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Ddl 1660 la legge speciale per aumentare la repressione

E’ iniziata ieri la discussione sul ddl 1660. Una ulteriore svolta autoritaria e salto di qualità della repressione. Il governo Meloni mostra il suo spirito vero. Che è fascista!

Ieri alla Camera si è aperta la discussione sul ddl 1660 sulla sicurezza a firma dei ministri Nordio, Piantedosi e Crosetto  per aumentare il potere di repressione dello Stato. Si tratta di una vera e propria svolta autoritaria, in contrasto evidente con ogni principio liberale e garantista.

Un Ddl sicurezza, che fin dall’esame nelle commissioni affari costituzionali e giustizia è diventato un contenitore delle campagne panpenalistiche (vi sono tredici nuove fattispecie di reato e aggravanti) ed emergenziali della destra: dalla cannabis alle occupazioni abitative passando per gli allarmi sui migranti, il cosiddetto «decoro urbano», la stretta (ennesima anche questa) contro chi si mobilita per fermare le grandi opere, fino al reato di rivolta in carcere.

L’Osce (cioè l’Organizzazione per la sicurezza in Europa), alla quale aderiscono i governi di 57 paesi, ha giudicato con grande preoccupazione questo colpo di mano. In un documento ufficiale l’Osce ha scritto così: La maggior parte di queste disposizioni ha il potenziale di minare i principi fondamentali della giustizia penale e dello Stato di diritto.

Questo disegno di legge da stato di polizia trova le sue radici nella tendenza sempre più marcata alla corsa al riarmo in un quadro internazionale in cui stanno maturando le premesse di una apocalittica guerra. Una guerra esterna-interna che determina un’ economia di guerra, sfruttamento, carovita, smantellamento dei servizi sociali per aumentare le spese militari.

Una tendenza che non nasce certo oggi con il governo Meloni, ma ha una serie di precedenti negativi, ad esempio nel decreto Renzi-Lupi, nel Decreto Minniti, nei Decreti Salvini fino all’ultimo Decreto Caivano.

Con l’acuirsi del processo di crisi dell’intero sistema sociale capitalistico, cresce, e non solo in Italia, il ricorso dei governi e degli stati alla repressione delle lotte, con un impegno particolare a dotarsi di strumenti capaci di prevenire l’esplosione dei conflitti di classe e sociali.

Questi gli articoli salienti del disegno di legge:

Art. 1 – Introduce i nuovi reati, puniti con pene fino a 6 anni, di detenzione e/o diffusione di materiale inerente la preparazione o l’uso di armi e sostanze pericolose utilizzabili per non meglio precisate finalità di terrorismo, anche internazionale.

Art. 7 – Prevede la revoca della cittadinanza italiana, entro 10 anni dalla sentenza definitiva, contro il cittadino condannato per terrorismo o eversione.

Art. 8 – Introduce nel codice penale il nuovo art. 634 bis, che punisce il reato di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui con la pena da 2 a 7 anni di reclusione sia per l’occupante sia per chi coopera con esso. La norma si aggiunge a quella prevista dall’art. 633 c.p., che punisce la occupazione abusiva di immobile, con la reclusione da 2 a 4 anni. Inoltre, viene introdotto nel codice di procedura penale il nuovo art. 321 bis, che dà alla polizia il potere di sgomberare immediatamente l’immobile occupato.

Art. 10 – Introduce il potere del questore di disporre contro il cittadino l’allontanamento da una determinata area urbana fino a 48 ore. Si può quindi immaginare l’uso che ne verrà fatto prima di manifestazioni e cortei sindacali e politici. Allarga i casi di emanazione del DASPO urbano fino a prevedere il DASPO giudiziario, disposto dal giudice quale condizione per la concessione della sospensione condizionale della pena.

Art. 11 – Ripristina la sanzione penale e non più amministrativa per il reato di blocco stradale. Introduce l’aggravamento della pena da 6 mesi a 2 anni a carico di coloro che effettuano un blocco stradale o ferroviario con il proprio corpo e con più persone riunite. E’ il manganello giudiziario per farla finita con scioperi operai e manifestazioni non autorizzate.

