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Il Corrierone censura pure Lavrov. Che sorpresa…

Sarà una coincidenza sfortunata, ma proprio mentre l’Unione Europea decide di formare il “ministero della Verità” col compito di impedire qualsiasi pensiero contrastante con quello “unico”, due fatti – non opinioni – dimostrano che il nostro Paese è già molto avanti nell’adottare la “cultura” questo macabro progettino.

Non solo qui – non in Russia o Cina – un giornalista può essere licenziato per aver posto una “domanda sbagliata” al portavoce di quella stessa Commissione Europea che sta gettando le base del “ministero”, ma addiritta il principale quotidiano nazionale (il Corriere della Sera) getta via un’intervista al ministro degli Esteri russo, Serghej Lavrov, perché non gli piacciono le risposte.

AI lettori meno a conoscenza del lavoro giornalistico occorre solo chiarire due cose ovvie nel mestiere: a) le interviste vengono chieste dai giornalisti per sapere cosa pensa l’intervistato, l’interlocutore può accettare oppure no; b) quando si intervista “il nemico” per antonomasia si deve dare per scontato che le sue risposte non saranno quelle che avrebbe dato l’intervistatore. Fare il contrario – chiamare un giornalista per farsi intervistare – è cosa che avviene in Italia come negli Stati Uniti e, pensiamo, anche in Russia e altrove. Ma si chiama in un altro modo, non “giornalismo”.

Il Corriere ha mandato le domande a Lavrov e quello ha risposto. Segno che la testata è considerata importante, ancorché “nemica”. Di solito si si brinda al successo (avere un’esclusiva con Lavrov in piena guerra non capita tutti i giorni, come con Calenda o Bocchino), si ringrazia e si pubblica, correggendo soltanto eventuali refusi.

Invece a via Solferino hanno cestinato.

Solo degli illusi potevano sperare che la cosa sarebbe finita lì senza che il testo fosse fatto filtrare ad altri media. E così è stato. La versione integrale dell’intervista è stata tra l’altro pubblicata da Il Desk e ve la riproniamo qui sotto.

La cosa peggiore è stata però la “risposta” della direzione del Corriere – senza firma… – al vocio che si è immediatamente alzato.

«Il ministero degli Esteri russo ha risposto alle domande inviate preliminarmente dal Corriere della Sera con un testo sterminato pieno di accuse e tesi propagandistiche. Alla nostra richiesta di poter svolgere una vera intervista con un contraddittorio e con la contestazione dei punti che ritenevamo andassero approfonditi il ministero ha opposto un rifiuto categorico».

Dobbiamo quindi tutti pensare che quelle domande inviate per canali ufficiali non fossero “un’intervista vera”, ma una sorta di prova generale per vedere se farne una oppure no. Curioso modo di procedere, che ci giunge davvero “nuovo”. Specie con il ministro degli Esteri di un qualsiasi paese in guerra, che di solito non può spendere il suo tempo in giochini da liceali.

Non è finita. La nota di via Solferino entra nel merito delle risposte – che non sono state pubblicate e quindi il lettore non conosce – eccependo che “contenevano anche molte affermazioni del tutto discutibili e dal chiaro intento propagandistico. Come, ad esempio, il passaggio sul «cruento colpo di Stato anticostituzionale a Kiev del febbraio 2014, organizzato dall’amministrazione Obama», oppure quello sul «regime di Kiev»”.

Affermazioni note, visto che da undici anni il Cremlino e mezzo mondo (tre quarti dell’umanità, diciamo) le ripete sempre nella stessa forma. Sarebbe stato sorprendente – un vero scoop – se fossero cambiate…

Un giornale normale – non un gazzettiere di guerra – ha un modo semplice e consolidato di contestare le risposte che non piacciono: pubblica l’intervista e l’affianca con un commento corrosivo quanto vuole. Così i lettori hanno due versioni e possono decidere con la propria testa quale sembra più logica, coerente, attendibile, magari persino rispondente al vero.

