Pochi giorni fa è stata inaugurata alla Galleria Nazionale di Arte Moderna la mostra “Il Tempo del Futurismo”, un percorso espositivo sull’avanguardia futurista fortemente voluto dal Governo e dall’ex ministro della cultura Sangiuliano, tanto da essere un momento di punta del programma elettorale, annunciato a pochi giorni dal suo insediamento già nel 2022.
I milioni che il Governo ha speso per questa esibizione, mentre taglia i fondi alle spese sociali e al diritto allo studio aumentando le spese militari, rivelano l’obiettivo di questa mostra. Un obiettivo tutto politico di propaganda, di usare e strumentalizzare l’arte per divulgare e rafforzare i valori Occidentali che oggi coincidono nel sostegno incondizionato alla brutalità della guerra.
La mostra stessa fin nei suoi minimi particolari è stata organizzata direttamente dall’attuale Ministro della Cultura: un procedimento insolito a livello curatoriale, che ha visto non pochi scandali.
Il travagliato periodo di progettazione infatti ha visto scatenarsi una bufera mediatica scaturita dalle controversie sui prestiti delle opere e sui curatori: molte sono state infatti le proteste di studiosi e tecnici.
Dall’improvvisa “smaterializzazione” del comitato scientifico che era stato chiamato senza essere contrattualizzato e avrebbe dovuto partecipare alla costruzione del progetto come da prassi, ma che è stato in un secondo momento burocraticamente cancellato sotto pressione direttamente del governo, fino alle controversie sulla statua di Boccioni “Forme uniche della continuità nello spazio” (esposto con un’altra didascalia).
Una mostra quindi che fin dalla sua ideazione, progettazione e scelta di opere ha visto il governo intervenire pesantemente, facendola diventare un punto del proprio programma politico, sgualcendo ogni prassi scientifica e culturale di allestimento.
Un’ennesima riprova di quanto anche il mondo artistico e culturale, sotto gli interessi di questa classe dominante, subisca un generale imbarbarimento, andando a calpestare decenni di studi su allestimento e curatorela.
Ma non solo.
Nella sua realizzazione, gli obiettivi del ministero sono stati molto chiari: affrontare il periodo futurista tramite l’esaltazione del mito della tecnica e della tecnologia (tanto cari al movimento).
Ricordiamo come il futurismo e queste tematiche fondanti siano state usate all’interno del ventennio fascista per sostenere prima le politiche interventiste, e poi direttamente il regime, attraverso il mito della tecnica e della guerra: ci appare così evidente il tentativo da parte del governo di riproporre questo schema. Sfruttare la mostra a sostegno della propria politica bellicista, proisraele e reazionaria, elogiando la guerra e “l’eccellenza italiana” in campo militare della prima metà del ‘900.
Notiamo quindi come la mostra sia stata realizzata con come primo scopo il sostegno ideologico alle politiche che porta avanti questo governo: una vera e propria propaganda bellicista che esalta l’investimento tecnologico nel settore militare, e l’interventismo militare, così come una fantomatica supremazia italiana.
Noi studenti AFAM non possiamo accettare che questo governo faccia propaganda strumentalizzando l’arte e la sua storia, ponendo dei veri e propri processi di controllo negli iter culturali, che si vanti di un’eccellenza che non gli appartiene. Non possiamo accettare che l’arte diventi uno strumento nelle mani del governo.
Inoltre, mentre il governo sceglie di investire cifre esorbitanti per mostre del genere, taglia milioni di euro ai fondi delle accademie d’arte e al diritto allo studio di noi artisti e musicisti, dimostrando che l’arte e la cultura meritano investimenti solo quando utili agli interessi della nostra classe politica.
Abbiamo davanti ai nostri occhi la dimostrazione che l’arte è uno strumento politico, ma che può e deve prendere posizione dalla parte giusta della storia: dalla parte di chi si schiera contro le politiche belliciste e contro il genocidio, dalla parte dei lavoratori della cultura, degli insegnanti e degli studenti che difenderanno in piazza, durante lo sciopero generale del 13 dicembre, il proprio diritto allo studio artistico di cui con tagli e riforme ci stanno privando.
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