Riproduciamo una “riflessione amara su guerra e pace” pubblicata da Limes online a firma di Giovanni Pardi.
L’articolo porta il significativo titolo di “Un foglio bianco da riempire per definire i termini del conflitto”.
Nonostante un fuoco di sbarramento mediatico, politico, ideologico da parte del ‘Partito trasversale della guerra’, che esclude ogni discussione di merito sulle soluzioni alla guerra in Ucraina che fermino l’escalation, sbucano sempre più frequentemente posizioni e proposte che invece indicano exit strategy non guerrafondaie.
E’ quello che abbiamo cercato di dire e di fare con l’appello Fermare la guerra, imporre la pace sottoscritto da centinaia di persone.
Il fatto che queste posizioni non trovino spazio nei media pubblici e privati non significa che non stiano crescendo, in Italia come in altri paesi coinvolti.
Anche per questo ci si vede il 27 maggio a Roma per tenere aperta una prospettiva alternativa a quella della guerra a oltranza in Ucraina.
Qui di seguito l’articolo di Giovanni Pardi. Buona lettura
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A trent’anni dalla sua uscita nelle sale, pare opportuno ricordare il film “Quel che resta del giorno”.
Nella pellicola americana diretta da James Ivory, uno dei protagonisti ricorda la sua gioventù e l’amicizia con un giovane tedesco, poi suicidatosi a causa dalla rovina economica della Germania dopo la grande guerra. Così, il protagonista si ripromette di lavorare per un’amicizia tra inglesi e tedeschi alla vigilia della seconda guerra mondiale.
Anche in Inghilterra esisteva un forte movimento per l’appeasement, secondo cui era necessario fare della Germania un contrappeso europeo all’Unione Sovietica. Sappiamo come la Germania hitleriana giocò l’azzardo di una guerra totale finendone travolta assieme all’Europa stessa.
Ma resta sempre l’atroce dubbio: fu fatto tutto il possibile per giungere a un accordo onorevole tra le potenze in campo? Personalmente, ritengo che non ci fossero alternative.
Ma oggi, di fronte a uno scenario simile per alcuni aspetti a quello del 1939, ci dobbiamo chiedere se è possibile evitare lo scatenarsi dell’azzardo bellico. E dobbiamo cercare un accordo onorevole che, per essere tale, deve confrontarsi con l’emergere della Cina senza però farne il simbolo di un mondo migliore. Eppure, purtroppo, assistiamo costantemente al diffondersi di un linguaggio distorto a proposito della leadership economica di Cina e Russia.
Queste riflessioni dovrebbero indurre a un sano realismo che, dopo un’accurata fotografia geopolitica, unita a una valutazione obiettiva delle forze in campo, attui il motto latino che definiva il negoziato come un processo in cui ciascuna delle parti dia qualcosa, ma mantenga una propria forza contrattuale: “aliquid datum, aliquid retentum“.
Così facile a dirsi, così arduo da attuare quando si agitano questioni di principio, valori di civiltà e di libertà che, per quanto nobili, sono poi una palla al piede per ogni negoziato.
Cominci qualcuno a prendere un foglio bianco e a definire i termini del conflitto – non guerra! – che contrappone Cina e Stati Uniti, e a dividerli nelle varie sezioni: territoriali, economiche, strategiche e via dicendo. Dunque, riempia le varie caselle di numeri e carte geografiche a proposito di tutte le questioni in campo.
Condizione necessaria, però, ad un vero processo negoziale è “la buona fede”. Senza di essa il negoziato fallisce ed entrambi i contendenti rischiano la sconfitta. Così oggi si potrebbe, seguendo il metodo analitico sopra descritto, giungere ad una sintesi capace di evitare lo scontro diretto tra le potenze in campo.
Un foglio bianco da riempire con ipotesi di accordo sulla guerra in Ucraina dovrebbe innanzitutto prendere atto dell’enorme importanza economica del Donbas, strategico per ricchezze minerali e poi industriali. Qualcosa di simile vale per la Crimea, dove per assurdo se vi fu una minoranza “repressa” fu quella dei Tatari, comunque sempre con massicci ripopolamenti russofoni.
Nella logica del riconoscimento di fatto della prevalenza russofona nelle due regioni, si dovrebbero prevedere compensazioni a favore dell’Ucraina, sia a carattere economico che di sicurezza.
Non vi è dubbio che con tali penetrazioni il territorio ucraino rimarrebbe fortemente esposto ad ulteriori possibili conflitti, a causa della grande ricchezza del Donbas che impoverirebbe l’economia ucraina. I nuovi confini poi dovrebbero essere internazionalmente garantiti non essendovi barriere naturali tra le due parti oggi in conflitto.
Quindi, si aprirebbe l’intera questione della “fascia di sicurezza” cui sia la Russia sia i paesi confinanti hanno un sacrosanto diritto, soprattutto per porre fine ad un’instabilità regionale che parte dalla Finlandia e, passando per Kaliningrad e i Baltici, giunge nello scacchiere ucraino e del Mar Nero.
Servirebbe insomma un approccio di medio termine che, dopo un cessate-il-fuoco, garantisca alle parti in causa una reciproca bona fides con dispiegamento di forze neutrali di interposizione, conferenze tecniche sui temi territoriali ed etnici, economici e militari, assistenza di potenze neutrali.
Percorsi difficilissimi, ma necessari ad evitare che il protrarsi della guerra sfoci in una deflagrazione europea dagli esiti imprevedibili.
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Andrea Vannini
In “quel che resta del giorno” l’ inglese lord darlington è un convinto filonazista (licenzia due cameriere perché ebree) che prima della guerra opera per favorire una alleanza anglo-tedesca. Finirà, con l’ inizio della guerra, per essere arrestato per spionaggio. Attenzione.
Redazione Roma
E’ l’autore dell’articolo di Limes a fare la citazione
Maurixzo Chirri
credo che il sig. Pardi faccia un poco di confusione nella sua ricostruzione del cosiddetto appeseament con Hitler. La politica fu effettivamente tentaita dagli ambienti aristocratici piu reazionari del cosiddetto “circolo di Cliveden”., jnfluenzando Chamberlain e Halifax, e producendo lo scoppio della guerra, come chiaramente denunciato da Churchill nel suo “Step by step”, con una sungolare coincidenza di vedute con l’ ambasciatore sovietico Maiskj (in “Memorie dell’ ambasciatore rosso” Ed Riuniti). Va pure detto che rispetto ai Johnson, Truss, Suniak odiern,i lo stesso Chamberlain appare in proporzione un agente del Cremlino…