Non poteva mancare la canea reazionaria e sbirresca… La stessa che chiede “libertà” per le imprese e “impunità” per il potere (da primo politico all’ultimo dei poliziotti) si è scatenata al solo leggere il titolo di un libro che sarà presentato in questi giorni a Monza: Police abolition. Corso di base sull’abolizione della polizia.
Il testo, che riprende il dibattito statunitense cresciuto intorno a Black Lives Matter, dopo l’omicidio in strada e in diretta di George Floyd, è stato pubblicato dall’Osservatorio Repressione, con cui condividiamo molte iniziative e una visione non pacificata della società e del diritto. Nell’esprimere tutta la nostra solidarietà a Italo Di Sabato e Turi Palidda – autori dell’introduzione al libro – e a tutti gli altri compagni, facciamo nostra questa battaglia politica.
Che non è “ingenua” – sappiamo perfettamente che in qualsiasi sistema sociale divisa in classi e con differenze abissali di reddito esisterà sempre qualche organismo incaricato di “mantenere l’ordine”, così come in ogni società post-rivoluzionaria minacciata dall’esterno dall’imperialismo esisterà la necessità di dotarsi della “forza” adeguata a resistere – ma lucidamente critica degli assetti esistenti.
Con gli occhi bene aperti sulle mostruosità repressive di un potere in profonda crisi di egemonia. Quello che, avendo finito gli argomenti “ideali” o “valoriali”, di pari passo con lo stato sociale demolito per concentrare le risorse prima verso il profitto e poi anche verso la guerra, ricorre all’ultimo degli strumenti che gli resta: la nuda forza repressiva, fuori legge e sopra ogni legge, quanto più se ne riempie la bocca.
Il “decreto sicurezza” approvato senza neanche la discussione parlamentare, ne è solo l’ultima manifestazione. Non è invece irrilevante conoscere e ricordare la pletora di gazzettieri di regime che si accanita in questi giorni contro il libro, i suoi autori ed editori, il centro sociale che ne ospita la prima presentazione.
E va certamente ricordato, nel suo piccolo, come campioncino dell’infamia anticomunista, il sasso scagliato anche da Marco Rizzo, ormai saldamente accampato sulla riva destra della reazione, dando così ampia ragione a chi – già nel 1999, al tempo della guerra Nato contro la Jugoslavia (D’Alema premier, Mattarella ministro della Difesa) lo apostrofava con l’affettuoso slogan “Rizzo, pelato / servo della Nato“.
Un po’ di link per coltivare la memoria:
https://www.nicolaporro.it/lultima-follia-dei-centri-sociali-il-corso-per-abolire-la-polizia/
https://www.nicolaporro.it/ma-davvero-il-corso-per-abolire-la-polizia-si-fa-al-circolo-pd/
https://www.ilgiornale.it/news/interni/monza-levento-police-abolition-e-pd-offre-suo-circolo-cos-2508763.html
https://sap-nazionale.org/dal-territorio/corso-contro-la-polizia-al-centro-sociale-boccaccio-pirola-sap-milano-delirio-ideologico/
https://www.ilgiornale.it/video/nazionale/aboliamo-polizia-2509025.html
https://www.ilgiornale.it/news/interni/l-ira-polizia-sui-dem-appoggiano-chi-ci-odia-2509289.html
https://www.nicolaporro.it/ma-davvero-il-corso-per-abolire-la-polizia-si-fa-al-circolo-pd/
https://www.ilpopolano.com/ilaria-salis-abolire-la-polizia/
https://www.secoloditalia.it/2025/07/corso-base-sullabolizione-della-polizia-lultima-trovata-del-centro-sociale-di-ilaria-salis-ce-anche-lappoggio-del-pd/
https://www.ilgiorno.it/monza-brianza/cronaca/tempesta-sul-corso-anti-polizia-961b3f9c
https://www.radio24.ilsole24ore.com/programmi/lazanzara/puntata/trasmissione-11-luglio-2025-4800-2356186603514155 (minuto 4,45)
https://www.monzatoday.it/attualita/corso-abolire-polizia-centro-sociale.html
https://www.facebook.com/share/v/19ZoQDJK62/?mibextid=wwXIfr
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“Police Abolition” e le polemiche sulla presentazione del libro a Monza
Lorenzo Guadagnucci, giornalista ed editorialista di Altreconomia, autore di “Noi della Diaz” interviene in merito alla polemica sorta intorno alla presentazione del libro “Police Abolition. Corso di base per l’abolizione della polizia” in programma per sabato 19 luglio a Monza
di Lorenzo Guadagnucci
Italo Di Sabato e Turi Palidda non hanno bisogno d’essere difesi, sanno farlo benissimo da soli, ma gli scomposti e poco informati attacchi che hanno ricevuto a Monza per la presentazione del loro libro “Police Abolition. Corso di base per l’abolizione della polizia” (Momo) ci dicono qualcosa proprio sul tema trattato dal volume, lo statuto delle polizie nella società contemporanea.
