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“Il tempo, il campo di battaglia da attraversare”

La prima volta che ci siamo incontrati eravamo in lutto. Eravamo a Genova, era il 1980, era passato da poco il 28 marzo, la strage di via Fracchia. La macchina repressiva setacciava quella che la stampa definiva la «capitale delle Br» , la setacciava senza sosta. Ci cercavano. Li avevamo addosso.

Dopo qualche mese quella che era stata la «colonna imprendibile» fu quasi tutta imprigionata. Annientata. Quattro compagni falciati a freddo e finiti con un colpo alla nuca, il nostro avvocato, Edoardo Arnaldi, che sceglie la libertà del suicidio piuttosto di offrire le mani alle manette.

Ci ritrovammo in pochi. Siamo stanchi, siamo tesi e siamo anche pieni di tristezza, di dolore. Siamo nel mezzo di un crollo verticale e non è mai semplice gestire una tale sconfitta. É però responsabilità. Insieme, abbiamo fatto fronte. Poi, le nostre strade si sono divise, e anche le Brigate Rosse stavano, purtroppo, per dividersi.

Ho scelto l’esilio. Mi sono ritrovato a Parigi, mentre tu continuavi la guerriglia. L’Italia viveva sotto una cappa di terrore di Stato. La tenaglia feroce e implacabile della repressione, capillare, si era chiusa, spezzare, soffocare per sempre ogni traccia di quel vasto movimento sociale, ammutinamento di massa, che per più di un decennio aveva percorso il Paese.

Dentro la sua logica di guerra, nulla si vietava lo Stato. Anche la tortura divenne sistematica, mentre gli arresti erano valanghe. Malgrado tutto, tu non abbandonavi. Niente. E quando, anni dopo, ti chiesi, ma alla fine, tu, che cosa immaginavi ancora? La tua risposta fu precisa «Quello che so è che non potevo andarmene e che dovevo condividere il mio destino con quello dei miei compagni». Non abbandonare mai nessuno e non tradire mai se stessi. Bellissima!

Poi fu la prigione. E poi ti vidi anche in televisione. Eravamo attenti, a Parigi, dove Oreste, il visionario, aveva già pronunciato una parola: «amnistia!», forse la sola strada ormai praticabile per una battaglia di libertà. Vederti apparire con Mario e Renato. Ritrovarsi alla ricerca di una soluzione politica. Ritrovarsi. Senza mai essersi però veramente persi.

La battaglia per l’amnistia la volevamo come una spinta dal basso e non come semplice norma istituzionale, ma questa battaglia non ebbe però mai luogo. Fu la dissociazione, ancora una legge premiale, che divenne proprio istituzione.

L’abiura e il tradimento, la delazione, erano ormai le nuove norme etiche dentro a un Paese di pentiti e penitenti. Quanto alla libertà… restò solo una parola per chi non si lasciò corrompere nel vasto mercato dell’indulgenza. Lo Stato aveva vinto. Leggi che scioccano la coscienza, e repressione brutale.

Una vittoria che fu però solo militare. Politicamente era difficile per i governanti che avevano «sconfitto il terrorismo» di attribuirsene trofeo; arrivava il terremoto di “mani pulite” e li mostrò tutti come un immenso monumento di corruzione.

Ancora più difficile per un ceto politico così squalificato di disporre della forza morale necessaria per affrontare e voltare la pagina di quella che, addirittura in un pulpito istituzionale, fu definita «guerra civile» seppur di «bassa intensità».

Sepolta l’amnistia, fu dunque solo nel 2011 che ritrovasti la tua piena libertà. E la prima cosa, il primo viaggio che facesti, aveva una meta precisa. Parigi. Abbracciare le compagne e i compagni esiliati. Non dimenticare mai nessuno. Emozione. Rivedersi, annientare il tempo e sentirti dire « ma hai sempre l’accento genovese». Che bello vedere emergere, nel bistrot di Maurizio, quella piccola comunità di rifugiati e che hanno piacere di raccogliersi intorno a te. Appartenenza.

Nel frattempo eri riuscita a evadere tutta da sola dallo stretto perimetro delle mura asfissianti di un carcere speciale, dove anche l’immagine della luna si disegnava di notte come un puzzle, segmentato dall’onnipresenza delle sbarre. Eri riuscita a evadere attraverso la scrittura che negli anni diventava sempre più epurata, essenziale, densa.

Certe pagine sono una danza fra poesia e pensiero. Visione del mondo. Filosofia. Una riflessione continua, una critica del tempo, un’osservatrice capace di minuziosa attenzione nell’afferrare impercettibili dettagli. Ma spesso essenziali. Critica radicale di una società assolutamente mercificata e schiacciata dall’ossessionate e sempre più asfissiante controllo tecnico-scientifico sulle popolazioni, ridotte ormai a soli dati numerici da sfruttare e monitorizzare.

E ancora pensiero e che si muove e con assenza di paura e si rimette invece sempre in gioco, con coraggio, in una rincorsa che cerca di risalire, di scalare i granelli di sabbia che scendono a pioggia dalla clessidra per riuscire a raggiungere ancora… un respiro.

E ripartire: “Il tempo. Il campo di battaglia da attraversare. Nel suo spessore, verso l’origine, fino a fare luce su l’opacità che impedisce di vedere e riconoscere. Rialzarsi e andargli incontro, in profondità, con occhi nuovi e nuovo perdersi. Fin dove è necessario per trovare il punto di oblio delle radici da cui ripartire.

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6 Commenti


  • Andrea vannini

    Bellissimo intervento


  • salvatore

    dedico l’intervento alle spie del pci-pds-ds-pd …….., e a chi sta linciando la Di Cesare


  • Mara

    Bellissimo necrologio per chi ha dedicato tutta la sua vita e. combattuto per un mondo migliore


  • Maurizio

    Quando leggo questi post mi sembra di vivere un film, purtroppo anche questo finirà sotto la mannaia del mainstream.


  • salvatore drago

    Ricordo, Barbara il tuo viaggio in Sardegna non era il primo. Ricordo l’accoglienza che ti fu fatta dal Cagliari Social Forum nell’ascoltarti, ascoltare alcuni brani del tuo libro “Compagna Luna” letti magistralmente dalla cara ed indimenticabile Mariolina e non dimentico perfino i perfidi apprezzamenti di alcuni “compagni”.
    Non riesco a scordare le parole pronunciate da Angela che dopo averti conosciuta ha pronunciato: “Che bella persona. Che bella Compagna”.
    “E’ stato veramente un piacere averti ospite in casa nostra”.
    Addio Barbara, tu “l’assalto al cielo” lo hai raggiunto spero che tanti altri lo facciano.


  • salvatore drago

    Ricordo ancora il tuo affettuoso abbraccio all’aeroporto di Elmas e le tue parole ” Ci rivedremo perchè ho tanto da raccontanrti su una tua conoscenza che hai per “amica” su Face book. Non ci siamo rivisti ma quelle tue parole mi hanno fatto risalire l’odio profondo che avevo cominciato a nutire verso quella infame., La terra ti sarà lieve Barbara.”

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