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Il comandante Eros: “Sul referendum la stessa battaglia della Resistenza”

Umberto Lorenzoni, Nato a Nervesa della Battaglia (Treviso) il 15 maggio 1926, mutilato di guerra, Presidente dell'ANPI di Treviso.

Col nome di battaglia di “Eros”, Lorenzoni era entrato nella Resistenza interrompendo gli studi classici che aveva intrapreso.
Impegnato nella lotta ai nazifascisti nelle prealpi trevigiane, fu commissario di battaglione nella Divisione partigiana “Nino Nannetti”. Ferito durante un combattimento Lorenzoni fu proposto, nel dopoguerra, per una decorazione al valore. Vi rinunciò perché fosse assegnata a un partigiano caduto.
Per quaranta anni, Lorenzoni (che dopo la Liberazione ha diretto un’azienda di confezioni), è stato consigliere comunale a Nervesa. Ha pure rappresentato i socialisti nel Consiglio provinciale di Treviso, città nella quale ancora oggi presiede l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.

 

Contropiano. Buongiorno, comandante Eros! Abbiamo saputo della tua adesione alla manifestazione del 22 ottobre, er il NO al referendum sulla controriforma costituzionale di Renzi

Sì …

Che giudizio dai sulla situazione politica e la battaglia abbiamo davanti?

Abbiamo una battaglia importantissima davanti. Io spero che i cittadini italiani la capiscono. Qui è una battaglia per riprendere il cammino che abbiamo interrotto alla fine degli anni ’70, quando con questa Costituzione avevamo già realizzato parecchie cose importanti. L’Italia negli anni ’70 era arrivata ad essere la quinta potenza economica mondiale.

Oltre che un paese civile …

Oltre che un paese civile, perché marciavamo al ritmo del 5% l’anno di aumento del prodotto interno lordo. Avevamo un welfare che l’Europa ci invidiava, le pensioni erano a posto… Eravamo un paese civile. Poi è cominciata ad arrivare la offensiva del neoliberismo. Chiamiamolo con il suo nome: del capitalismo, che praticamente ci ha portato, in trenta anni, in questa situazione, con i vari governi che si sono succeduti, da Craxi a Berlusconi e dopo quelli che sono venuti dopo di Berlusconi … Finché non siamo arrivati in questa condizione in cui siamo oggi, con l’Italia ferma. Qua tutte le chiacchiere che sta facendo Renzi… ci prende, non so, come le belle addormentate nel bosco. Qua gli italiani hanno veramente bisogno delle punture di fosforo, perché non si ricordano più di niente. Ci vengono a raccontare che questa situazione non si sa da chi sia determinata e invece se noi o cambiamo, o cambiamo questa politica economica di fondo, e mandiamo a casa il capitalismo che è decrepito, non risponde più alle esigenze di un paese civile, o altrimenti finiremo nel baratro, di questo passo.

E questo è sicuro… Quanta responsabilità c’è nella sinistra storica nell’aver permesso che si arrivasse a questo punto?

La sinistra storica ha abdicato. Ha abdicato a quello che era la sua anima. La sinistra storica non parla più con la gente… Basta guardare quello che sta succedendo: le ultime elezioni amministrative ci hanno dato la cartina di tornasole su dove è andata a finire la sinistra tradizionale. Abbiamo guadagnato voti nel centro delle città, dove votano i borghesi, dove votano quelli che stan bene, quelli che non hanno problemi sociali. E praticamente abbiamo le periferie in rivolta, perché ad un certo momento non sanno più a chi rivolgersi per poter sopravvivere. Questa è la situazione drammatica che abbiamo in questo paese.

