Senza essere profeti, già dalle “anticipazioni” fornite nei trailer si poteva capire che Report avrebbe riciclato per la centesima volta i falsi e le “suggestioni” elaborate dalle “Commissioni parlamentari di inchiesta” – quelle che, a prescindere dal tema dell’inchiesta, mai hanno portato ad alcun risultato.
Un lavoro di “narrazione” che ha cucito insieme, persino maldestramente, una serie di “ipotesi” che non vanno mai oltre la domanda capziosa. Fino all’abisso di vergogna di filmare una “fonte anonima” come dispensatrice di “verità”, mascherata e con voce contraffatta, come se si rischiasse la vita… per fatti di 46 anni fa.
“Siamo oltre la manipolazione; siamo nella creazione di una realtà parallela”.
Siamo al lavoro per una critica più argomentata. A presto su queste pagine…
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Con un pressante battage pubblicitario diffuso sui social Sigfrido Ranucci e i suoi della trasmissione Report, un format d’approfondimento televisivo prodotto da RaiTre che attinge spesso al mondo opaco delle fonti riservate, propone per la prossima domenica 7 gennaio 2024 una “inchiesta sulle verità” che sarebbero rimaste fino ad oggi nascoste sul sequestro del leader democristiano Aldo Moro, avvenuto nel marzo del 1978 da parte delle Brigate rosse.
Ranucci promette grandi novità ma dai promo che annunciano la trasmissione e da quanto lui stesso ha scritto nella sua pagina Fb di nuovo sembra esserci ben poco, comprese le improponibili fake news sostenute dall’ex giudice Imposimato nella sua fase senile e che smentiscono quanto da lui stesso fatto e scritto durante l’inchiesta e nei decenni successivi:
Argomenti infinite volte analizzati, scansionati, scarnificati durante cinque inchieste giudiziarie più altre due ancora in corso, quattro processi e relativi gradi di giudizio, quattro commissioni parlamentari, infinite inchieste giornalistiche, la memorialistica dei protagonisti, una sterminata produzione bibliografica, film, opere teatrali, blog e siti internet.
Una mole gigantesca di parole, argomenti, ipotesi, suggestioni, congetture, fatti accertati e inventati, bugie, verità e menzogne, una sorta di aleph infinito e introvabile che mai è approdato a dimostrare il contrario di ciò che è realmente accaduto in quei 55 giorni e in quei diciannove anni, dal 1969 al 1988: che il sequestro fu opera delle Brigate rosse, che le Brigate rosse erano composte solo da operai, studenti, donne, giovani delle periferie urbane, meridionali migrati nel settentrione, che le lettere di Moro… erano di Moro, che la fermezza, il rifiuto della trattativa chiesta prima da Moro e poi dalla Brigate rosse fu una decisione scellerata e autolesiva delle forze politiche, Dc e Pci in primis.
Rievocare aspetti già chiariti – come i pochi nastri registrati dell’interrogatorio poi distrutti per tutelare la voce di chi faceva domande e discuteva con Moro (Moretti) e dopo pochi giorni non più utilizzati perché Moro scriveva tantissimo, senza bisogno di essere sollecitato, o la falsa informazione sulla mancata pubblicazione dell’interrogatorio, sequestrato in realtà dai carabinieri il primo ottobre 1978 in via Monte Nevoso a Milano quando ancora era in fase di editing.
Tirare in ballo l’assenza di una macchina blindata – che Moro non aveva perché non aveva in quel momento incarichi istituzionali (e che non avrebbe fermato i brigatisti) e i protocolli di sicurezza non erano aggiornati facendosi cogliere impreparati, tanto che dopo il sequestro furono vagliati in sede Nato, dando luogo ad un aggiornamento delle misure di sicurezza studiate proprio sull’esempio dell’attacco subito in via Fani (tutto ciò è documentato negli archivi resi accessibili negli ultimi anni e pubblicato anche in un libro) – è solo la prova dell’inconsistenza di una “inchiesta” che cerca il sensazionalismo senza avere dalla propria parte solide fonti.
