Il Movimento no base – né a Coltano né altrove – è nato dall’impeto di centinaia di persone che nell’aprile del 2022 decisero di contrapporsi al decreto ministeriale del governo Draghi, che tenendo all’oscuro la popolazione, prelevava 190 mln di euro dal fondo coesione sociale e sviluppo (pnrr) per la cementificazione armata di 73 ettari del parco regionale di San Rossore, Migliarino e Massaciuccoli, in località Coltano. Il movimento No Base, ha creato le condizioni per la partecipazione diffusa e trasversale affinchè quest’opera inutile, dannosa e pericolosa non abbia mai luce. Il coinvolgimento degli abitanti del luogo e il dialogo con il comitato territoriale con la costruzione del percorso “rinasce coltano”, e l’apertura del movimento a realtà politiche sociali e pacifiste ha scatenato in mille forme una mobilitazione che il 2 giugno del 2022 ha portato diecimila persone a “difendere” Coltano ed a ripudiare la grande opera di guerra.
Da subito è stato chiaro che la costruzione della base militare per i reparti speciali dei carabinieri Gis e Tuscania avesse una funzione di coronamento dell’hub bellico che fa della zona pisano-livornese un complesso articolato di infrastrutture e caserme decisivo e strategico nella proiezione militare del nostro paese nell’est Europa e nel nord Africa
Camp Darby, porto di Livorno e industrie estrattive (raffinerie, gas); aeroporto militare della 46esima; cisam, caserme della folgore sono solo alcuni significativi punti che costellano la nostra zona. Il massiccio invio di armi per il proseguimento del conflitto Ucraino-Russo rappresenta solo l’ultimo ed evidente atto di una economia di guerra che sostituisce qualsiasi elemento democratico nel nostro paese per l’impiego delle risorse pubbliche. Il movimento no base ha reso espliciti quali siano gli stretti legami tra guerra, estrattivismo, formazione e cultura della guerra, cambiamento climatico e furto delle risorse pubbliche a beneficio del complesso militare industriale. Di fronte alla voracità istituzionale di sfruttare terra e risorse per la guerra, la determinazione del NO alla base militare contiene il “per questo, per altro e per tutto” che negli stessi mesi ha inondato le piazze al grido “insorgiamo” promosso dal collettivo di fabbrica GKN.
Le diecimila persone del 2 giugno 2022 sono state quella “potenza moltiplicatrice dei movimenti”, che ha generato contraddizioni nell’assetto istituzionale e soprattutto ha smosso territori e bisogni che hanno individuato in questa battaglia una voce significativa anche per prendere posizione contro l’escalation bellica. Il “vecchio” decreto Draghi per la costruzione della base militare a Coltano è stato affiancato da un nuovo decreto che dall’estate 2022 ha dato il via a un tavolo inter-istituzionale con l’obiettivo di individuare altre zone rispetto all’ipotesi originaria, senza venir meno alle caratteristiche “strategiche” della collocazione. In questo anno le dinamiche politiche istituzionali, attivate già dal ministero della difesa quota PD Guerini e rilanciate da Crosetto, hanno avuto come scopo quello di tentare di disarticolare la marea di protesta, confidando nella “smobilitazione”, e individuare una operazione di governance più appropriata rispetto al contesto sociale mutato grazie alla lotta mantenendo intatta la dimensione essenziale dell’operazione militare. Così nasce la vulgata mainstream, strillata da ogni attore politico di centro destra e centro sinistra, della “base diffusa”, senza consumo di suolo, senza “impatto negativo” sulla popolazione. Una versione più sofisticata del primo bieco tentativo di spacciare 73 ettari a Coltano di cemento armato come “caserma green”, affidandosi alla presenza di un reparto a cavallo di carabinieri “della biodiversità”.
Il tavolo del 6 ottobre: L’ignavia delle rappresentanze istituzionali. La variabile del movimento contro l’Hub militare della guerra.
Il movimento “aveva visto giusto”. Dopo un anno di attesa il 6 settembre 2023, a Roma, tutti gli attori politici degli Enti locali e dell’Ente Parco hanno approvato al buio, senza avere per le mani neanche uno straccio di piano di fattibilità, le linee guida dell’operazione presentate dal Commissario straordinario nominato dal Governo Meloni che comunque dicono già l’essenziale. A Pontedera si farà un autodromo per le esercitazioni cementificando una importante fetta di territorio; a Coltano i Carabinieri si prenderebbero gli edifici storici e pubblici (la Villa Medicea, l’ex Stazione Marconi e le stalle del Buontalenti) sottraendoli di fatto all’uso pubblico che la popolazione chiedeva; tutto il resto dell’intervento – quello previsto in origine – verrebbe piazzato in blocco all’interno dell’area ex-Cisam, nei pressi di San Piero a Grado, area “offerta” prontamente e spontaneamente dal Presidente dell’Ente Parco, Lorenzo Bani, come se fosse sua proprietà, pienamente disponibile.
