E’ difficile delineare con grande chiarezza la propria natura con solo tre notizie nella stessa giornata. Ma alla famiglia Agnelli-Elkann certi miracoli riescono, specie se l’immagine che deve venir fuori è un orrore.
Qualche giorno fa Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis – la multinazionale dell’auto che riunisce ora Fiat, Maserati, Chrysler, Citroen, Peugeot, ecc) – ha chiesto seccamente al governo italiano “incentivi”, altrimenti la produzione del gruppo avrebbe lasciato molti degli stabilimenti ancora presenti in Italia.
Proprio come faceva “l’Avvocato” ai bei tempi in cui in Fiat lavoravano oltre 200.000 persone.
Il governo Meloni, in pubblico, ha fatto finta di indignarsi ma, come vedremo, si è messo a lavorare per accontentarlo senza dare spunto ai titoli sui giornali. Intanto ha inserito in manovra un miliardo per gli “ecobonus”, qualcuno direbbe “col favore delle tenebre”.
Ieri le tre notizie.
A Mirafiori l’azienda ha comunicato che dal 31 marzoterminerà la produzione del Maserati Levante, il Suv di lusso lanciato nel 2016. Numeri di vendite e di occupati non grandissimi, come è ovvio per un marchio del lusso, ma un segnale preciso a governo e sindacati: “facciamo sul serio, siamo una multinazionale e andiamo da un’altra parte, se ci conviene”.
Gli operai del primo e del secondo turno sono immediatamente entrati in sciopero dopo un’assemblea, ma è scontato che la partita si giochi soprattutto in campo politico (e qui Cgil-Cisl-Uil non toccano palla da decenni, dopo aver a suo tempo calato completamente le brache).
La seconda notizia è assai meno “muscolare”, perché se una madre – Margherita Agnelli, figlia dell’Avvocato – fa causa al figlio (John Elkann) significa che in quella famiglia volano più coltelli che fratelli.
Ma non è più neanche una dolorosa causa civile, ma una ben più scabrosa inchiesta penale. John Elkann, presidente della Fiat, della Ferrari, del gruppo editoriale Gedi nonché amministratore delegato di Exor è indagato dalla procura delle Repubblica di Torino per presunte violazioni fiscali riguardanti l’eredità di sua nonna, Marella Caracciolo, la vedova di Gianni Agnelli.
In pratica, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe manipolato il testamento del Nonno assicurando a se stesso (ai danni dei fratelli Lapo e Ginevra, nonché della madre) la quota azionaria di controllo che era appartenuta all’Avvocato.
E quindi la Guardia di Finanza ha perquisito lo studio del commercialista Gianluca Ferrero, storico consulente degli Agnelli e oggi presidente della Juventus.
Sempre le Fiamme Gialle si sono recate nello studio del notaio Remo Morone, anche lui un professionista legato alla Famiglia (ha redatto il testamento dell’Avvocato) e poi negli uffici della Fiduciaria Nomen, del gruppo Ersel, proprietà della famiglia Giubergia, che gestisce in maniera riservata e fiduciaria attività finanziarie e partecipazioni riconducibili anche agli Elkann.
Vedremo gli sviluppi, ma se questo è quello che avviene in “famiglia”, figuriamoci cosa possono combinare costoro nei confronti di dipendenti, fornitori, società italiana nel suo complesso.
La terza è stata prodotta dal ministro Urso, che per dimostrare il suo fattivo interessamento alla permanenza produttiva della Fiat nel paese ha rivelato di aver incontrato per due volte Tavares e tre volte Elkann. Il quale ultimo gli avrebbe giurato di voler raggiungere l’obiettivo produttivo in Italia di un milione di veicoli. Si è visto subito a Mirafiori con la Maserati, no?
Non pago, Urso ha riferito che la promessa è avvenuta in Francia, “quando hanno inaugurato la prima gigafactory. Mi aspetto che presto sia realizzata anche nel nostro Paese“. Ma ne ha parlato soltanto lui, nessuno di Stellantis. Qualche sospetto che sia una balla… viene.
Anche perché lo stesso Urso ha confermato indirettamente che gli incentivi chiesti da Tavares sono già quasi pronti: “Il piano straordinario per sostenere l’acquisto di auto sarà attuato a breve, prevede quasi un miliardo e ora è alla concertazione con gli altri ministri. Dal prossimo anno gli incentivi non saranno più al consumo ma alla produzione per incentivare chi voglia produrre nel nostro Paese sia auto che componentistica“.
Diciamo ancora più chiaramente: fin qui, quando si parlava di incentivi alla rottamazione, i soldi venivano destinati agli acquirenti di un’auto nuova (il che ovviamente era un vantaggio per tutte le case automobilistiche, che potevano vendere di più).
Il governo che dice di star “litigando con la Fiat”, invece, ha deciso di dare quei soldi direttamente all’azienda. Senza alcuna seria garanzia produttiva e occupazionale. Così, per marcare la propria “incazzatura”, no?
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Benigno Marincola
possibile che chiunque. va al governo non riesce a farsi rispettare e cede ogni volta ai ricatti degli agnelli . Non basta avergli regalato l alfa Romeo ,( governo Prodi) .Il governo Meloni ci sta cadendo nello stesso. gioco (ricatti utilizzando i lavoratori).Promesse non mantenute allora figurati adesso che sono uniti ai francesi,
Mario
Stellantis o Fiat,sono solo esempi,molte aziende e addirittura interi comparti produttivi hanno e usufruiscono di sovvenzioni,agevolazioni fiscali,addirittura leggi scritte su misura per difendere gli interessi di pochi,con i soldi di tutti anche di quegli stessi operai che lavorano per queste aziende,e qui il cerchio si chiude….ora è l’operaio che con le sue tasse paga l’imprenditore che lo Salaria…..e educatamente dovrebbe ringraziarlo perché lo fa’lavorare di questi tempi è un lusso…….siamo arrivati alla frutta……W l’Italia!
Angelo De Marco
per la precisione a un precedente commento l’ Alfa Romeo non fu ceduta da nessun governo Prodi, ma la cessione alla Fiat avvenne nel 1986 quando Prodi era presidente dell’IRI e quindi proprietario dell’ Alfa e nella competizione con la Ford favorì la Fiat