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La crisi dell’imperialismo euroatlantico e la guerra

Martedì 4 luglio si è tenuto a Vicenza un convegno dal titolo “La NATO e le basi militari nella guerra Russia-Ucraina” che ha visto come relatori Don Maurizio Mazzetto (Pax Christi), Valter Lorenzi (Appello Fermare la guerra, Imporre la pace); Paolo Ferrero (Rifondazione Comunista), Josè Nivoi (Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova). Questo il testo e la registrazione video dell’intervento come Rete dei Comunisti nel dibattito che è seguito alle relazioni.

Alcune considerazioni a partire dal fatto che l’anno scorso in Veneto non si è riusciti a costruire una vera mobilitazione contro la guerra e ci sono state poche iniziative, e sostanzialmente autoreferenziali.

Su tutto ha pesato la zizzania seminata dalla sinistra imperiale, quella che “né con Putin né con la NATO”, quella che “c’è un aggredito e c’è un aggressore” (ma c’è solo in Ucraina, non in Palestina, in Libia, in Siria, in Iraq, in Afghanistan, in Serbia, in Somalia, in Libano).

E quindi ha pesato la paura. La paura di essere accusati di connivenza con il nemico, la paura di finire sotto attacco da parte della sinistra “benpensante”.

Una paura che ha portato all’inazione, all’attendismo nell’illusione che la situazione si possa risolvere da sola.

E invece la situazione non si può risolvere da sola, perché la causa prima di questa guerra, e di tutte quelle che la hanno preceduta negli ultimi 30 anni, è la crisi dell’imperialismo euroatlantico, la sua progressiva perdita di centralità, la cessione di quote di PIL sempre più rilevanti ai paesi emergenti, in particolare la Cina, e il tentativo di riprendersi con le armi questa quote di PIL perse.

Solo analizzando questo quadro generale è possibile dare basi solide ad un movimento contro la guerra che altrimenti corre il serio rischio di perdersi tra i particolari e i dettagli: il colpo di stato nazista in Ucraina, la secessione del Donbass, la questione della Crimea, il ruolo della Russia come potenza regionale sono tutte questioni importanti, e vanno tutte approfondite, ma proprio perché sono solo parti di un quadro complessivo la loro analisi non basta per arrivare a soluzioni generali.

Del resto è proprio la propaganda guerrafondaia a proporre in continuazione interpretazioni superficiali e riduttive della situazione per formare una opinione pubblica favorevole alla guerra, persuasa che il problema sia sempre e solo la perfidia di un leader, naturalmente quello nemico, disposta ad accettare il conflitto armato come la normalità del rapporto tra i popoli e quindi convinta che arruolarsi nell’esercito della propria borghesia sia una scelta obbligata.

Ma se la crisi è quella del capitale imperialista euroatlantico e se la guerra è la sua risposta alla perdita di PIL verso i paesi emergenti, da questo situazione,
allora, si esce solo in un modo: con la sconfitta definitiva dell’imperialismo euroatlantico.

Che poi questa sconfitta avvenga ad opera di altre potenze emergenti o per effetto di una rivoluzione questa è senza dubbio una questione importantissima e centrale.
Ma che il 
“nuovo secolo americano” auspicato dai neocon statunitensi debba finire il prima possibile, questo non dovrebbe essere in discussione.

Quindi ha ben fatto USB e riprendere il percorso della manifestazione del 25 febbraio a Genova convocata dal CALP e promuovere l’appello di lavoratori, delegati e militanti sindacali che ha portato alla manifestazione del primo maggio a Vicenza davanti alla caserma Ederle che ospita le forze di rapido intervento nordamericane.

Perché alla fine dei conti sono sempre e comunque i lavoratori e gli sfruttati a non aver nulla da perdere se non le proprie catene, ad essere carne da cannone, a misurarsi ogni giorno con il fascismo aziendale su cui si fondano le democrazie borghesi, a dover pagare per intero i costi del riarmo, a subire per primi la devastazione sociale determinata da questo stato di guerra.

Per questo la parola d’ordine “abbassate le armi, alzate i salari” è importante, perché riporta la questione della guerra alle condizioni materiali dello sfruttamento capitalistico, togliendola dalle nebbia metafisiche del moralismo ipocrita della sinistra imperiale, dei “né, né”, di quelli che predicano il diritto di ingerenza delle civiltà superiori (cioè la nostra) sulle questioni interne degli altri paesi, di quelli che sono convinti che Europa e nordamerica siano un “giardino”, mentre il resto del mondo una “giungla”!

La manifestazione del 1° maggio a Vicenza è stata una prima importante iniziativa unitaria contro la guerra imperialista.

Dobbiamo darle continuità e per far questo credo che la proposta di USB di costruire un movimento ampio e unitario contro la guerra e il carovita sia da accogliere da parte di tutte e tutti.

Con la chiarezza che non si tratta soltanto di mettere assieme forze politiche, ma di dar voce a quella maggioranza della popolazione che più ha da perdere da questa deriva guerrafondaia, con l’auspicio che il vento di Francia arrivi a soffiare anche qui nel nord-est italiano.

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