Per riportare al centro prezzi e salari serve una piattaforma di lotta complessiva e credibile.
E la voglia di lottare per realizzarla.
Se il dato centrale di questa fase è sicuramente la lotta alla guerra, al riarmo europeo e alle spese militari che drenano miliardi dalla spesa sociale, non si può però accantonare la questione del salario e dei prezzi, cioè della condizione materiale in cui vivono le famiglie dei lavoratori e i ceti popolari.
È paradossale ascoltare ormai da giorni le litanie sul flop delle vacanze senza che nessuno si interroghi sul perché accade. Certamente alla base ci sono i rincari che portano altri enormi utili agli operatori del settore, insaziabili evasori fiscali e sfruttatori di manodopera, accompagnati da un aumento ormai continuo e incessante del prezzo dei trasporti e dei carburanti, investiti dalla tempesta perfetta indotta dalle sanzioni e dai dazi.
Ma il problema più urgente da risolvere, di cui si parla, senza agire, solo per “fare politica” senza provare a mettere in campo iniziative adeguate, è quello dei salari e degli stipendi.
Come sempre senza grande clamore l’Istituto di statistica ci informa che anche questo mese il costo dei generi alimentari e di prima necessità hanno continuato inesorabilmente a crescere. Ormai è noto a tutti che la spesa alimentare e per i bisogni primari, assieme a quella per la casa e le bollette, assorbe una parte preponderante, sempre più spesso totale, delle entrate da lavoro per chi di lavoro vive e non può far conto su entrate extra o sull’evasione fiscale.
Spesso quando si parla di questione salariale ci si dimentica dei precari, dei disoccupati, dei cassaintegrati, dei working poor, dei pensionati sotto la soglia della sopravvivenza la cui condizione è sicuramente ancora più drammatica, ma che fa fatica anche solo a entrare nelle statistiche.
Le vacanze tornano ad essere, anche per chi un lavoro e un reddito ce l’ha, quel ‘di più’ a cui sempre più spesso si deve rinunciare se non si vuole bruciare reddito difficilmente recuperabile.
Ce n’è a sufficienza perché la questione dei salari e delle condizioni reali di vita delle famiglie dei lavoratori e dei ceti popolari esca dalla propaganda politico-sindacale e torni ad essere obbiettivo centrale da praticare e a cui indirizzare principalmente le lotte di autunno.
Ci sono più fronti da aggredire che concorrono all’impoverimento generalizzato e che possono diventare da subito obbiettivi concreti di lotta.
– L’assenza di un reddito di cittadinanza che si occupi stabilmente di chi un reddito proprio non ce l’ha
– La pervicace indisponibilità ad adottare il salario minimo come già avviene praticamente in tutti i paesi europei e che metterebbe almeno parzialmente al riparo dai contratti sotto soglia
– L’aumento delle pensioni minime a 1.000 euro al mese per archiviare per sempre la vergogna delle pensioni al minimo
– La cancellazione delle forme di lavoro precario comunque mascherate, la lotta allo sfruttamento, agli omicidi sul lavoro agli infortuni gravi e gravissimi anche introducendo il reato di omicidio sul lavoro
– Il ripristino di un meccanismo automatico (scala mobile) che tuteli trimestralmente i salari dall’inflazione, la cancellazione dell’IPCA
– L’obbligo di rinnovare i contratti, avendo già restituito quanto eroso dall’inflazione, con forti aumenti salariali attraverso cui ridistribuire la ricchezza prodotta dal lavoro, altro che legge Cisl per la compartecipazione ai destini di impresa!
– Fine della divisione dei lavoratori attraverso qualifiche, categorie e premi di produzione differenziati
– Stop ai compensi faraonici e consulenze milionarie ai dirigenti
– Controllo pubblico delle tariffe e delle bollette, istituzione di vere fasce agevolate per lavoratori e famiglie. Basta bonus
– Eliminazione dell’IVA, forma di prelievo fiscale per aliquote fisse che non distingue il reddito a cui vengono applicate, finendo per pesare in percentuale molto più sui redditi bassi che su quelli alti
– Detassazione delle pensioni e tetto massimo delle stesse a 5000 euro
Volendo potremmo trovare altre voci da aggiungere a questo primo elenco, assolutamente nulla di rivoluzionario, su cui avviare una campagna di aggressione e di ripresa del conflitto di classe sovvertendo una pacificazione che ha dato ai padroni e ai governi, grazie alla complicità di CgilCislUil, una forza che non hanno e che possono mantenere solo grazie ad un quadro politico e sindacale in cui il conflitto tra capitale e lavoro, così come quello tra capitale e natura, non trovano cittadinanza e forme adeguate di mobilitazione.
Avevamo la ragione e la forza, dobbiamo riorganizzare la forza.
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Gianluigi
Basterebbe che l’Italia ritornasse alla moneta sovrana la risocializzazione della banca d’Italia con l’emissione di moneta cartacea ed elettronica non a debito( da anni è fatta dalle banche private ) per finanziare strutture ed infrastrutture pubbliche come avviene in Cina ed altre nazioni
Maurizio
Basterebbe il ripristino della scala mobile.
Mi scuso per la bestemmia!
A proposito:
Il vero motivo dell’incontro Trump- Putin sono i BRICS.
Non per niente oltre alle sanzioni e i dazi, la guerra commerciale dell’Occidente contro il Sud del pianeta include la scomparsa di numerose categorie.
Il mese scorso ho comprato su un sito cinese due t-shirt, un cappello e un adesivo, tutti con il logo BRICS.
Oggi ho provato a riordinare gli stessi articoli, ma sono fuori produzione.
Sarà guerra ideologica?
Redazione Contropiano
richieste eccessive rispetto all’offerta… 🙂