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La Ue in ordine sparso su spese militari e rapporti con gli USA

Ieri a Bruxelles c’è stata una riunione “informale” del Consiglio Europeo, ovvero l’organismo della UE che comprende i capi di stato e di governo dei 27 paesi membri.

La riunione era incentrata sulla Difesa e la necessità per i governi nazionali di aumentare le spese militari, di cui si va discutendo ormai da tempo. Emblematicamente alla riunione hanno partecipato anche soggetti “esterni” come il primo ministro britannico Keir Starmer e il segretario generale della NATO, Mark Rutte.

Si stima che nel 2024 i paesi dell’Unione Europea abbiano speso complessivamente 332 miliardi di euro nelle spese militari, si tratta del 30 per cento in più rispetto al 2021. C’è però un dettaglio che in questi giorni sta diventando detonante. Infatti se il deficit commerciale degli Stati Uniti verso l’Unione Europea è di 189 miliardi, nel campo della difesa la bilancia commerciale pende a favore di Washington per 180 miliardi.

Al momento non appare ancora chiaro nemmeno da chi i paesi europei dovrebbero cominciare a comprare le armi per l’intenso riarmo a cui stanno dando una accelerazione. Ad esempio il recente rapporto di Draghi sulla competitività dell’economia europea, ha dedicato un’intera sezione alle spese militari, consigliando come priorità quella di rafforzare e uniformare le industrie europee del settore della difesa per permettere di acquistare da loro gran parte delle forniture, in futuro.

La Von der Leyen ha insistito nell’aumentare gli investimenti europei per la difesa. “Per molti anni abbiamo investito poco nella difesa. Quindi c’è una grande urgenza di aumentare la spesa per la difesa, e di molto. E per questo, abbiamo bisogno prima di tutto di più finanziamenti pubblici. Sono disposta a esplorare e utilizzerò l’intera gamma di flessibilità che abbiamo nel nuovo Patto di crescita per consentire un aumento significativo della spesa per la difesa”.

Tra le proposte in campo c’è quella di utilizzare la BEI (Banca Europea per gli Investimenti) come cassa per finanziare gli investimenti nel settore militare. Più divisioni ha invece provocato la proposta di emettere gli eurobond per finanziare le spese nel settore della difesa.

Adesso davanti alle bordate con cui Donald Trump continua a minacciare con i dazi la Ue, la risposta dell’Unione Europea in materia non appare affatto convergente. Se tutti si augurano di poter evitare una guerra commerciale con gli Usa, i toni usati dai vari leader europei sono piuttosto diversi.

Per Macron, “se venissimo attaccati sulle questioni commerciali l’Europa, come potenza unita, dovrà farsi rispettare e quindi reagire”. Ed ha rilanciato proprio sul “compriamo europeo” nel campo degli armamenti. Secondo il presidente francese i Paesi Ue “dovrebbero investire di più e avere una preferenza europea nell’approvvigionamento di armi”. Ma è apparso piuttosto isolato, anche perché la “Yankee fraktion” in seno alla Ue (Polonia e paesi baltici, l’Italia naviga ancora nell’ambiguità, ndr), oltre, ovviamente, alla Gran Bretagna, si è subito messa di traverso.

Per il premier polacco Tusk, “sarebbe un paradosso crudele se, in un periodo in cui c’è una diretta minaccia russa e un’espansione cinese, con tutti questi pericoli cercassimo una ragione di conflitto tra alleati”, aggiungendo che “Dobbiamo fare di tutto per evitare guerre commerciali non necessarie e stupide”.

La Polonia e i paesi baltici, ormai posseduti dagli spiriti guerrafondai, propongono infatti una “possibile” area di collaborazione tra Ue e Usa proprio sull’acquisto di “equipaggiamento militare” da Washington, in modo da creare una “agenda economica costruttiva, non distruttiva” nelle relazioni tra UE e USA.

A questo punto se Washington optasse per dazi mirati contro alcuni Paesi, anziché per dazi trasversali su tutta l’Unione Europea, scatenerebbe interessi divergenti tra i governi, rendendo disarticolata e debole la risposta europea.

Per l’Unione Europea è ormai una redde rationem sul proprio ruolo e il proprio futuro. Dopo tre decenni passati a massacrare le proprie società e il proprio mercato interno in nome della convergenza e del rigore economico, nel momento del passaggio alla “convergenza politica” si rivelano tutti i pozzi avvelenati che gli USA hanno disseminato negli anni sulla strada dell’Unione Europea attraverso l’integrazione dei paesi dell’Europa dell’Est nella Ue… e nella Nato. Con il risultato che, ad esempio i piccoli paesi baltici, condizionano paesi che hanno il decuplo dei loro abitanti e delle loro economie e interessi ormai divergenti.

Possiamo affermare che l’Unione Europea per sopravvivere come tale avrebbe bisogno di profonde rotture al proprio interno liberandosi della zavorra. L’alternativa sarebbe una lenta o veloce implosione di fronte allo stress test della competizione globale e del “fuoco amico” transatlantico. Altro che “le minacce dalla Russia”.

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1 Commento


  • Andrea Vannini

    La zavorra é la Ue per i popoli che hanno la sfortuna di essere sotto il suo tallone. Magari implodesse o esplodesse. Magari ne uscissimo unilateralmente. “le minacce dalla Russia”: una sporca invenzione per la economia bellica e per la corsa alle armi. C è sempre più bisogno di rivoluzione.

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