Nel governo, per esempio la Boschi, insinuano che i partigiani veri voterebbero sì al referendum

Ma sai, guarda, la Boschi… Questa donzella dell’800 che va in giro come la madonna peregrina, non si sa che cosa sia … lasciamola perdere. La lotta partigiana aveva un sottofondo sociale che è venuto fuori nella Costituzione italiana. Le masse contadine che hanno fatto la guerra partigiana insieme con noi, gli operai allora, la massa contadina… Il 65 per cento della popolazione in Italia era fatta di lavoratori della terra e sono venuti nei partigiani. Per che cosa? Per un riscatto sociale che gli era stato negato dal fascismo. Questa era la battaglia vera della guerra partigiana: cambiare il paese, cambiarlo davvero… Non quello che ci sta raccontando il pupattolo di Rignano sull’Arno, che vuol cambiare non si capisce che cosa vuole cambiare …

O si capisce fin troppo bene ..

O si capisce perfettamente quello che vuole cambiare. Vuole allineare l’Italia a quelli che sono i voleri dei JPMorgan, della Confindustria, del grande suo amico, il grande manager … monager Marchionne … Questi qua sono fuori dalla realtà. Anche la sinistra italiana è fuori dalla realtà, in questo momento. Io ho raccolto le firme nelle fabbriche in provincia di Treviso e ad un certo momento gli operai che uscivano dai turni di lavoro – turni di lavoro massacranti, con questo maledetto job acts, con queste innovazioni che hanno trovato, dopo 8 ore di lavoro sono degli stracci questa povera gente .. Praticamente venivan fuori dicendo: meno male che ci siete qua voi altri. E firmavano, e chiedevano di firmare perché volevano cambiare le cose. Ed è questo il senso di questa battaglia che dobbiamo fare. Dobbiamo, ad un certo momento, ridare spazio al grido di dolore che viene dal sociale italiano, che non ce la fa più… Hanno messo i poveri in contrapposizione uno con l’altro, hanno inventato mille formule di lavoro che ad un certo momento si avvicinano sempre più allo schiavismo. Abbiamo 400mila persone in Italia che lavorano ancora gestite dal caporalato… Roba da medioevo… Abbiamo milioni di giovani che lavorano in maniera precaria, o non hanno un posto di lavoro. Abbiamo sostituito il salario con i voucher, viva di un dio… Invece della dignità del lavoro c’è il voucher, in questo momento…

E' un quadro sociale disastrato…

Se noi non riusciamo a capire, a intercettare, quelli che sono i bisogni di questa gente, che è la maggioranza dei lavoratori italiani, del popolo italiano… Ci sono milioni di persone che non ce la fa più, che ad un certo momento, che è sostenuta magari dalla Caritas … Se vai nelle mense della Caritas ci trovi della gente che ad un certo momento aveva già risolto i suoi problemi della vita e poi è arrivata la crisi e poi è tornata nell’ambito della povertà … Se noi non riusciamo ad agganciare questa nostra battaglia, questo nostro No a questa maledetta schiforma della Costituzione, se noi non riusciamo agganciare questa nostra battaglia a quelle che sono queste esigenze sociali che vengono fuori dalla carne viva del popolo italiano, non ce la faremo. Possiamo farcela se riusciamo a portare avanti queste istanze. La gente deve capire che con il NO non è finita la nostra battaglia …

Ma comincia…

La nostra battaglia è per riprendere il cammino interrotto nel 1970, perché questa Costituzione venga finalmente attuata nel nostro paese. Questo è il punto fondamentale.

Hai praticamente già risposto ad alcune delle domande che ti volevo fare, perché appunto la manifestazione del 22 è convocata da una piattaforma per il No sociale. Non si tratta solo di una battaglia delle idee, tra diverse forme costituzionali, si tratta di interessi in carne ed ossa che riguardano le persone vere…

Esatto. Esatto. E fate bene a farlo così.

Quindi ci stai dando il tuo contributo per la riuscita di questa manifestazione …

E noi partigiani, anche se la pensan diversamente da madonna peregrina Boschi, siamo per questo tipo di battaglia, che abbiamo fatto allora e continueremo a farla ancora. Allora dicevamo: se dobbiamo morire, moriremo con le dita negli occhi dell’avversario. E questo spirito lo portiamo ancora in questo tipo di battaglia.

Soltanto per ricordare la tua figura ai nostri ascoltatori o lettori… Il comandante Eros ha agito in quale zona, durante la Resistenza?

