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Report, ovvero: controllare il passato per controllare il futuro

Come prevedibile, cominciano ad arrivare contributi molto critici – diciamo così – con l’ultima puntata di Report. Stiamo ancora lavorando su un testo più “di merito”, ma intanto pubblichiamo questo intervento di taglio politico-culturale.

*****

Da tifoso di un Napoli oramai irriconoscibile rispetto a quello che vinse lo scudetto lo scorso campionato, avrei potuto liquidare il tutto con una battuta tipo: il Napoli e Report coesistono nello stesso universo parallelo all’interno di un buco quantico.

In poche parole: non esistono.

Ma la faccenda è tremendamente seria. Troppo seria per essere archiviata con una battuta di spirito.

L’operazione di disinformazione, infatti, portata avanti ieri sera da Sigfrido Ranuccicon la puntata di Report costruita intorno al cosiddetto Caso Moro – rappresenta la cifra esatta di una comunicazione artefatta, edificata da media di regime che oramai da anni, e proprio a partire dalla seconda metà dei ’70 e dal cosiddetto affaire Moro, non si accontentano più di falsificare la realtà quotidiana (vedi guerra in Ucraina e massacro del popolo palestinese ad opera dei macellai israeliani), ma pretendono piuttosto di scrivere la Storia sulla base delle proprie convenienze.

E la convenienza per il sistema capitalistico e neoliberista trionfante, che a quei media detta inesorabilmente la linea editoriale, a destra come a sinistra, è di fatto il mantenimento degli assetti economico-politici e socio-culturali.

Dunque, l’inquinamento della verità storica in tutte le sue declinazioni e in tutte le sue articolazioni.

Non dimentichiamo, d’altronde, la famosa frase orwelliana che recita: «Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato».

Or bene, la puntata di Report andata in onda ieri sera ha rappresentato l’ipostasi perfetta di quel motto.

Che per quanto riguarda gli anni ’70, verrebbe a dire la negazione retroattiva del conflitto sociale e della lotta di classe, condotta anche attraverso la lotta armata.

Una guerra civile a bassa intensità sempre negata dai vertici dello Stato, che traeva la sua inequivocabile ragione nella seconda grande ristrutturazione capitalistica dopo l’organizzazione fordista dei primi del ‘900.

Quella ristrutturazione che prendeva le mosse dalla crisi petrolifera del 1973 e dalla dollarizzazione dell’economia, con il monetarismo spinto promosso dalla Scuola di Chicago. Fino a giungere all’incipiente trionfo del neoliberismo e del Capitale unico monopolistico a struttura multinazionale.

Un insieme complesso di fattori, la cui configurazione in Italia assumeva la forma di una democrazia sostanzialmente bloccata nella sua dialettica politico-istituzionale.

Ne consegue che l’informazione e l’ideologia dominante – pur con qualche differente nuancé tra reazione e progressismo – perseguano, senza ormai contraddittorio alcuno, la cancellazione del movimento rivoluzionario e delle sue pratiche che hanno connotato l’Italia per un quindicennio: dalla fine degli anni ’60 alla prima metà degli anni ’80.

Una cancellazione de facto, che passa attraverso la perenne insinuazione che la lotta armata, e segnatamente le Brigate Rosse – l’organizzazione sicuramente più importante – fossero eterodirette e infiltrate da qualunque potere o servizio segreto straniero.

Ieri sera poi, Ranucci è arrivato persino ad annoverare gli iraniani tra i cospiratori – quelli filoamericani dello Scià attenzione, non certo quelli dell’ Ayatollah Khomeini – tanto per rimpolpare la schiera di nemici con evidente riferimento al presente.

Questo perché, ad oggi, va assolutamente scoraggiata qualsivoglia velleità rivoluzionaria che faccia palpitare il cuore delle giovani generazioni.

Lasciando intendere che chiunque possa anche solo pensare di tentare un nuovo “assalto al cielo” o è un potenziale “fanatico assassino” mosso da perversi scopi sanguinari; o inevitabilmente una pedina nelle mani di poteri occulti.

Dalla mafia alla massoneria, fino ai Servizi Segreti. Inequivocabilmente “deviati”.

Ma l’aspetto più grottesco, quasi farsesco direi della trasmissione in parola riguarda, tanto per cambiare, l’eterna motivazione addotta per sorreggere la fitta trama cospirazionista che voleva le Br al servizio di potenze straniere.

Potenze, a partire dagli Usa, che a loro avrebbero appaltato il rapimento e l’omicidio del Presidente della Dc, Aldo Moro.

Quella motivazione andrebbe pertanto individuata nella paura che il Pci entrasse al Governo e di conseguenza nella stanza dei bottoni.

