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La coscienza umana deve star fuori dall’università?

«L’Università di Milano-Bicocca dialoga con istituzioni scientifiche israeliane e palestinesi ritenendo prioritario mantenere i rapporti con il mondo scientifico e accademico, utilizzando lo strumento della diplomazia scientifica quale sostegno al processo di pace, anche partendo dalle collaborazioni con i colleghi e le colleghe israeliani e palestinesi.

Ma il punto è di principio: con questa mozione vogliamo ribadire in modo esplicito che il ruolo delle università deve essere costruttivo. Dobbiamo restare un luogo di libertà e di indipendenza, che rifugge dalle polarizzazioni. Questa è la nostra responsabilità.

Le polarizzazioni portano a semplificazioni che non aiutano il dialogo. Le università invece hanno un ruolo anche nei Paesi in guerra e, per il dopo guerra, la diplomazia della scienza è fondamentale. Chiederci di fare altro non ci appartiene».

Parola della professoressa Giovanna Iannantuoni, economista, docente e rettrice dell’Università Bicocca di Milano, da novembre alla guida della Crui (Conferenza dei rettori), peraltro perfettamente in linea col frasario della ministra Bernini, di altri rettori (non tutti, per fortuna), del governo e della sedicente opposizione parlamentare.

La professoressa Iannatuoni risponde così negativamente, in una intervista al Corriere della Sera, alla richiesta degli studenti di Cambiare Rotta e altri collettivi in tutta Italia di interrompere le relazioni con le università israeliane a proposito di progetti di ricerca dual use – civile e militare – che potrebbero in prospettiva aggravare il genocidio del popolo palestinese (sia a Gaza che in Cisgiordania).

La Iannantuoni è stata eletta rettrice della Bicocca nel 2019, dunque certamente ha avuto un ruolo – come protagonista o spettatrice passiva, quantomeno complice – nella grottesca vicenda del corso su Dostojevski annullato dalla sua università dopo l’inizio della guerra in Ucraina.

Il corso – appena quattro lezioni – doveva esser tenuto dal prof. Paolo Nori, che all’ultimo minuto si era visto arrivare una mail dell’ateneo. Tutto cancellato con parole opposte a quelle usate oggi a proposito di Israele: lo scopo dello stop era «quello di evitare ogni forma di polemica soprattutto interna in quanto momento di forte tensione».

Una dichiarazione di vigliaccheria e allineamento attivo al furore anti-russo che in quei giorni spirava direttamente dai governi occidentali, e che arrivò a imporre l’annullamento di concerti – famosi quello del celebre soprano Anna Netrebko, ad Arezzo, e della pianista Valentina Lisitsa, addirittura ucraina ma critica con la giunta nazigolpista di Kiev – proiezioni di film, corsi di lingua, ecc.

Da parte nostra corre l’obbligo di far notare come tutte quelle censure – universitarie e non – fossero indirizzate verso corsi o iniziative puramente culturali, di nessun contenuto ideologico o propagandistico (accostare Dostojevski a Putin richiede un qualche sprezzo del ridicolo…). Tantomeno a programmi di ricerca militare, sia pure “per incidente”.

Ossia quelli con Israele, contestati in questi giorni dagli studenti.

E sfugge sinceramente il “quadro di valori etico-morali” che consentirebbe la ricerca militare con i macellai di Tel Aviv, ma sconsiglierebbe la lettura de I demoni.

E’ chiarissimo che l’unico criterio è quello dell’appartenenza geopolitica. Israele è la testa di ponte militare dell’Occidente neoliberista in Medio Oriente. Quindi si può e si deve chiudere un occhio e parlare dei “ponti tra culture” che le università, in genere e giustamente, rappresentano.

La Russia è invece uno dei “nemici esistenziali” di questo stesso Occidente e dunque nulla che venga di lì deve passare tra le maglie della censura. Neanche i letterati morti da 150 anni…

Tra l’altro, come abbiamo documentato ieri sul nostro giornale, il Ministero e molte università hanno interrotto ogni collaborazione con le università e istituzioni culturali russe in meno di un mese dall’intervento militare russo in Ucraina. Nel caso di Israele sono passati già sei mesi dall’inizio del mattatoio a Gaza. Un doppio standard politico e morale del tutto inaccettabile.

 Forse bisognerebbe farle sapere che le università palestinesi sono state tutte bombardate (a Gaza, certamente) o quotidianamente rastrellate dall’esercito (e dalle milizie paramilitari dei coloni illegali) in Cisgiordania.

E che persino quei (pochi) docenti palestinesi tollerati nelle università israeliane stanno venendo cacciati soltanto perché… palestinesi.

Ma forse stiamo chiedendo troppo alla coscienza di questa prof. E dell’intera classe dirigente italica…

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1 Commento


  • Antonio

    Vi è un quesito molto semplice per smascherare questi cialtroni accademici:
    E se si fosse trattato del Stato nazista (1933-1945) quale sarebbe la posizioni di questi Accademici Sgnori? Quali le dichiarazioni?
    Orbene, con i metodi comparativi dell’analisi scientifica, è possibile affermare che lo Stato ebraico-sionista (1948-2024) è di gran peggiore dello Stato nazista, che fu al potere in Germania per un periodo assai più breve e durante i qualii ebbe sostanziali rapporti con l sionismo: è ricerca storica documentata e documentabile, su cui possono essere fatte normali ricerche accademiche, magari chiedendo documentazone allo Stato di Israele…

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