Il punto di partenza per questo intervento è rappresentato dalla condivisione dell’incipit contenuto nel bel libro di Bruno Maida “I treni dell’accoglienza” pubblicato in questi giorni dal “Corriere della Sera”. Sintetizzo: “occuparsi del passato per rispondere alle domande che si pongono nel presente”.
Nel suo testo Maida ricorda la storia dei “Treni della Felicità” organizzati nell’immediato dopoguerra per precipua (ma non esclusiva) iniziativa del PCI e dell’UDI allo scopo di trasferire temporaneamente bambini delle zone maggiormente colpite dagli eventi bellici (un esempio fra tutti Cassino, ma anche le gradi città come Torino, Milano, Roma) per farli ospitare da famiglie in zone dove le condizioni di vita erano sicuramente migliori.
Si trattò di un grande moto di solidarietà che scosse il Paese pur tra contraddizioni e contrasti anche di tipo ideologico.
All’interno del libro trova marginalmente spazio anche un resoconto della repressione che, in quegli anni e fino all’inizio degli anni’50, subirono le lotte operaie e contadini al Sud come al Nord: una lunga striscia di violenze poliziesche, arresti arbitrari, morti e feriti.
Un passaggio storico la cui memoria appare completamente obliata (a proposito di “pacificazione nazionale”) e che, invece, proprio di questo tempi dovrebbe essere pienamente recuperata.
Il primo evento da ricordare rimane Portella della Ginestra: 1 maggio 1947. fu un eccidio commesso in località Portella della Ginestra dalla banda di Salvatore Giuliano appoggiato dai poteri reazionari dell’isola il 1º maggio 1947 provocando undici morti e numerosi feriti.
Si ricorda ancora come nel 1948 18 bambini figli di sindacalisti siciliani uccisi o arrestati furono ospitati da famiglie indicate dalla Federazione del PCI di Bologna: Questo fatto si ricorda semplicemente per testimoniare come Portella della Ginestra non rappresentò un fatto isolato ma la “punta” di un’opera di sistematica repressione di lungo periodo esercitata in Sicilia nei riguardi della sinistra e del sindacato.
Da notare come il luttuoso evento di Portella della Ginestra si verificò mentre era ancora in carica (per pochi giorni) il tripartito DC-PSI – PCI.
Nel novembre 1947 con l’uccisione di cinque braccianti durante lo sciopero generale di Puglia e Basilicata, iniziò uno stillicidio di vittime, per lo più contadini e operai, in operazioni di ordine pubblico nelle quali la polizia viene schierata a sostegno di latifondisti e imprenditori.
Ricordiamo gli episodi più significativi di questa vera e propria epopea:
Melissa: La strage di Melissa o eccidio di Fragalà fu un episodio del 29 ottobre 1949 verificatosi a Melissa nel quale persero la vita Francesco Nigro, Giovanni Zito e Angelina Mauro.
Nell’ottobre del 1949 i contadini calabresi marciarono sui latifondi per chiedere con forza il rispetto dei provvedimenti emanati nel dopoguerra dal ministro dell’Agricoltura Fausto Gullo e la concessione di parte delle terre lasciate incolte dalla maggioranza dei proprietari terrieri. La mattina del 30 ottobre 1949 la polizia entrò nella tenuta e cercò di scacciare i contadini occupanti con la forza, uccidendo così due uomini e una donna
Montescaglioso: 21 marzo 1950, data impressa nella memoria storica di tutto il Vastese: Nicola Mattia e Cosmo Mangiocco furono uccisi dai colpi di un appuntato dei carabinieri davanti al municipio. Tornavano, insieme a tanti concittadini, dallo ‘sciopero alla rovescia’: al grido di ‘pane e lavoro’ costruivano la strada di collegamento con la Statale Trignina sopperendo ai ritardi del governo dell’epoca.
Un evento drammatico che ebbe risonanza in tutta Italia e che diede vita a imponenti manifestazioni di protesta da Nord a Sud.
Modena: 9 gennaio 1950. Verso le dieci del mattino del 9 gennaio una decina di operai giunse ai cancelli delle Fonderie Riunite, le quali erano circondate di carabinieri armati.
Il bilancio della giornata fu di 6 morti tutti iscritti al Partito Comunista, 200 feriti e 34 arrestati con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, radunata sediziosa e attentato alle libere istituzioni.
Lentella (Chieti) 21 marzo 1950: due operai uccisi nel corso di uno sciopero per conseguire migliori condizioni nel lavoro agricolo.
San Severo (Foggia) 22 marzo 1950: un morto e 40 feriti in occasione della sciopero generale di solidarietà per i fatti del giorno precedente accaduti a Lentella.
Nel 1951 dalla tribuna del VII congresso del Partito Comunista Togliatti offrì un quadro preciso della repressione: tra il 1948 e il 1951 62 lavoratori uccisi in scontri causati da scioperi, occupazioni delle terre, protesta sindacali di diverso tipo; 3.126 feriti; 92.169 arresti da cui si verificarono 19306 condanne per 8.441 anni di carcere.
Si ricorda ancora la strage di Reggio Emilia: il 7 luglio 1960 nel corso di una manifestazione svolta durante lo sciopero generale proclamato dopo i fatti di Genova causati per la protesta avverso la convocazione nel capoluogo ligure del congresso del MSI (che avrebbe dovuto essere presieduto dal prefetto repubblichino Basile) cinque operai reggiani: Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri e Afro Tondelli, tutti iscritti al PCI, furono uccisi dalle forze dell’ordine.
La strage fu l’apice di un periodo di alta tensione in tutta l’Italia, in cui avvennero scontri con la polizia. I fatti scatenanti furono la formazione del governo Tambroni, monocolore democristiano con il determinante appoggio esterno del MSI, Le reazioni d’indignazione furono molteplici e la tensione in tutto il paese provocò una grande mobilitazione popolare.
L’allora presidente del consiglio Fernando Tambroni diede libertà di aprire il fuoco in “situazioni di emergenza” e alla fine di quelle settimane drammatiche si contarono undici morti (oltre Reggio Emilia, anche Licata, Catania e Palermo) e centinaia di feriti.
Si è fin qui sviluppato un riassunto molto stringato scritto semplicemente per ricordare che Costituzione e Democrazia sono costate alla parte migliore del popolo italiano davvero lacrime e sangue (senza retorica).
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