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Un libro che ci svela il 41 bis

Pensare l’impensabile, tentare l’impossibile” è il titolo di un lavoro di 73 pagine (10 euro Edizioni Colibrì’) – a cura dell’Archivio Primo Moroni, Calusca City Lights e Csoa Cox 18 – che sintetizza un dibattito avvenuto a Milano nei mesi scorsi e va oltre aggiornando il caso di Alfredo Cospito e del 41bis del quale viene messa in discussione la definizione di ‘carcere duro’ perché significherebbe pensare che possa esistere un ‘carcere leggero’.

Insomma il problema è il carcere.

Pensare l’impensabie, tentare l’impossibile” è una frase di Alfredo Cospito riferita da uno dei suoi legali Maria Teresa Pintus. “Il 41bis è una misura di pressione non una condanna come si sente dire nei talk show e pure nei telegiornali. La condanna la infligge il giudice, il 41bis no – sostiene Pintus -. La sottoscrizione avviene a fi rma del ministro della Giustizia, quindi dell’esecutivo.

Se da un punto di vista tecnico è un errore, da un punto di vista popolare il 41bis invece resta effettivamente una condanna di cui è molto difficile ottenere la revoca. Il 41bis diventa un marchio. L’unico giudice competente a revocarlo è nel nostro paese il Tribunale di Sorveglianza di Roma che si configura come un tribunale speciale”.

E non è vero che il 41bis viene applicato solo a chi ha l’ergastolo ostativo. Tra i destinatari anche reclusi in attesa di giudizio.

Charlie Bernao parla del collegamento fortissimo tra guerra è populismo penale, attività interna di repressione di punizione e di uso della tortura.

I giuristi creano a tavolino il diritto penale del nemico e contro il nemico si creano i presupposti per utilizzare la tortura che sarebbe vietata dalle convenzioni internazionali. Gli psichiatri e gli psicologi ci dicono che l’effetto dell’isolamento sulle funzioni cerebrali del prigioniero è molto simile a ciò che succede quando un uomo viene picchiato affamato o privato del sonno”.

Insomma il 41bis è una forma aggiornata e particolarmente disumana di tortura. Elton Kalica parla di “carcere di annientamento” oltre che di tortura.

Kalica, che è stato detenuto in regime di alta sicurezza, racconta che “ti contavano i calzini le mutande i pantaloni le magliette e soprattutto i libri“.

Al 41bis sono morti gran parte dei membri di Cosa Nostra e altri ormai in età avanzata moriranno nei prossimi anni. Poi si cercherà altra gente a mettere al 41bis o si deciderà di chiuderlo?

A mio avviso – conclude Kalica – il fatto di averlo reso permanente attesta l’intenzione di perpetuarlo. Magari mi sbaglio ma voi non contateci”.

In tanti vogliono il morto ma nessuno si assume la responsabilità di vestire i danni del boia – dice Anna Beniamino coimputata di Cospito nel processo per i pacchi bomba di Fossano – in compenso sono tanti i becchìni pronti per preparare la fossa all’anarchico, un balletto sguaiato intorno a una forca. La lotta di un anarchico in sciopero della fame ha spezzato la narrazione imperante nonostante il ridicolo tentativo di dipingerlo colluso con i mafiosi”.

L’avvocato Flavio Rossi Albertini ricorda che quando Cospito ha deciso di interrompere lo sciopero della fame ha ringraziato tutti e tutte coloro che hanno reso possibile “questa tenace quanto inusuale forma di protesta”.

Considerazione finale inevitabile. Di questo lavoro sarebbe stato orgoglioso, e lo dimostra la partecipazione all’iniziativa dell’Archivio, il Maestro Primo Moroni che aveva dedicato molti anni della sua vita alla battaglia contro il carcere e l’articolo 90 il padre del 41bis all’inizio dell’infinita emergenza italiana.

Infinita e infatti siamo ancora qui.

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