Il Pci di Berlinguer! Quel Pci che da anni aveva svenduto la classe operaia, i ceti subalterni e i propri princìpi marxisti al padronato e al governismo, mediante il perseguimento del cosiddetto “compromesso storico”.

Un Pci riformista e legalitario che stava mandando in galera migliaia di compagni. Che aveva fatto sua la “politica dei sacrifici” che doveva rovesciare le conquiste sociali degli anni precedenti.

Quale paura poteva fare dunque quel Pci, che annoverava tra le sue fila uomini filo-statunitensi come Napolitano e il cui segretario, sin dal 1976, dichiarava al Corriere della Sera (Giampaolo Pansa) che si sentiva «più sicuro sotto l”ombrello della Nato» che col Patto di Varsavia?

No. Il “complottismo” serviva allora e serve ancor oggi proprio agli ex appartenenti a quel partito comunista, e ai loro lontani eredi “democratici”, per giustificare il loro asservimento all’imperialismo e alle logiche dilaganti del capitale neoliberista.

Nonché alla Dc per sotterrare le porcate, le stragi e le bombe – da Piazza Fontana a Bologna – compiute ai danni dei cittadini e per fermare l’avanzata del movimento operaio in tutte le sue articolazioni.

Ranucci si è quindi messo a completo servizio del pensiero dominante (poco variato nelle sue componenti parlamentari). Un’offesa all’idea stessa di giornalismo con un minimo di correttezza deontologica. Classificarlo poi come “di sinistra”, poi, è quasi un insulto personale.

D’altra parte la storiografia seria, l’indagine rigorosa e la verità storica sono altra faccenda rispetto alla narrazione tossica sparsa da questo mistificatore.

Volumi come “Odissea nel caso Moro” di Vladimiro Satta, che smontava già 20 anni fa tutti i supposti misteri elencati dal maggiordomo di Rai 3, ne sono un valido ed eclatante esempio.

E con esso se ne possono citare altri di libri scritti da autorevoli storici. O di giornalisti ben più seri.

Da “Storia delle Brigate Rosse” di Marco Clementi, edito da Odradek; a “Brigate Rosse: dalle fabbriche alla campagna di Primavera” di Clementi-Santalena-Persichetti, edizioni DeriveApprodi.

Dal libro-intervista “Brigate Rosse: una storia italiana” scritto da Rossana Rossanda e Carla Mosca, riportando un’intervista rilasciata a loro da Mario Moretti, edito da Mondadori; ai volumi scritti sull’argomento dal sociologo Gianremo Armeni o dal giornalista Nicola Lofoco.

Per non dire di storici anche mainstream del calibro di Giovanni Sabbatucci o Alessandro Barbero, che fanno a pezzi qualunque teoria complottarda.

Sarebbe stato quindi il caso che approfondisse, Ranucci prima di riciclare per la centesima volta lo stesso intruglio.

A dire il vero, però, dubitiamo che il conduttore di Report non conosca quegli scritti.

Piuttosto li ignora volutamente. Semplicemente perché sarebbe sconveniente citarli, decostruendo – quelle inchieste e quegli studi – l’edificio di menzogne che anche lui ha condiviso e propalato.

Un’opera in malafede, una manifestazione di servilismo in quest’epoca che deve restare senza più sogni.

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11 Commenti


  • Sergio

    rapidamente: le br erano una parte del movimento rivoluzionario in Italia; riconosciute da ampi strati del movimento, che discuteva animatamente anche della loro strategia; nel movimento rivoluzionario nessuno si sognava di denunciare alla polizia quella parte del movimento rivoluzionario, anche per non dividerlo tra buoni e cattivi…sul PCI, solo un’affermazione: questo partito non era solo berlingue o napolitano, vi erano istanze rivoluzionarie anche al suo interno, non nei vertici ma alla base certamente. Attendo con impazienza lo scritto dei compagni sull’argomento. saluti comunisti


  • Giovanni Caggiati

    “Berlinguer: il comunista più pericoloso”
    Henry Kissinger (il criminale segretario di Stato USA, pure mandante del golpe fascista in Cile contro Allende)


    • Redazione Contropiano

      Forse ti sfugge il fatto che Kissinger, nel 1978, non era più segretario di stato; che il presidente non era più Nixon e non comandavano più i repubblicani.
      Il presidente era Carter, considerato praticamente “un socialista” (esagerazioni americane, certo), e al Ministero degli esteri c’era Breszinski.
      Kissinger stava probabilmente tramando per farlo fuori, come poi avvenne due anni dopo, a cavallo della rivoluzione khomeinista e del sequestro dei dipendenti dell’ambasciata Usa a Teheran…
      Berlinguer, a quel tempo (1978) aveva già rilasciato la famosa intervista in cui asseriva di sentirsi più sicuro “sottto l’ombrello Usa”.
      Pericoloso come un gattino strabico.


