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Milei prova a imporre l’estradizione di Bertulazzi

Dopo la sentenza della Corte Suprema che ha respinto il ricorso della difesa contro la richiesta di estradizione dell’Italia, l’ex Br Leonardo Bertulazzi è stato prelevato martedì sera dalle forze dell’ordine a Buenos Aires e trasferito in un centro di detenzione in attesa di essere portato in Italia.

Lo riferisce all’ANSA il suo avvocato difensore, Rodolfo Yanzón, sottolineando che l’intervento della polizia nel domicilio di Bertulazzi e il suo eventuale trasferimento immediato in Italia “avvengono mentre è ancora aperto un ricorso contro la revoca del suo status di rifugiato politico da parte delle autorità del governo di Javier Milei“.

Gli eventi sono precipitati poche ore dopo che la Corte Suprema argentina aveva espresso parere favorevole all’estradizione di Bertulazzi, agli arresti domiciliari dal 29 agosto scorso proprio sulla base della revoca dello status di rifugiato.

La sentenza del massimo tribunale argentino accoglieva il parere favorevole espresso dal Procuratore della Repubblica, Eduardo Casal, che riteneva “infondate” le ragioni espresse dalla Difesa nell’appello contro una prima sentenza favorevole all’estradizione della giustizia federale. Ma la stessa Corte precisava ad ogni modo nella sentenza che la decisione sull’estradizione non riguarda invece il ricorso presentato dall’ex Br sulla revoca dello status di rifugiato che rimane quindi ancora aperto.

Per l’avvocato Yanzón l’arresto di Bertulazzi e una sua eventuale estradizione immediata rappresenta in tale contesto “uno scandalo” e ha annunciato la presentazione di un ricorso anche “in sede internazionale“. Bertulazzi aveva ottenuto lo status di rifugiato nel 2004 sotto il governo di Néstor Kirchner (centro-sinistra), dopo che nel luglio 2003 il giudice federale María Servini de Cubría aveva stabilito che doveva essere rilasciato perché la giustizia italiana lo aveva condannato “in contumacia“, un’opzione non prevista dalle leggi processuali argentine.

Il 29 agosto scorso, mezz’ora prima di essere arrestato, l’uomo si era visto revocare la decisione amministrativa che sostiene il suo status di rifugiato, una misura tuttavia non completa. Perché, come spiegato all’ANSA dall’avvocato specializzato in diritti umani Rodolfo Yanzón, la perdita definitiva dello status dipende dalla conferma delle autorità giudiziarie.

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Fin qui il testo dell’Ansa. Appare evidente che la “fretta” del nuovo arresto è funzionale a “trasportare” Bertulazzi in Italia prima che un’altra Corte si pronunci sulla legittimità o meno delle revoca dello status di rifugiato. Sarebbe del resto è questo uno dei “regali” a bassissimo costo che la junta Milei ha promesso a Giorgia Meloni.

Due considerazioni molto sintetiche.

Quale senso politico può avere tanta ostinazione nel portare in galera un 75enne che, pur non avendo in pratica fatto granché – nel linguaggio giuridico: “non ha commesso reati di sangue” – ha a suo tempo assaggiato il carcere in Italia e ha vissuto tutta la vita da esule?

L’unico senso è quello della “deterrenza”, per come il concetto viene inteso a Palazzo Chigi o alla Knesset israeliana: ossia “seminare il terrore” tra quanti contestano l’ordine esistente o potranno farlo domani.

In seconda battuta. Il balletto legale per cui uno Stato concede lo status di rifugiato, un governo – venti anni dopo – lo revoca, una Corte riconosce il vecchio diritto, un’altra (più sensibile al nuovo regime parafascista) decide d’urgenza per anticipare il possibile pronunciamento di una terza Corte, ritenuto “politicamente negativo”… tutto ciò dimostra che “la legge” non ha alcuna consistenza oggettiva riconoscibile e condivisibile.

E’ solo la volontà del più forte.

Per fortuna la Storia insegna che ogni “potente” è tale solo temporaneamente, poi cade. E maggiore è il rumore della caduta quanto più grande è l’offesa che ha fatto alla giustizia umana…

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1 Commento


  • Andrea Vannini

    Libertà per il compagno Leonardo Bertulazzi. Chapeau a chi ha combattuto e a chi combatte.

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