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Nuove linee guida per l’educazione civica: non si parla di affettività e sessualità, ma di “impresa” e “patria”

Il ministero dell’Istruzione ha divulgato le nuove linee guida per l’educazione civica obbligatoria a scuola, che saranno in vigore dal prossimo anno scolastico 2024/2025.

È stato inviato il documento al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) in attesa di approvazione. L’educazione civica attuale, introdotta nel 2019, comprende 33 ore per anno scolastico (trasversali a più materie), e dovrebbe ruotare intorno a tre nuclei tematici principali: costituzione, sviluppo sostenibile, e cittadinanza digitale.

Le Nuove Linee Guida promuovono l’educazione al rispetto della persona umana e dei suoi diritti fondamentali” dice Valditara. La destra però continua a non considerare la sessualità e l’affettività come diritto umano fondamentale, in contrapposizione anche con organi internazionali come ONU e OMS.

L’educazione sessuale rientra anche nei 17 obiettivi di sostenibilità 2030 dell’ONU, programma di azione che ha condizionato moltissimi progetti di educazione civica finora.

Tuttora, nonostante i continui casi di cronaca di femminicidi e violenze sessuali, il governo preferisce dare la priorità a tematiche quali patria e impresa privata. Un vago punto, per “rafforzare e promuovere la cultura del rispetto verso la donna”, non fornisce ulteriori precisazioni in merito.

Il governo si conferma di nuovo come uno specchio rotto di una società ignorata, sfruttata e schernita.

Confrontandoci con l’Europa, siamo tra i 7 paesi (tra cui Romania, Cipro, Polonia, Bulgaria) che non hanno ancora introdotto l’obbligo di educazione sessuale nelle scuole.

L’Italia continua quindi a posizionarsi nelle ultime file per quello che riguarda i diritti sociali e civili delle persone, soprattutto quelle più emarginate che beneficerebbero di un provvedimento in merito. Le stesse persone che soffrono maggiormente una scuola sempre meno accessibile ed emancipatoria, un mondo della formazione che riflette una società basata su disuguaglianze, discriminazioni e violenza.

Iniziare a parlare di affettività e sessualità durante i percorsi di educazione civica, anche se è solo un primo passo ancora del tutto insufficiente, sarebbe stato doveroso e imprescindibile vista la situazione attuale in cui versa il nostro paese.

Lo abbiamo sempre detto e lo ribadiamo: vogliamo educazione alla sessualità inserita in maniera programmatica nei percorsi scolastici di tutte le scuole, di qualsiasi ordine e grado. Rifiutando un approccio giustizialista e reazionario come quello del governo, parlando invece di diritti, società, abbattimento di stereotipi e ruoli di genere, servizi e di un approccio sano ma libero alla sessualità per il bene della collettività.

Non mancano i dati per confermare che l’educazione sessuale comprensiva insegnata a scuola riduce i casi di gravidanze indesiderate, infezioni sessualmente trasmissibili, incidenze di bullismo e cyberbullismo, e aumenti dall’altra parte benessere tra le studentesse e gli studenti.

Studentesse e studenti che, da anni, rivendicano questo diritto tramite mobilitazioni, occupazioni e corsi autogestiti durante le co-gestioni, ai quali abbiamo preso parte nell’ultimo anno scolastico anche come Donne De Borgata.

Secondo lo Studio Nazionale Fertilità del 2019, il 94% degli studenti ritiene che debba essere la scuola a fornire l’educazione sessuale e negli ultimi anni questa necessità è solo che aumentata.

Cosa possiamo fare? Se il governo continua a plasmare la formazione pubblica per ciò che serve alle aziende, agli imprenditori e alle imprenditrici, trasmettendo valori dannosi basati sull’individualismo, la competitività e la proprietà, come Donne De Borgata rispondiamo prendendoci gli spazi di controcultura che cercano di negarci nelle scuole.

Con lotta, confronto e unione tra studentesse e studenti, corpo docente e scolastico, personale dei consultori, giovani, professioniste e professionisti, vogliamo mettere a disposizione per chiunque strumenti che diano consapevolezza e ci aiutino ad autodifenderci da ogni forma di violenza, dal momento che le istituzioni non lo fanno.

Non ci fermiamo qui: la nostra azione nelle scuole e la costruzione di momenti e progetti di educazione alla sessualità sono inserite in un percorso più ampio che mette in discussione una società profondamente diseguale, necessario anche per poter solo pensare ad una reale liberazione sessuale.

Un percorso che va contro un governo che, in linea con i precedenti, chiude i consultori e ci fa entrare i “ProVita” in quei pochi rimasti; non investe in centri antiviolenza e in sportelli psicologici ma in armi e bombe; ci nega tutele e diritti nelle scuole e sui posti di lavoro, servizi gratuiti e vita dignitosa nei quartieri; che ci impoverisce e contemporaneamente aumenta le pene e fa nuovi decreti carcere.

Un governo che continua a negarci un’educazione alla sessualità a pochi giorni dall’ennesimo femminicidio.

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