  • Mario

    Vi stimo molto per il vostro quotidiano lavoro di controinformazione su temi spinosi come il conflitto ucraino, quello palestinese e le malefatte delle oligarchie euroatlantiche, ma su questo punto non riesco proprio a seguirvi. Sembrate quasi sostenere che le BR incarnassero l’autentica “via rivoluzionaria” al comunismo, al punto da vedere nelle ipotesi di infiltrazioni americane un tentativo di minarne il “prestigio”. Ma non si vede come chiamare in causa gli USA – le “forze del bene” per antonomasia nella narrazione del mainstream mediatico – per l’assassinio di Moro possa essere addirittura un atto di servilismo. Ma servilismo verso chi?


    • Redazione Contropiano

      Se ci segui dovresti aver capito che noi siamo noi, le BR sono state le BR, il potere sta da un’altra parte. Capiamo che la narrazione dietrologica di 40 anni abbia devastato la conoscenza e la coscienza, a sinistra. Ma proprio per questo non abbiamo mai accettato questa sciocchezza e abbiamo cercato la verità. Che è semplice. Le BR erano le BR e hanno fatto tutto da sole. Hanno sbagliato e perso, come tutta la nostra generazione. Bisognerebbe fare un passo avanti, dopo 46 anni, no?


  • Ta

    Certo, la ricostruzione di Report fa ridere ed è funzionale alla cancellazione storica delle lotte di quei decenni.
    La storia delle BR «eterodirette» è stata smontata enne volte e non è mai stata in piedi, ma è ovvio che la ritirino fuori di continuo: buttarla in complotto è sempre utile per non parlare della realtà.
    Se vogliamo, l’aspetto meno inverosimile (di una ricostruzione che rimane falsa) è proprio la presunta motivazione addotta: il fatto che il PCI fosse sostanzialmente inoffensivo non significa che gli USA non avrebbero fatto qualunque cosa per tenerlo fuori dal governo (come hanno fatto sempre e ovunque con qualunque partito comunista, tosto o moscio che fosse). La politica estera degli americani non ha mai brillato per raffinatezza: per loro un rosso era un rosso, punto.
    In ogni caso, qui questo non c’entra…


    • Redazione Contropiano

      Andrebbe quanto meno ricordato che nel 1978 Berlinguer aveva già dato la famosa intervista in cui dichiarava che lui e il suo partito di sentivano più al sicuro “sotto l’ombrello della Nato” (risultato del viaggio di Napolitano a Washngton).
      E che in quegli stessi anni (1976-1980) alla Casa Bianca c’era “il socialista” Carter, al Dipartimento di stato Breszinsky e Kissinger girava facendo conferenze strapagate. E magari tramava per far iciampare Carter (come avvenne poi con la “crisid egli ostaggi” a Teheran, con la Cia diretta da George Bush padre.
      Insomma, non era il Pci la preoccupazione prinncipale negli Usa.


  • Giovanni Caggiati

    Senonché già nel 1974 Kissinger aveva pesantemente ammonito Moro di guardarsi dal fare in Italia nuovi governi coi comunisti di Berlinguer (che forse erano temuti da Kissinger un tantino più delle Brigate Rosse).


    • Redazione Contropiano

      Nel ’78 Kissinger faceva il conferenziere, non il ministro degli esteri. Presidente era Carter, democratico, considerato “un socialista”. E basta colle stronzate dietrologiche!


  • Pasquale

    Forse il problema principale non era il PCI, ma il movimento rivoluzionario di cui le BR erano parte e che si poneva, anche ricorrendo alla lotta armata, l’abbattimento del capitale, andava ridimensionato. La puntata di report lascia l’amaro in bocca per il semplice motivo che si sia ricorso a tesi di complottismi e ingerenze varie e probabilmente anche al supporto di depistatori dell’affare Moro, per annichilire l’idea rivoluzionaria di allora. Alla mutazione genetica del PCI e conseguente allontanamento dal pensiero leninista, avevano lavorato molto prima con l’emarginazione da parte del gruppo riformista dei vari Secchia, Vaia, Bera che pensavano di continuare sulla strada della lotta per la liberazione ritenendo che anche la lotta armata potesse essere uno strumento politico. Forse è vero come scritto nell’articolo, che tutto possa servire per scoraggiare eventuali sogni sovversivi delle nuove generazioni. E comunque che gli USA non amino le rivoluzioni non è novità.


  • Andrea Vannini

    Chapeau a chi ha avuto il coraggio di rischiare la vita e la libertà per combattere lo stato, criminale e assassino servo del capitale e dell’ impero. Chi perde ha sempre politicamente e storicamente “torto” ma il suo onore é integro. Altro é il bilancio e il giudizio relativo a pci e cgil che hanno causato dei danni letali alla classe lavoratrice, alla sua causa e alla sua lotta.

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