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Mentre gli studenti subivano la violenza dei manganelli di stato nelle strade di Torino, Giorgia Meloni al meeting delle regioni annunciava nuovi tagli alla sanità pubblica. Lo faceva con il linguaggio a cui da decenni ci hanno abituato i padroni, i banchieri ed i loro politici.

Non si tratta di spendere di più“, ha detto, “ma di spendere meglio“. Una menzogna consapevole per un governo che taglia le spese sanitarie mentre aumenta quelle militari.

Sono trent’anni che la politica vive su questa menzogna, i diritti ed i servizi pubblici non ci sono non perché i soldi per finanziarli vadano agli affari, alla finanza e ai ricchi, ma perché i soldi verrebbero “sprecati”.

Sarebbe persino un fastidio noioso vedere una leader politica costruita dai mass media come “popolare”, ripetere le veline delle elites, se non fosse per la dose di fascismo quotidiano che Meloni ci aggiunge.

Buttare in mezzo alla strada i poveri senza reddito, non fare nulla per trovargli un lavoro e dire che è tutta colpa loro.

Bastonare gli studenti che protestano perché il governo ha cancellato i fondi per il diritto allo studio e alla casa.

Linciare mediaticamente un giudice che applica la Costituzione, che vieta i lager per i migranti e per tutti, e mostrare una gran voglia di tribunali speciali.

Rispondere con minacce istituzionali, faremo le leggi per farci governare, alle difficoltà e alle sconcezze politiche.

Sì, Giorgia Meloni è tanto liberista quanto fascista, un piccolo Draghi in orbace, che spera di continuare ad imbrogliare gli italiani contando sulla passività delle piazze e sul servilismo dei palazzi. E soprattutto sull’assicurazione politica sottoscritta con la NATO.

Ma, come dimostrano i giovani in piazza a Torino, la passività non dura per sempre. E allora servilismo e fedeltà atlantica possono non bastare più a nascondere la miseria del personaggio e del suo potere.

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