C’è una doppia tendenza in atto: da un lato una dilatazione del ruolo, delle competenze, dei poteri e delle tutele delle forze dell’ordine, dall’altro il rafforzamento di un elemento già noto, l’incapacità del sistema politico e mediatico italiano di discuterne; le polizie sono circondate da un alone di sacralità e di opacità che frena il dibattito e inibisce la conoscenza: è nota la carenza, in Italia, di studi storici e sociologici in materia (il professor Palidda, a proposito, è stato fra i pochi docenti italiani a concentrarsi a lungo sul tema, producendo ricerche e libri importanti).
A Monza si è gridato allo scandalo per il titolo del libro (meno per il contenuto, che dev’essere stato poco letto da chi ha scatenato le polemiche), ignorando probabilmente che la prospettiva del superamento delle polizie è un filone di ricerca (e di attivismo) molto fecondo a livello internazionale, proprio perché punta l’attenzione sull’origine e sulla funzione sociale presente delle forze di polizia. A quali bisogni rispondono? Con quali obiettivi sono state create? In che modo interagiscono col sistema dei diritti civili, politici, sociali in un sistema democratico?
Definanziare le polizie e investire piuttosto nei servizi alle comunità, nella solidarietà, nel mutualismo, nei diritti sociali è un’opzione politica seria e concreta e porta verso una nozione di sicurezza ben distante da quelle oggi dominante, basata sulla sorveglianza e la militarizzazione delle città, quindi della vita quotidiana. Sullo sfondo di quest’impostazione, appunto, c’è l’idea di abolire le polizie che oggi conosciamo, e quindi ripensare i modi di organizzare la convivenza, la sicurezza, l’ordine pubblico, immaginando nuove istituzioni e anche un nuovo lessico.
Di questo parla il libro che tanto scandalizza, un libro che dev’essere letto, discusso, messo in prospettiva, magari a fianco dell’altro “scandaloso” filone coltivato nei movimenti sociali e ben studiato anche dall’accademia internazionale: l’abolizione del carcere, un’istituzione in profonda crisi, che sta producendo in Italia risultati opposti a quelli definiti dalla Costituzione.
L’Italia è il paese del G8 di Genova del luglio 2001 – giorni nei quali un giovane fu ucciso in piazza e la tortura fu praticata su larga scala, e così l’abuso di potere, il falso in atto pubblico, come documentato dai tribunali – e il paese degli Stefano Cucchi, dei Federico Aldrovandi, delle torture nel carcere di Santa Maria Capua a Vetere e delle violenze nelle caserme di Piacenza e Verona, per non citare che alcuni dei casi più eclatanti; l’Italia è dunque un paese che ha bisogno di conoscere, studiare e anche riformare – almeno riformare – le sue forze di polizia: leggere e discutere pubblicamente “Police Abolition” può essere un bion viatico.
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Dalla Prefazione:
Partendo dall’interrogarsi la polizia a cosa serve? A chi serve? A che serve tutta questa meticolosa militarizzazione del territorio, tutta questa sorveglianza dei comportamenti, tutta questa brutalità istituzionalizzata? Perché la polizia è così violenta nell’approccio con le classi subalterne?
Per il curatore la polizia difende con tutti i mezzi a sua disposizione un certo tipo di ordine e di società che esercita il suo ricatto di paura e sicurezza sugli individui soli, diseredati e quindi deboli prodotti dal mondo dell’economia. Lungi dal creare sicurezza, la polizia è sempre stata un mezzo per affermare il controllo.
Oggi, la polizia rimane la forza in prima linea che reprime le manifestazioni per la pace, il clima, la giustizia sociale, e l’imperativo del pericolo rimane uno strumento potente per spiegare le loro azioni.
Ma la polizia non è solo il braccio armato dello stato e del governo, è la garanzia che ognuno rimanga al posto che gli spetta. I regimi democratici, in evidente crisi di legittimazione, tendono a incrementare l’uso delle forze di polizia come risposta ai movimenti sociali e di protesta, perciò i governi esitano quando si parla di riformare i corpi e cambiare le regole di ingaggio.
Che la funzione sociale della polizia sia mantenere un certo ordine mondiale è un dato di fatto. Ciò che continua ad essere meno compreso, tuttavia, è l’affermazione da cui dipende la loro esistenza, la più grande menzogna antropologica: che senza il loro esercizio di violenza “legittima” non saremmo in grado di darci regole di vita comuni e ci uccideremmo a vicenda alla prima opportunità.
Secondo Italo Di Sabato l’unico modo per affrontare il problema della polizia oppressiva è abolirla. Poter togliere i finanziamenti alla polizia, e investire nei servizi sociali e di cura, può significare anche rinunciare ai modelli produttivi che ci danneggiano e che sono basati sulla difesa dei privilegi e investire invece nel benessere delle comunità. Certo, non sono trasformazioni praticabili dall’oggi al domani ma, se quel che conosciamo non funziona e meno ancora ci piace, potrebbe essere arrivato il momento di ragionarci un po’ su.
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Bruno
…ed usare titoli e fraseologia meno mal interpretabili?
il popolino che vota non è composto da intellettualoidi avvezzi a “capire” al volo le sottigliezze.
scendete con i piedi per terra ogni tanto.
Redazione
lasciare “il popolino” al livello in cui si presume che sia… questo sì che non è “intellettualismo”, ma presunzione…