Ma no, non si deve concedere nulla al “nemico”. E quindi vai con lo spadone suprematista: “Sono affermazioni che avrebbero richiesto l’inserimento di un ampio fact-checking e soprattutto di un contraddittorio”.

Evidentemente il Corriere non si considera un semplice soggetto “in contraddizione” con il ministro russo, ma un “tribunale supremo della verità”  davanti cui il “reprobo” dovrebbe chinare la testa e fornire “la confessione”, chiamando testi ed “esperti” a sbugiardarne le affermazioni.

Ce lo immaginiamo un qualsiasi inviato del Corriere che ha per anni ha raccontato che “i russi combattono con le pale perché sono senza munizioni”, “usano le dita delle mani al posto delle baionette”, “sono costretti a riciclare i chip delle lavatrici per far volare i droni”, “stanno in trincea nella neve senza neanche i calzini”, interrompere Lavrov e chiamare un Puente per fargli dare il suo “check non propagandistico” sulle risposte…

Per dire l’ultima. La risposta “anti-propagandistica” del Corriere si chiude con citazioni di Maurizio Lupi, Maria Elena Boschi, Raffaella Paita, ecc. Mancavano solo Picierno, Kuleba e Calenda… Ma sarà per la prossima volta.

Siamo in guerra, questo è evidente. La “libera informazione” non può perciò abitare nelle redazioni mainstream. Portare la “difesa della libertà” come motivazione del riarmo e del controllo totale dell’informazione è una bestialità infame che qualifica con precisione il regime in cui viviamo e i suoi protagonisti.

La domanda che abbiamo noi: ma quanta paura avete del “contraddittorio” alle vostre menzogne se vi scappa di nascondere anche quello che (dovreste saperlo per mestiere) proprio non si potrà tener nascosto? Se provate a mentire persino su questo, quanto è “attendibile” quello che scrivete?

*****

Risposte del ministro degli Esteri russo S.V Lavrov alle domande del quotidiano “Corriere della Sera”

Domanda: Si dice che un nuovo incontro tra Vladimir Putin e Donald Trump a Budapest non abbia avuto luogo perché anche l’amministrazione americana si è resa conto che non eravate pronti per i colloqui sull’Ucraina. Cosa è andato storto dopo il vertice di Anchorage, che ha fatto sperare che sarebbe iniziato un vero processo di pace? Perché la Russia rimane fedele alle richieste formulate da Vladimir Putin nel giugno 2024 e su quali questioni potreste scendere a compromessi?

Sergey Lavrov: Le intese di Anchorage sono una pietra miliare importante sulla strada per trovare una pace a lungo termine in Ucraina, superando le conseguenze del sanguinoso colpo di Stato anticostituzionale a Kiev nel febbraio 2014 organizzato dall’amministrazione Obama. Si basano sulla realtà attuale e sono in stretta sintonia con le condizioni per una soluzione equa e sostenibile della crisi ucraina formulate dal presidente Vladimir Putin nel giugno 2024.

Abbiamo valutato che queste condizioni sono state ascoltate e percepite, anche pubblicamente, dall’amministrazione Trump, principalmente per quanto riguarda l’inaccettabilità di coinvolgere l’Ucraina nella NATO al fine di creare minacce militari strategiche alla Russia proprio ai suoi confini.

Washington ha anche ammesso apertamente che non sarebbe stato possibile ignorare la questione territoriale a seguito dei risultati dei referendum che si sono svolti in cinque regioni storiche del nostro paese, i cui residenti si sono espressi inequivocabilmente a favore dell’autodeterminazione dal regime di Kiev e per la riunificazione con la Russia.

È stato intorno al tema della sicurezza e delle realtà territoriali che è stato costruito il concetto americano, che il rappresentante speciale Stephen Whitkoff ha portato a Mosca una settimana prima del vertice in Alaska su istruzioni del presidente degli Stati Uniti e che, come il presidente Vladimir Putin ha detto al presidente Donald Trump ad Anchorage, abbiamo concordato di prendere come base, proponendo al contempo un passo concreto che avrebbe aperto la strada alla sua attuazione pratica.