Per non parlare delle affermazioni del povero Scotti, ex esponente di una corrente Dc da sempre contraria alla politica di Moro, suo avversario di partito, che appare ridicolo nell’evocare un Moro “antiatlantista” – proprio colui che tra i capi di governo fu uno di quelli che più di ogni altro fece uso del segreto di Stato, gli omissis, per coprire i tentativi di golpe, i dossieraggi contro gli avversari politici, le compromissioni dei servizi segreti (che sapeva maneggiare benissimo) negli anni dell’atlantismo più eversivo che volle in qualche modo coprire più che difendere, animato da un profondo conservatorismo delle istituzioni.
Richiamare il ruolo di Kissinger quando l’amministrazione Usa non era più in mano a Nixon, dopo lo scandalo Watergate, ma al democratico Carter con Vance e Brzezinski a governare la politica estera e la sicurezza.
Oppure citare “perizie dei carabinieri” (del tutto inesistenti) che smentirebbero l’esecuzione di Moro nel garage di via Montalcini, con tanto di testimone che vide il frontalino della R4, come ha fatto la Ilaria Moroni, la presidente della Fondazione Flamigni, una delle agenzie più attive nella intossicazione dei fatti e nella produzione di fake news, allorché le prove di tiro e acustiche nonché gli studi sulle macchie di sangue svolte dal Ris, su richiesta della Cm2 [seconda Commissione parlamentare di inchiesta sul sequestro, ndr], nel garage di via Montalcini, sui vestiti di Moro e sulle foto che ritraggono la Renault4, dove venne ucciso e fatto ritrovare, hanno dimostrato la piena compatibilità col racconto dei brigatisti (Moretti, Braghetti, Maccari, Gallinari).
Quel poco che abbiamo visto in questi giorni è già sufficiente per ritenere che quella di stasera, davanti alle bufale propinate da Report e ripetute da Sigfrido Ranucci, sarà una domenica bestiale.
* da Insorgenze.net
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Gianni
articolo scritto dai soliti servi del potere!
Redazione Roma
A quale articolo si riferisce?
Marco
Ho guardato ora la puntata di report ed effettivamente la ricostruzione appare un po’ fantasiosa ma anche sostenere che Moro fosse stato rapito, tenuto prigioniero e giustiziato da le Brigate rosse “composte solo da operai, studenti, donne, giovani delle periferie urbane, meridionali migrati nel settentrione” mi sembra alquanto riduttiva.
Redazione Contropiano
La verità storica non è un argomento su cui si possa dire “mi sembra”. C’è chi ha fatto un lavoro storiograficamente serio e chi ricicla per l’ennesima volta una serie di stronzate che, in 45 anni, hanno evocato molte “suggestioni”, ma non hanno mai portato da nessuna parte.
Solo merda riciclata.
Massimiliano
E’ vero che da quando la conduzione è passata dalla Gabanelli a Ranucci l’impronta del programma tenda al sensazionalismo, ma dubito che lo si scelga in funzione dell’ esaperata ricerca di visibilità a tutti i costi, come oramai da tempo accade nel mondo dell’informazione televisiva, quanto invece ritengo che ciò venga suscitato dalla caratura delle inchieste proposte, com’è ovvio che sia, dato che almeno in televisione trattare certi argomenti è ancora oggi tabù, considerando anche l’innumerevole quantità di cosiddetti “programmi di approfondimento” che affollano i palinsesti, vere e proprie estensioni televisive di tanti quotidiani padronali. Trovo che Report si distingua invece per credibilità e accuratezza informativa, anche se questo possa essere messo in discussione per sua stessa natura, dato che in un’epoca segnata dalla comunicazione più pervasiva, resa possibile dall’avere accesso da parte di chiunque abbia una semplice connessione internet, determini paradossalmente il verificarsi di ogni possibile mistificazione. Così come trovo strano che le loro fonti informative esclusive vengano per così dire “incentivate”, ne va della reputazione guadagnata sul campo in oltre venticinque anni di attività. Probabilmente sul caso Moro non hanno fatto le sconvolgenti rivelazioni che ci si aspettava, ma di certo ne hanno parlato come non farebbero nei succitati cosiddetti “programmi di approfondimento”. E questo credo basti già a fare la differenza.
Redazione Contropiano
Pura spazzatura riciclata. Il tempo di lavorarci sopra e ne vedrete delle belle.