati.

A questo punto, qualcuno di loro si è alzato e ha detto: “Chi non ha mai controllato il proprio portafoglio dopo un incontro con uno zingaro? Chi non si è chiuso dentro la macchina al semaforo, se si trova vicino a un “campo”, per paura degli zingari?

Gli altri studenti ascoltavano e annuivano ridendo. Quando ho posto la domanda: “Ma se non conoscete i rom, né sapete come vivono, perché esprimete giudizi così negativi?” Risposte collettive: “Con gli zingari si sa stare alla larga. Un pensiero e un comportamento condiviso da tutti”.

Stereotipi e pregiudizi etnici. A questo punto dobbiamo cercare di capire la consistenza e la validità sul piano scientifico di stereotipi e pregiudizi.

I pregiudizi, alla base degli stereotipi, sono giudizi non elaborati per esprimere una forma di conoscenza disinteressata, suffragata dal procedimento logico proprio del pensiero scientifico, ma piuttosto, sono giudizi attraverso i quali prende forma e si esprime una convenzione del gruppo di appartenenza, nel senso che i suoi contenuti convengono all’interesse del we-group e determinano una forma di conoscenza condivisa e convissuta dai membri del gruppo che li esprime, espressa dal senso comune.

Per quanto riguarda il nostro discorso, la veridicità dei pregiudizi etnici è una veridicità convenzionale (per questo non meno persuasiva e potente) espressa dal we-group, inteso come una unità, come soggetto avente una sua realtà, una sua logica specifica, con la quale elabora strategie di inclusione ed esclusione in rapporto al tipo di relazione che vuole instaurare con l’Altro (out-group).

Rom e Sinti, esclusione di una minoranza. Dove sta la ragione del rifiuto, della esclusione nel rapporto we-group-out-group rispetto ai rom? Nel caso dei rom e dei sinti interviene, in modo significativo il non riconoscimento degli stessi come minoranza linguistica, tutelata dallo Stato.

Ma chi sono gli zingari? Sono gruppi etnici: rom, sinti, camminanti, presenti in Europa dal tardo Medioevo e in Italia da circa mille anni. Parlano il Romanè una lingua diffusa in tutto il mondo, dove vivono questi gruppi. L’Italia ha riconosciuto e tutelato le minoranze linguistiche, secondo il Dettato Costituzionale, ma non i Rom, Sinti e Camminanti, rimasti zingari, abbandonati e rifiutati.

Se n’è accorta anche l’UE, la quale, attraverso la Commissione europea, ha emanato provvedimenti finanziari per favorire l’inserimento di Rom, Sinti e Camminanti in Italia. Il primo provvedimento UE della durata di 10 anni, terminato nel 2020, non ha avuto esiti risolutivi. Gli zingari dei cosiddetti campi nomadi, sono rimasti nei campi nelle condizioni che hanno acuito stereotipi e pregiudizi, nei loro confronti

UE, Piattaforma RSC: Uguaglianza, partecipazione, Inclusione, fuori agenda. Qualche osservazione critica si deve fare al contenuto e al linguaggio della Piattaforma pro-rom del Consiglio Europeo 2021-2030, a sostegno delle popolazioni RSC, a cominciare dalla riduzione dei rom, sinti e camminanti all’acronimo RSC.

A questo proposito si consideri l’annullamento nella piattaforma delle diverse identità etniche ricomprese in un unico comun denominatore nel termine roma, in cui sono inclusi rom, sinti e camminanti, i quali vengono considerati popolazioni RSC senza nominare il termine “popolo” con gravi ripercussioni sulle cosiddette popolazioni RSC.

In tal senso, in uno dei convegni che l’associazione di Torino Rom e sinti insieme, organizza ogni anno nei campi rom, invitando anche rappresentanti del Governo, un rom si è alzato e ha chiesto al rappresentante del Governo: “Lo Stato Italiano che fa per il popolo Rom?” Dopo qualche attimo di imbarazzo, la risposta: “Per lo Stato Italiano il popolo rom non esiste”.