Io ero giovanissimo, sai… Ho avuto la fortuna da giovane di vivere in una famiglia antifascista. Mio padre nel ’24, dopo l’assassinio Matteotti, è dovuto fuggire in Francia; quindi si è vissuti in famiglia a pane e antifascismo. Per cui io da giovanissimo, avevo 17 anni e mezzo, sono andato in montagna e praticamente ho operato nella zona del Cansiglio. Il Cansiglio è un bosco che è cavallo della provincia di Treviso, di Belluno e di Udine, allora, oggi è di Pordenone… Un vecchio bosco della Repubblica Veneta, in una brigata che era una delle otto brigate della divisione Garibaldi “Nino Nannetti”. Nino Nannetti era un vecchio combattente della guerra di Spagna che era caduto laggiù nella battaglia in difesa della Repubblica spagnola… Praticamente giovanissimo sono andato, poi, sai, là i compiti e i gradi te li davano i compagni con i quali combattevi…

Com'è giusto che sia…

Io sono diventato un giovane commissario politico di un battaglione di questa brigata partigiana che era nella divisione Nino Nannetti e lì praticamente ho mangiato il pane di questa nuova democrazia che doveva sorgere. Ricordo le battaglie che abbiamo fatto con i nostri quando si trattava di battersi per dare il voto alle donne … Sembrava quasi strano perché, ti dicevo, erano quasi tutti contadini…

E di quei tempi…

Come ti dicevo prima, la grande maggioranza allora era fatta da contadini l’Italia, e naturalmente si portavano dietro tutte quante le riserve della vecchia cultura contadina, dove la donna la tenevano da parte il più possibile…

Che la piasa, che la tasa, che la staga in casa”…

Esatto! Proprio “che la piasa, che la tasa, che la staga in casa”… Questa era la cultura d'allora… Quando io affrontavo il discorso del voto alle donne mi dicevano: tu Eros parli bene, però stai attento che quelle ti fregano. Come ti fregano? Perché voteranno per i preti. E dico: ma la madonna, sì d’accordo però tu parli mai con tua moglie? Parli mai con tua sorella? Cercate di parlare, perché se no, se lasciamo che siano soltanto i preti che parlano con loro è chiaro che poi finiscono a votare per i preti… Queste erano le battaglie. E poi ricordo delle cose bellissime. C’era un vecchio partigiano – io lo vedevo vecchio, sai, avevo 18 anni allora, 18 anni e mezzo… e avevo davanti a me un uomo che ne aveva 40, 45, io lo vedevo vecchio…

Terribile! Decadente proprio…

Aveva come nome di battaglia “Cacciatore”. E aveva un pallino in testa… E dire che questo era un cattolico, perché aveva fatto parte delle leghe bianche. Qua in provincia di Treviso, allora, c’erano anche le leghe bianche… e questo qua era stato bastonato dai fascisti… Mi interrompeva sempre e mi diceva: ma scusa, quando abbiamo finito e vinceremo, perché vinceremo, li ammazziamo i fascisti sì o no?

Non era il solo, credo…

Sì, ma lui aveva quest'idea fissa in testa … per cui bisognava fare la fatica di dirgli: non preoccuparti, vedrai che ci saranno i tribunali... Ma purtroppo non ci sono stati i tribunali che volevamo…

Anzi, c’è stata l’amnistia… Però, appunto, il ricordare serve proprio a ricollegare la battaglia politica di liberazione, la battaglia costituzionale, e le ragioni sociali… Che è poi la situazione che ci troviamo davanti adesso. Senza guerra, per fortuna, ma è esattamente una situazione di quel tipo.

Esatto.

Umberto, ora dobbiamo salutarci e vorremmo farlo con un augurio…

Facciamoci gli auguri reciprocamente che vada bene questa battaglia.

Deve andar bene per forza…

E ricordati sempre: dobbiamo morire con le dita negli occhi dell’avversario. Non deve vedere la nostra schiena. Mai.

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