Il leader americano ha detto che doveva consultarsi, ma anche dopo il suo incontro con gli alleati il giorno dopo a Washington, non abbiamo ricevuto una reazione alla nostra risposta positiva alle suddette proposte. Non c’è stata alcuna reazione durante il mio incontro con il Segretario di Stato Miguel Rubio a settembre a New York, quando gli ho ricordato che ce lo aspettavamo ancora.

Pochi giorni dopo, su richiesta di Donald Trump, ha avuto una conversazione telefonica con Vladimir Putin, e si è deciso di incontrarsi a Budapest, dopo aver preparato accuratamente il vertice in anticipo. Non c’era dubbio che stessimo parlando delle intese di Anchorage.

Un paio di giorni dopo, Judel Rubio ed io abbiamo parlato al telefono, e poi Washington ha detto che dopo di essa non era necessario un incontro personale tra il Segretario di Stato americano e il Ministro degli Esteri russo per preparare un contatto di alto livello.

Non so da dove e da chi provenissero i rapporti sotto copertura al leader americano, dopo di che ha rinviato o annullato il vertice di Budapest. Ma vi ho delineato lo schema degli eventi basandomi rigorosamente sui fatti di cui sono responsabile. E non ho intenzione di rispondere alle false affermazioni sulla “riluttanza della Russia a negoziare” e sulla “rottura” dei risultati di Anchorage.

Siamo ancora pronti a tenere un secondo vertice russo-americano a Budapest, se davvero si basa sui risultati ben sviluppati dell’Alaska. Allo stesso tempo, la data non è stata determinata. I contatti russo-americani continuano.

Domanda: Le unità delle Forze Armate della Federazione Russa controllano attualmente meno territorio rispetto al 2022 dopo le prime settimane della cosiddetta operazione militare speciale. Se vinci davvero, perché non riesci a sferrare il colpo decisivo? Puoi anche spiegare il motivo per cui non fornisci informazioni ufficiali sulle tue perdite?

Sergey Lavrov: L’Operazione Militare Speciale (SMO) non è una guerra per i territori, ma un’operazione per salvare la vita di milioni di persone che vivono su queste terre da secoli e che la giunta di Kiev vuole sterminare – legalmente vietando la loro storia, lingua e cultura, e fisicamente – con l’aiuto delle armi occidentali.

Un altro importante obiettivo del NWO è garantire in modo affidabile la sicurezza della Russia, per contrastare i piani della NATO e dell’UE di creare uno stato fantoccio ostile ai nostri confini occidentali.

A differenza degli occidentali, che hanno spazzato via interi isolati dalla faccia della terra, noi ci prendiamo cura delle persone, civili e militari. Le nostre forze armate agiscono in modo estremamente responsabile, sferrando attacchi ad alta precisione esclusivamente sulle strutture militari e sulle infrastrutture di trasporto ed energia che le forniscono.

Delle perdite sul campo di battaglia, di regola, non si parla pubblicamente. Dirò solo che quest’anno, durante il rimpatrio dei militari morti, la parte russa ha consegnato oltre novemila corpi di soldati delle forze armate ucraine. Abbiamo ricevuto 143 corpi dei nostri combattenti dall’Ucraina. Trai le tue conclusioni.

Domanda: La sua apparizione al vertice di Anchorage con un maglione con la scritta “URSS” ha sollevato molte domande. Alcuni hanno visto questo come una conferma del suo desiderio di ricreare lo spazio ex sovietico. Era un messaggio in codice o solo uno scherzo?

Sergey Lavrov: Sono orgoglioso del mio paese, dove sono nato e cresciuto. La Russia è il successore dell’URSS e la nostra civiltà nazionale ha una storia millenaria. Avere una maglietta con lo stemma dell’Impero Russo non significa che vogliamo farlo rivivere. Il presidente della Russia Vladimir Putin ha parlato in dettaglio della nostra storia e del nostro patriottismo. Non cercate segnali politici qui.