Art. 12 e 13 – Sono norme mirate contro i Rom. Il primo abolisce l’obbligo per il giudice di rinviare la pena se la condannata è incinta o madre di un bimbo di età inferiore ad un anno, sicchè madre e figlio potranno finire in carcere a discrezione del magistrato. Il secondo punisce, con pene aggravate, non solo chi organizza l’accattonaggio, ma anche chi induca terzi a farlo.

Art. 14 – Introduce l’aumento di un terzo della pena prevista per i reati di violenza, minaccia, resistenza a pubblico ufficiale (già prevista da 6 mesi a 5 anni), se il fatto è commesso contro un ufficiale o agente di polizia, vietando al giudice di considerare prevalenti le circostanze attenuanti rispetto a tale nuova aggravante.

Art. 15 – Prevede che si proceda d’ufficio – e non più su querela di parte – nel caso di lesioni personali lievi o lievissime a danno di ufficiali o agenti di polizia in servizio, punite con pena da 2 a 5 anni.

Art. 20 – Autorizza ufficiali e agenti di polizia a portare armi senza licenza, anche quando non sono in servizio.

Queste tre norme corazzano e scudano l’azione violenta in servizio e l’eventuale uso di armi fuori servizio da parte di 300.000 ufficiali e agenti di polizia (provenienti da Polizia, Carabinieri, Finanza, Polizia Locale) contro i cittadini.

Art. 18 e Art. 25 – L’art. 18 introduce: a) la nuova aggravante del reato di istigazione a disobbedire alle leggi (art. 415 c.p., che prevede una pena fino 5 anni), se viene commesso all’interno di un carcere dai detenuti o anche mediante comunicazioni dirette a persone detenute; b) il nuovo art. 415 bis c.p., che punisce con la reclusione fino ad 8 anni “chiunque, all’interno di un istituto penitenziario, promuova, organizzi o diriga una sommossa con atti di violenza o minaccia, di resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini o con tentativi di evasione, commessi congiuntamente da tre o più persone”. Le pene possono essere aumentate, in determinati casi (lesioni personali, uso di armi, ecc.) fino a 20 anni. L’art. 25 completa le suddette norme con la previsione dell’esclusione dei detenuti istigatori o ribelli (anche passivi!) dai benefici penitenziari, equiparandoli a mafiosi e terroristi.

Art. 19 – Applica quanto previsto dall’art. 18 per i detenuti in carcere contro i migranti ristretti nei CPR, confermandone la natura carceraria.

Questa normativa annulla qualsiasi diritto dei detenuti e li annichilisce ad esseri senza dignità, sottoposti all’imperio e arbitrio assoluti e al ricatto permanente del personale penitenziario.

Art. 23 – Il governo Renzi aveva già concesso, con il decreto-legge n.7/2015, ai funzionari e agenti dei servizi segreti, infiltrati in associazioni terroristiche o eversive, l’immunità penale nel caso di compimento di reati associativi per finalità di terrorismo. La norma, che era transitoria e più volte prorogata, diventa ora permanente e prevede l’estensione dell’immunità penale per la direzione ed organizzazione di associazioni terroristiche, anche internazionali, ed eversive dell’ordine democratico, nonché nel caso di fabbricazione o detenzione di ordigni o di materiale con finalità di terrorismo. Si passa così dalla figura dell’agente infiltrato a quella dell’agente provocatore, o – peggio ancora – dell’organizzatore di attentati e stragi.

Inoltre parifica la cannabis light a quella non light, vietando quindi la coltivazione e il commercio di infiorescenze anche di cannabis con thc inferiore allo 0.2 per cento. Una possibilità che avrebbe gravissime ricadute su tute le imprese del settore.

Un ddl che meriterebbe una forte opposizione parlamentare e sociale. Ma purtroppo dobbiamo constatare una opposizione in parlamento molto light e il silenzio di tomba dei sindacati confederali.

* da Osservatorio Repressione

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