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Non in nostro nome. Donne contro la guerra

Negli ultimi giorni ha iniziato a circolare la notizia di Ahou Daryaie, una giovane iraniana che si è tolta i vestiti restando in biancheria intima nel cortile della sua università in Iran.

Le notizie sono ancora incerte ma la maggior parte degli articoli online lo descrivono come un gesto di protesta a seguito di un’aggressione della polizia a causa del modo in cui portava il velo, mentre altri riportano, come affermato dall’Università, che la ragazza possa avere disagi di natura psicologica.

Indipendentemente dalle motivazioni che l’hanno spinta a compiere questo gesto (che in nessun caso, ci sembra ovvio, legittima una possibile repressione sulla ragazza) quello su cui vogliamo soffermarci è l’utilizzo strumentale di questa notizia in questo momento storico.

Ci troviamo, infatti, di nuovo a fare i conti con un tentativo di strumentalizzazione delle donne da parte dei media occidentali nella “battaglia di civiltà” nei confronti dei paesi musulmani e, in particolare, dell’Iran.

Un paese sempre più “scomodo” alle potenze occidentali, considerando le crescenti tensioni tra Iran e Israele e il contesto di escalation bellica in Medio Oriente causato dalle aggressioni israeliane.

In questo senso, il pompaggio mediatico di notizie del genere da parte dei media occidentali è perfettamente funzionale a continuare a difendere Israele a spada tratta, a distrarre dal fatto che sta portando avanti indisturbato una guerra sempre più ampia e a mantenere il silenzio sul genocidio in Palestina e sui bombardamenti e l’invasione in Libano (sui quali, invece, ben poche immagini e notizie sono state diffuse).

Non è la prima volta che come Donne De Borgata sottolineiamo che le donne e le libere soggettività spesso sono usate come mezzo di legittimazione delle guerre da parte dell’Occidente.

Lo scorso febbraio, con l’appello “Non in nostro nome”, denunciavamo la strumentalizzazione delle donne per giustificare il genocidio in Palestina da parte dello stato sionista e coloniale di Israele, definito come paese all’avanguardia sui diritti delle persone lgbtqia+ e delle donne.

A distanza di pochi mesi, nonostante ormai siano chiare a tutti la natura e le intenzioni di Israele (e le reazioni sull’attacco all’UNIFIL sono emblematiche), ci troviamo nuovamente davanti a una strumentalizzazione delle donne, stavolta per giustificare e avallare l’allargamento della guerra in Medio Oriente.

Ancora una volta ci troviamo a ribadire, quindi, “non in nostro nome”! Non userete le donne per coprire le vostre mani sporche di sangue!

Per questo motivo ci troverete questo sabato, 9 novembre, alle ore 14 al Nuovo Cinema Aquila, per l’assemblea nazionale verso la manifestazione nazionale: fermiamo il genocidio, fermiamo l’escalation in Medio Oriente, con la resistenza palestinese!

Donne de Borgata contro la guerra

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3 Commenti


  • Giorgino

    pur che mai questa ragazza debba essere repressa dalle autorità iraniane, ma che valore emancipativo può avere un atto del tutto individuale e che sembra fatto a posta per interessare i circuiti mediatici, neanche scintilla per ulteriori disobbedienze tanto e individuale


  • Oigroig

    È giusto denunciare la strumentalizzazione di un gesto di rivolta, ma il commento qui sopra va ben oltre e critica il semplice fatto che sia un “atto individuale”. Tutti i movimenti collettivi sono composti di atti individuali e questi atti ci interrogano e ci dicono chi siamo noi che pretendiamo di giudicarli…


    • Redazione Contropiano

      i movimenti collettivi sono una cosa seria, non una sommatoria di individualità…

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