Ma come la precedente anche questa operazione è un misto di prevaricazione e di mistificazione, preludio di un disastro ambientale senza ritorno e della ulteriore conformazione bellica per il territorio pisano-livornese.
L’area ex-Cisam, infatti è in un’area interna del Parco e non in un’area contigua, quindi con un grado di importanza ambientale e un livello di tutela decisamente alto; è in un’area quasi totalmente boscata (circa di 15 ettari utilizzati su quasi 500) e con una copertura boschiva relativamente integra perché non frequentata da anni; è un’area inserita in un contesto di grande pregio ambientale come la tenuta di Tombolo. L’area ex-Cisam, insomma, è nel cuore di una più vasta area che nel corso dei decenni la Regione Toscana, l’UNESCO e l’Unione Europea hanno – indipendentemente tra loro – ritenuto meritevole di speciali misure di tutela. In modo paradossale l’organismo demandato alla tutela ambientale – cioè l’Ente Parco – fa la cosa esattamente opposta: invece di rinaturalizzare l’area – come potrebbe e dovrebbe – la “regala” a chi vuole cementificare a tappeto e farne un formidabile attrattore di traffico e di inquinamento. È in un’area di questa importanza ambientale che Governo, Arma dei Carabinieri, Enti Locali ed Ente Parco hanno concordato di spalmare una crosta di cemento e di acciaio di decine (50? 60? 70? 75? chi li controlla più, ormai) di ettari che diventerà il polo di attrazione di un diluvio di traffico pesante e leggero, con centinaia di persone che vi lavoreranno e vivranno con tutto l’impatto ambientale che ciò comporta, in particolare quello relativo alle previste esercitazioni militari.
Nuovo progetto della Base nell’area CISAM con la differenza tra area già edificata e area da edificare – differenza di consumo di suolo
I tre territori che verranno investiti dalla costruzione della base secondo il nuovo progetto
Tutto questo va impedito: fermare l’escalation, fermare la base
A metà luglio 2023 abbiamo organizzato a San Piero a Grado, a ridosso dell’area CISAM, in un terreno dell’università, il campeggio “fermare l’escalation”. Centinaia di persone provenienti da movimenti e realtà pacifiste, antimilitariste, ecologiste, transfemministe, territoriali e sindacali, hanno sentito l’esigenza di mettersi in cammino per fare la propria parte, nello schierarsi contro la guerra e impedire l’escalation bellica provando a inceppare la costruzione di nuove basi militari, opere di devastazione ambientale e fabbriche di armi.
“Fermare l’escalation” è un percorso di convergenza di lotte ed esperienze che sentono la necessità di opposizione alla militarizzazione dei territori, al sistematico drenaggio economico a vantaggio delle spese militari, alla propaganda armata e alla cultura della guerra, l’imposizione di zone di sacrificio in funzione dell’occupazione militare e delle industrie estrattive del fossile. Base di questa piattaforma è la comune considerazione del legame tra fenomeni diversi e la filiera della guerra e la garanzia che opporsi alle singole opere di questa militarizzazione della società sia indispensabile per bloccare la tendenza guerrafondaia in cui siamo sempre più proiettati anche come popolazione europea.
“Fermare l’escalation” significa reagire a l’irresponsabilità della classe politica nel suo complesso, schierata in maniera esplicita o ignava per l’occupazione militare del parco naturale e dei territori. Il 21 ottobre sarà una giornata di mobilitazione nazionale e generale in diverse città del Paese, ad oggi sacrificate all’escalation bellica. Basi militari, industrie di armi, grandi opere in funzioni della guerra, depositi nucleari… non sono astrazioni, ma toccano terra violentemente impattando sulla quotidianità. Ed è lì che possiamo fermarli. Il 21 ottobre a San Piero a Grado avremo l’occasione di fermare la costruzione dell’ennesima grande opera militare, una ribellione di ambienti indisponibili a essere mezzo per la distruzione della specie e dell’ecosistema. L’occasione è quella di difendere i nostri territori e dare un netto messaggio di contrarietà alla guerra.
Non si può cementificare il cuore di un’area protetta, in spregio a tutta la normativa ambientale. Non si può continuare a militarizzare una zona come quella pisana che è già uno degli snodi militari più grandi dell’intero Mediterraneo. Non si può continuare a buttare soldi – che sono invece sempre più necessari per il risanamento ambientale e per la lotta alle diseguaglianze – in spese militari che per forza di cose si autoalimentano e alimentano la pericolosa spirale bellica globale.
Il 21 ottobre nasce da un lucido quanto coraggioso pensiero collettivo. Solo la protesta della popolazione, con i nostri corpi, le nostre ragioni, le nostre energie, può impedire la costruzione della nuova base militare e ostacolare concretamente l’escalation bellica.
Ci vediamo a San Piero a Grado!
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