Per quanto riguarda la Piattaforma UE, l’utilizzazione dei fondi stanziati, vengono devoluti alle Regioni attraverso l’UNAR (Ufficio Nazionale Anti discriminazioni Razziali) istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’UNAR elabora la strategia di intervento che trasmette alle Regioni. Le Regioni incaricano i Comuni di definire le modalità di intervento. I Comuni interessati hanno istituito tavoli di discussione e progettazione tra le associazioni pro-rom.

I risultati del primo decennio hanno mostrato che i fondi stanziati per la realizzazione della piattaforma si sono “dispersi”, senza raggiungere l’obiettivo della strategia di inclusione.

Nel progetto UE del secondo decennio sette sono i settori individuati, per affrontare l’emergenza rom entro il 2030: UGUAGLIANZA, INCLUSIONE, PARTECIPAZIONE, ISTRUZIONE, OCCUPAZIONE, SANITA’, PROBLEMATICHE ABITATIVE. Nel procedimento dell’assegnazione dei fondi, i comuni, come ad esempio il Comune di Roma Capitale, hanno istituito tavoli per i quattro settori: istruzione, occupazione (lavoro), sanità, problematiche abitative.

Dai tavoli sono stati lasciati fuori i primi tre settori: uguaglianza, inclusione, partecipazione; settori fondamentali per il riconoscimento dei diritti del popolo rom, senza i quali il “popolo” rom non ha voce, identità, partecipazione. E’ stato istituito il tavolo antiziganismo, che riguarda il Noi, il we-group, ma è altra cosa dall’affrontare Uguaglianza, Inclusione, Partecipazione.

Il Popolo rom non esiste. Dobbiamo renderci conto che il primo impegno, in considerazione delle condizioni di esclusione in cui sono lasciati vivere i rom, dovrebbero concentrarsi, sui settori uguaglianza, inclusione e partecipazione. L’Uguaglianza presuppone parità del diritto di rappresentazione ai rom nelle strategie che li riguardano. Per quanto riguarda l’inclusione, è necessario dare ai rom il riconoscimento di minoranza linguistica, stabilita dalla Carta Costituzionale (art.6). Una minoranza linguistica che lo Stato italiano non può ignorare.

La piattaforma UE recita: “Per quanto riguarda la partecipazione, il piano incoraggia l’impegno attivo dei rom, sinti, camminanti, in particolare delle donne e i giovani attraverso tutti gli strumenti disponibili, dalla Piattaforma europea alle Piattaforme nazionali”. In tal senso è bene tener presente che senza il riconoscimento di minoranza linguistica, le “popolazioni” rom non hanno, né possono pretendere

di avere, voce in capitolo sui loro diritti come Minoranza per il semplice fatto che rom, sinti, camminanti, non sono riconosciuti come minoranza. Senza il riconoscimento come Minoranza, senza la tutela dello Stato (art.6 Carta Costituzionale) i rom si trovano in una situazione di disuguaglianza nel rapporto we-group, out- group, anzi non vengono tutelati come Minoranza, cioè portatori di una propria Storia, di una propria cultura (usi, costumi, credenze, rituali), di una propria lingua.

I dati raccolti sulla consistenza demografica di rom, sinti, camminanti, ci dicono che circa180 mila siano presenti in Italia, di cui il70% risulta avere la cittadinanza italiana. Coloro che hanno la cittadinanza, godono o dovrebbero godere degli stessi diritti di tutti gli altri italiani.

Così, i minori vanno nelle scuole pensate per gli italiani, parlano italiano, imparano la storia, la cultura, i costumi degli italiani, abitano in alloggi costruiti e pensati per gli italiani, cioè in edifici multipiano, dove ognuno vive per sé, come una monade, senza contatti, senza spazi comuni, senza aree per l’incontro, lo scambio per rinsaldare la propria identità culturale, i vincoli della comunità di appartenenza.