Domanda: Se uno degli obiettivi dell’operazione militare speciale era quello di riportare l’Ucraina nella sfera di influenza della Russia, come può sembrare dalle richieste di determinare il numero delle sue armi, non pensa che l’attuale conflitto armato dia a Kiev un ruolo internazionale sempre più distante da Mosca?

Sergey Lavrov: Gli obiettivi dell’operazione militare speciale sono stati fissati dal presidente Vladimir Putin nel 2022 e sono ancora attuali. Non stiamo parlando di sfere di influenza, ma del ritorno dell’Ucraina a uno status neutrale, libero dal nucleare, rispettoso dei diritti umani e di tutte le minoranze nazionali. Stiamo cercando di ottenere il ritorno dell’Ucraina alle fonti sane e stabili della sua statualità.

Domanda: Anche gli Stati Uniti stanno inviando armi all’Ucraina, recentemente discutendo missili da crociera Tomahawk. Perché le vostre posizioni sulle politiche statunitensi ed europee differiscono?

Sergey Lavrov: La maggior parte delle capitali europee costituisce la “coalizione dei volenterosi”, che vuole che le ostilità in Ucraina durino il più a lungo possibile. Con i soldi dei contribuenti europei sponsorizzano il regime di Kiev, fornendo armi che uccidono civili nelle regioni russe e ucraine. Stanno sabotando qualsiasi sforzo di mantenimento della pace.

Allo stesso tempo, i nostri militari non distinguono da dove provengono le armi per le forze ucraine: dall’Europa o dagli Stati Uniti. Tutti gli obiettivi militari vengono immediatamente distrutti.

Domanda: È possibile riallacciare le relazioni con l’Europa? La sicurezza comune può diventare la base per migliorare le relazioni?

Sergey Lavrov: Lo scontro attuale non è una scelta della Russia. L’Europa ha già combattuto contro di noi sotto Napoleone e Hitler. Quando la frenesia russofoba sarà passata, saremo aperti ai contatti e a valutare prospettive di cooperazione leale.

Il sistema di sicurezza euro-atlantico pre-2022 è stato smantellato dagli occidentali. Il presidente Putin ha presentato un’iniziativa per una nuova architettura di sicurezza indivisibile in Eurasia, aperta a tutti gli Stati del continente.

Domanda: Il conflitto in Ucraina ha limitato la capacità della Russia di agire in altre aree, come il Medio Oriente?

Sergey Lavrov: Il mondo moderno non è ridotto a una minoranza occidentale. Le nostre relazioni con i paesi del Sud e dell’Est del mondo – oltre l’85% della popolazione mondiale – continuano ad espandersi. I nostri amici arabi apprezzano la partecipazione costruttiva della Russia agli sforzi di risoluzione dei conflitti in Medio Oriente.

Domanda: La dipendenza economica e militare della Russia dalla Cina è aumentata nel nuovo ordine multipolare?

Sergey Lavrov: Non stiamo “promuovendo” un ordine multipolare; esso sta oggettivamente prendendo forma attraverso la cooperazione, basata sugli interessi reciproci.

Le relazioni con la Cina non sono un’alleanza tradizionale. Non ci sono categorie di “leader” e “seguace”. La cooperazione russo-cinese apporta benefici pratici a entrambi i paesi, garantisce sicurezza globale e stabilità strategica.

Domanda: L’Italia è un paese ostile. A che livello sono le nostre relazioni bilaterali?

Sergey Lavrov: Per la Russia non ci sono paesi ostili, ma governi ostili. A causa della crisi a Roma, le relazioni russo-italiane sono nel peggior stato della storia del dopoguerra. Roma continua a fornire assistenza ai neonazisti di Kiev e a recidere legami culturali e contatti tra le società civili.

Molti cittadini italiani cercano comunque di capire le cause della tragedia ucraina. Una cooperazione paritaria e reciprocamente vantaggiosa tra Russia e Italia è possibile se Roma si muove verso il ripristino del dialogo basato sul rispetto reciproco.

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