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Ricordiamo Giovanni Ardizzone

Non sono i giovani a scrivere i necrologi dei vecchi. Al contrario, durante gli ultimi trent’anni, ho visto con i miei occhi il sangue di tanti giovani salire così in alto che ora ne sono sommerso e non riesco a respirare. Tutto ciò che posso fare è prendere in mano la penna e scrivere un po’ di articoli, come per fare un buco nel sangue rappreso attraverso cui poter trarre qualche altro miserabile respiro.

Che sorta di mondo è questo? La notte è così lunga, il cammino è così lungo che farei meglio a dimenticare o altrimenti a tacere. Ma so che se non lo faccio io, verrà il tempo in cui altri li ricorderanno e parleranno di loro…”

Lu Hsun

Con questa citazione del poeta cinese Lu Hsun, anteposta a un articolo di Grazia Cherchi e Alberto Bellocchio, I Quaderni piacentini commemorarono, nel numero di dicembre 1962, lo studente Giovanni Ardizzone, ucciso dalla Polizia.

Proprio sessant’anni fa, il 27 ottobre 1962, moriva a Milano, travolto da una camionetta della Celere, nei pressi di Piazza Duomo, lo studente di medicina Giovanni Ardizzone, di 21 anni.

Quel sabato pomeriggio, a Milano, si era tenuta una manifestazione per la pace, poiché si viveva una situazione di altissima tensione tra USA e URSS, dovuta alla crisi dei missili a Cuba.

Al termine della manifestazione, in cui aveva parlato Agostino Novella, segretario della CGIL, il Battaglione di Polizia Terzo Celere, chiamato espressamente da Padova, si lanciò contro i manifestanti con un criminale carosello di camionette uccidendo Giovanni Ardizzone e ferendo gravemente gli operai Nicola Scalmana e Luigi Giardino che rimasero per giorni tra la vita e la morte.

La reazione dei manifestanti fu pronta: sassi e bastoni furono lanciati contro la Polizia che fu costretta a indietreggiare, ma che non rinunciò a inseguire e picchiare duramente chi per sventura era rimasto isolato nelle vie intorno al Duomo.

Nella notte seguente si svolse un grande sit in di protesta sul luogo dell’omicidio e anche nella giornata di domenica migliaia di manifestanti affluirono in centro con fiori e cartelli di denuncia anche in preparazione dello sciopero indetto per lunedì 29.

Uno sciopero che vide le fabbriche, le università e le scuole superiori chiuse e una grande manifestazione di protesta contro la Polizia ma soprattutto contro il governo il cui ministro dell’Interno Taviani aveva parlato di “incidente stradale”. Anche i funerali di Giovanni Ardizzone che si tennero nella sua città natale, castano Primo, in provincia di Milano, furono una grande manifestazione popolare che vide in piazza oltre 5000 persone.

Nell’articolo di Grazia Cherchi e Alberto Bellocchio che ho citato, gli autori rilevavano l’importanza del contributo che gli studenti avevano dato alla manifestazioni per la pace di quei giorni.

Tale partecipazione, sempre secondo gli autori, cominciava a prefigurare quell’unione, già presente in embrione nelle lotte del 1960 contro il governo Tambroni tra studenti e giovani operai che avrebbe dato i suoi frutti qualche anno dopo.

La crisi passata alla storia come quella dei “missili di Cuba” aveva in realtà origini politicamente e militarmente complesse cha vale la pena di ricordare oggi, quando il mondo appare nuovamente sull’orlo della guerra. Infatti, quella crisi era nata a causa dell’installazione in Turchia e in Italia di missili USA anche a testata nucleare che potevano colpire il territorio sovietico.

In pratica, l’URSS si sentiva messa in pericolo perché avvertiva tali installazioni militari come il superamento di una linea rossa che metteva in pericolo la sua stessa esistenza.

Per reazione a tale provocazione americana, il governo sovietico decise di installare diverse rampe missilistiche nell’isola di Cuba. La distanza era tale che i missili avrebbero potuto raggiungere il territorio degli USA.

Per quanto riguarda Cuba, l’installazione dei missili era vista anche come una difesa da un eventuale attacco statunitense: il bloqueo era ai suoi inizi, le infiltrazioni, le provocazioni e i tentativi di assassinare i dirigenti cubani erano all’ordine del giorno.

Ancor più significativa delle intenzioni dell’amministrazione USA era stata l’ organizzazione dello sbarco di un’armata di anticastristi cubani avvenuto a Playa Gyron nell’aprile 1961. Lo sbarco degli anticastristi, armati dagli USA e sostenuti anche dall’aviazione e dalla marina statunitensi si era concluso con una pesante sconfitta degli USA e dei golpisti cubani, ma aveva rivelato ancor più chiaramente le intenzioni del governo Kennedy verso Cuba.

Gli USA dichiararono che avrebbero impedito alle navi sovietiche che trasportavano i missili e le rampe di giungere a Cuba ed effettivamente i timori di guerra nucleare furono altissimi.

Alla fine si giunse a un accordo sulla base della rinuncia sovietica all’installazione dei missili in cambio del ritiro di quelli americani dalla Turchia e dall’Italia. Inoltre gli USA avrebbero dovuto lasciare in pace Cuba socialista. Come tali accordi vennero in seguito disattesi dagli USA è sotto gli occhi di tutti.

Quanto a Giovanni Ardizzone, caduto per difendere la pace e l’indipendenza di Cuba, una targa che ricorda la sua morte è stata collocata dieci anni fa in Via Mengoni, a Milano, sul luogo della sua uccisione mentre il comune di Castano Primo gli ha intitolato una delle piazze principali.

A Cuba, la facoltà di medicina dell’Università di Isla Juventud è stata intitolata a Giovanni Ardizzone.

I fatti del 27 ottobre 1962 sono ricordati in una canzone di Ivan della Mea Ivan Della Mea – Ballata per l’Ardizzone – YouTube

In occasione del sessantennale della morte di Giovanni Ardizzone, una mostra sui fatti dell’ottobre 1962 realizzata dall’associazione Italia-Cuba è visitabile sino al 31 ottobre prossimo presso la Camera del Lavoro di Milano.

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