Significativa, in tal senso, la testimonianza di un capo famiglia sinti: “Quando stavo per entrare in un appartamento che ci avevano assegnato in un grande palazzo, io ho cominciato a tremare… Sono abituato a vivere in libertà nella comunità…”

 Campi nomadi. Un discorso specifico meritano i rom e i sinti che sopravvivono nei cosiddetti “campi nomadi,” (istituiti per obbligare rom/sinti alla sedentarietà) molti dei quali non hanno nemmeno un’identità giuridica riconosciuta nel nostro paese. Per quanto riguarda la mia esperienza del popolo Rom parlerò dei Rom e Sinti che vivono nei campi, di cui conosco la vita e la situazione di degrado.

Relegati in aree lontane dai centri abitati (definite campi nomadi) controllate da sistemi di sorveglianza nell’entrata e uscita dei campi, impediti nei loro lavori: raccolta e riciclaggio di materiali dismessi, a cominciare dalla raccolta del ferro e dalla sospensione, rimozione dei mercatini; isolati e rinchiusi nei campi, senza mezzi di trasporto pubblici di collegamento,  all’interno di container precari e insufficienti a ospitare famiglie di cinque e oltre abitanti, senza servizi igienici e acqua corrente, sistemati all’interno dell’alloggio.

Dobbiamo considerare inoltre che il popolo Rom e Sinti dei campi è composto per la maggior parte da minori, impossibilitati a frequentare scuole perché i plessi scolastici sono lontani dal campo e i collegamenti, che dovrebbero essere organizzati dai Comuni, o non ci sono, o i bus addetti raccolgono solo coloro che sono in regola con i requisiti di residenza nel campo e abbiano permessi di soggiorno.

Per quanto riguarda l’alfabetizzazione dei minori, la situazione si presenta drammatica, aggravata dall’antiziganismo diffuso. Il rifiuto e la discriminazione (stereotipi e pregiudizi) cui sono sottoposti minori da parte degli studenti italiani, e dai genitori degli stessi, non di rado coinvolgono gli stessi insegnati.

Così potrebbe accadere, come accade, che gli zingari vengano promossi pur di toglierseli dalla scuola, dall’insegnamento. Un Rom che arriva alla licenza elementare talvolta a mala pena sa leggere e scrivere se non addirittura essere privo di alfabetizzazione. 5

Come è stato messo in evidenza nella introduzione al convegno tenutosi a Milano, all’Università Bicocca, dal titolo LA CONDIZIONE GIURIDICA DI ROM E SINTI IN ITALIA: “Il confronto con i gruppi Rom e Sinti e con la loro storia di ricorrente discriminazione, di fatto o di diritto, costituisce una sfida per l’ordinamento giuridico italiano che, secondo le norme costituzionali, comunitarie ed internazionali in vigore, deve prevedere apposite misure di tutela e deve promuovere in modo attivo politiche e azioni di inserimento sociale e di non discriminazione di tali gruppi.” 4

Nei confronti dei campi abusivi il Comune (mi riferisco al comune di Roma) adotta sistemi coercitivi o eliminatori. E’ capitato che il Comune di Roma abbia offerto un contributo finanziario (irrisorio) per trovare altra sistemazione e lavoro per un tempo prestabilito, per intervenire poi con l’abbattimento del campo.

Abbandonati a sé stessi, nella ricerca di un alloggio e di un lavoro, che nessun proprietario di case concede e datore di lavoro assume, trattandosi di zingari, il Comune ha mandato le ruspe e abbattuto il campo. Fallito il piano di rinserimento, l’Amministrazione Capitolina, per la sistemazione dei rom evacuati dai campi, ha posto in atto un provvedimento tampone: allocare nei centri di accoglienza donne e bambini, escludendo gli uomini, padri, fratelli e congiunti maschi.

