Impossibile non essere vicini a Don Patriciello, dopo che gli è stato consegnato un proiettile durante la funzione religiosa. Quello che però stupisce è la lettura del fatto. Un uomo di 75 anni, con pregressi psichiatrici – Vittorio De Luca, detto “Caciotta” -, consegna un proiettile in pubblico, a volto scoperto e durante una messa.
Fatto grave, certo, ma completamente scollegato da dinamiche criminali e camorristiche. Il gesto di un marginale, di un fragile che viene strumentalizzato per alimentare la macchina della propaganda bipartisan, nel molto presunto “contrasto all’abbandono dei territori“.
Il virus contagiosissimo della demenza collettiva si basa su un unico mezzo di trasmissione: la disinformazione sistematica dei nostri media.
“Il mattino ha l’oro in bocca”, digitava compulsivamente Jack Nicholson in Shining: l’infinito ripetere quella frase lo avrebbe portato alla follia, luogo dove ombre e luci si sovrappongono e dove i peggiori presagi di una mente distorta diventano realtà acida e alienata.
Ma ora il passaggio individualissimo in Shining diventa collettivo, di “popolo“ , laddove ogni riferimento alla realtà diventa psicotico. La costruzione del “Vip”, che sia pro o contro qualcosa, si trasforma in macchina infernale che, una volta messa in moto, diventa inarrestabile.
Niente contro Don Patriciello, ripetiamo, ma vi sembra il caso di utilizzare il gesto di un fragile per innescare la reazione torbida dei cantori circumvesuviani? È il caso di sovrapporre la lotta alla criminalità a problemi di natura sanitaria?
“Il mattino ha l’oro in bocca” è il mantra, il loop dei parolai dei “secondi solo al Giappone”, in una Campania spacciata come nuova terra promessa laddove si presenta troppo spesso come una madre pallida e assente.
Parolai che si cimentano a colpi di fumose astrazioni su una rinascita molto, troppo presunta. Lasciandoci precipitare in un baratro di ossessioni nevrotiche nelle quali ogni realtà si dissolve nel loro nulla.
È in questo lento precipitare che nasce l‘esigenza di santità. La costruzione di eroi da fumetto cui aggrapparci durante i quotidiani naufragi. Tutti inventati con mezzi identici alle pubblicità delle saponette.
Tutti che vanno a riempire un vuoto straziante di rappresentanza politica e culturale, nel quale l’astensionismo al 50% è di fatto l’indice di un crescente distacco dalla vita e dalla partecipazione attiva ad essa.
Così il vip di turno deve essere costantemente osannato, protetto, re-inventato anche laddove per farlo bisogna brutalmente distorcere i fatti. L’informazione in Campania vive il suo anno zero e non perché faziosa (quello lo è sempre stata). ma perché conformista e morbosamente scollegata dal reale.
Basti pensare che il giornale che più decanta la rinascita della città ha la sua sede nel regno del nulla e del degrado del Centro Direzionale: simbolo del cancro metastatico delle nostre classi dirigenti, della loro insostenibile inutilità.
Come arrivano in redazione questi cronisti, volando? Come fanno a non vedere l’orrore disumano nel quale càmpano? Non è tanto un problema di tendenziosità o di bandiera politica, quanto il lento scivolamento in uno Shining di massa che, messo in moto da loro, sta finendo per tramortirli.
Dunque solidarietà a don Patriciello – sebbene la sua figura non manchi di connotarsi per alcune tragiche ambiguità: come quando si fece volto e strumento della più becera e classista propaganda del governo Meloni sul cosiddetto Decreto Caivano – ci chiediamo tuttavia se fosse davvero il caso di dedicare pagine di callosa autostima per i fumosi interventi politici e per enfatizzare il gesto di uno squilibrato.
Quanti di noi, transitando quotidianamente nei luoghi dell’abbandono, si imbattono in folli? Quanti ne ricevono da questo visibilità e potere?
Ogni tram, ogni circumvesuviana, ogni passeggiata che faccio in queste contrade sono condite dalla presenza di sofferenti psichiatrici. Dovrei forse autocandidarmi al Nobel?
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