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Commissario o generale? Ma che ce ne facciamo di Figliuolo senza i fondi per la ricostruzione?

L’esercito quando serve per spalare non c’è, e ce lo impongono quando si tratta di comandare.

Dopo un mese e mezzo dalle alluvioni in Emilia-Romagna, il governo Meloni ha partorito il topolino nominando il generale Figliuolo commissario alla ricostruzione.

È il risultato di compromesso dopo settimane di litigi e bisticci istituzionali all’interno del Governo e tra Governo e Regione. Questa commedia dell’assurdo ha girato intorno alla scelta del nome, abbandonando qualunque dibattito politico su COME debba essere gestita la ricostruzione.

Meloni continua ad affermare la sua continuità con il governo Draghi: oltre alla confermata fedeltà al patto euroatlantico, prosegue anche la fascinazione proprio del generale Figliuolo come risolutore di ogni emergenza.

E, come fu per Bertolaso, quello di commissario diventa non più un incarico, ma una vera professione in cui ci si può specializzare.

Eppure il piano di gestione vaccinale coordinato dal generale ha presentato tantissimi problemi logistici, oltre al fatto che l’incarico della ricostruzione è radicalmente diverso da quello ricoperto durante la pandemia.

Può un generale dell’esercito distribuire finanziamenti tenendo conto della struttura sociale ed economica del territorio, degli interessi contrastanti delle parti, della necessità di una ricostruzione del territorio in discontinuità con il passato?

Può insomma un generale dell’esercito ricoprire un ruolo che per quanto emergenziale è strettamente politico?

La risposta evidentemente è che non può, e l’imposizione di questo nome ai nostri territori non può che essere guardato con preoccupazione sia per il suo significato autoritario che per i dubbi sull’efficacia.

A questo si affianca un altro problema, che evidenzia la vuotezza di questa nomina: di cosa sarà commissario Figliuolo, se non vengono stanziati i fondi per i rimborsi alle persone che hanno perso tutto o quasi, e per la ricostruzione del territorio?

Da due settimane stiamo procedendo con l’esperienza di SOS Emilia-Romagna e insieme a USB, portando il nostro sportello itinerante per aiutare i cittadini nella compilazione dei moduli per i rimborsi, e quello che vediamo è un radicale senso di sfiducia nelle istituzioni che, dopo avere latitato nel momento dell’emergenza, ora si fanno di nebbia dopo avere promesso miliardi.

Come Potere al Popolo pensiamo che la ricostruzione deve partire da quattro semplici punti.

1 L’emergenza non è finita finché ci sono persone sfollate dalle loro case e paesi montani irraggiungibili o a rischio frana: serve un intervento immediato dello Stato con tutti i suoi mezzi.

2 Un commissario che sia una vera rottura con il passato, cosa che non può essere Figliuolo, che garantisca gli obiettivi di efficacia e trasparenza anche con un tavolo inter-istituzionale che coinvolga tutte le forze politiche e sociali.

3 Le priorità nella ricostruzione sono i rimborsi alle famiglie, la garanzia del reddito e della casa per tutte e tutti, e la messa in sicurezza del territorio.

4 Un piano di messa in sicurezza del territorio che sia strutturale e non emergenziale, con la moratoria della legge regionale sul consumo di suolo e l’aumento dei fondi annuali di bilancio.

Su questi quattro punti continueremo a dare battaglia politica al Governo, alla Regione e da oggi anche a un Commissario che evidentemente non può garantire questi elementi. Si apre un nuovo percorso di lotta per una regione e un territorio più giusto e più sicuro.

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