La conseguenza ha visto molte famiglie, le quali, per rimanere unite, sono finite accampate negli angoli delle strade, come quelle in prossimità della stazione ferroviaria Centrale di Termini.

Altro provvedimento tampone è stato quello di trasferire i rom sgombrati dai campi, presso edifici fatiscenti come la ex clinica, di Torre Maura.

La deportazione a Torre Maura dei rom, già invisi in generale all’opinione pubblica, stigmatizzati dai media orientati a destra e non solo; messi in un quartiere già critico sul piano economico, politico, culturale, urbanistico, ha innescato la miccia della rivolta nella popolazione locale con atteggiamenti violenti, pari alla rabbia covata per le condizioni di vita, rabbia che si è rovesciata sui rom :70 persone di cui 33 bambini, divenuti il capro espiatorio del disagio sociale.

Le manifestazioni aggressive si sono svolte con assembramenti della popolazione attorno all’edificio che ospitava i rom, con il lancio di sassi, con l’incendio dei cassonetti dei rifiuti e del furgone che trasportava le vivande per i rom, con le percosse agli operatori del servizio alimentare, con la distruzione dei pasti, tra cui il pane gettato a terra e calpestato; con insulti verso i rom al grido: “devono morire di fame”.

Tutto ciò si verifica senza che il popolo Rom abbia voce, allora come ora, per farsi ascoltare. Eppure la Costituzione Italiana, indipendentemente dall’appartenenza etnica, recita all’articolo 2 dei Principi fondamentali (inderogabili): “La Repubblica Italiana riconosce e garantisce i diritti dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Riconoscimento e garanzia dai quali sono esclusi Rom Sinti Camminanti, esclusi, come abbiamo detto, dal riconoscimento di minoranza linguistica, quando nel 1999, è passata la legge per l’attuazione dell’art.6 della Carta Costituzionale, lasciando fuori Rom Sinti Camminanti.

Un aspetto positivo della Piattaforma riguarda il ruolo attivo dei RSC: “Per quanto riguarda la partecipazione (si legge nella piattaforma) il piano incoraggia l’impegno attivo dei Rom Sinti Camminanti, in particolare delle donne e dei giovani attraverso tutti gli strumenti disponibili dalla Piattaforma europea alle Piattaforme nazionali”.

E allora, per dare consistenza e attuazione al dettato della piattaforma bisogna partire dall’attivazione dei primi tre requisiti della Piattaforma: uguaglianza, inclusione, partecipazione, il che significa, prima di tutto, dare ai Rom, Sinti, Camminanti, le tutele sancite ed espresse all’articolo 6 della Carta Costituzionale:” La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”. Senza questo riconoscimento, senza questa tutela, le popolazioni Rom e Sinti restano solo come gruppi di assistiti, quando lo sono.

E allora, per dare consistenza e attuazione al dettato della Piattaforma bisogna partire dall’attivazione dei primi tre requisiti della Piattaforma: uguaglianza, inclusione, partecipazione, il che significa, prima di tutto, dare ai Rom, Sinti, Camminanti, le tutele sancite ed espresse all’articolo 6 della Carta Costituzionale.

Senza questo riconoscimento, senza questa tutela, le popolazioni Rom e Sinti restano solo come gruppi di assistiti, quando lo sono e non siano buttati fuori dai “campi” senza alternative. Di fatto, per i rom e i sinti dei “campi”, disconosciuti, emarginati e rifiutati, la possibilità di sopravvivenza resta l’espediente come mezzo di sussistenza.

Per questo il riconoscimento dei rom come Minoranza Linguistica si configura come il passaporto per avere diritti, condizione sine qua non, la partecipazione dei rom alla elaborazione e alla realizzazione dei piani per i sette settori, sui quali intervenire, sarà aleatoria e non obbligante per le Amministrazioni Pubbliche, delegate alla realizzazione della Piattaforma.

 * docente di Sociologia dell’università La Sapienza

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