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Fukushima un anno dopo: tutte le bugie della versione ufficiale

Lo studio (reperibile sul sito www.fisicamente.net/SCI_SOC/index-1916.htm) si basa sull’andamento delle principali grandezze all’interno del nocciolo (temperatura, pressione, livello) così come registrate dagli strumenti delle unità 1,2 e 3 al momento dell’incidente.

La versione ufficiale fornita dalla Tepco e dalle autorità giapponesi asseriva che: 1) il terremoto era stato di grado 9, molto superiore ai dati di progetto dei reattori; 2) i tre reattori in funzione si erano regolarmente spenti e i sistemi di raffreddamento erano entrati in funzione; 3) l’onda dello tsunami aveva messo servizio tutti i sistemi, elettrico e diesel d’emergenza, e ciò aveva causato gli incidenti ai noccioli delle unità 1,2 e 3.
Secondo la nostra ricostruzione invece: 1) il terremoto è stato di grado 9 nell’epicentro, situato nel mare a circa 125 km dalla costa, ma nel sito di Fukushima è stato valutato dalla Japanese Metereological Agency tra il 6° e il 7° grado cioè circa 900 volte inferiore. 2) i dati rilevati dai sismografi collocati nella centrale indicano che la stragrande maggioranza delle scosse erano inferiori ai dati di progetto. 3) malgrado ciò il sisma, indipendentemente dallo tsunami, ha messo fuori servizio la sottostazione elettrica (situata su un terrapieno che l’onda non ha raggiunto) privando la centrale dell’alimentazione esterna. 4) oltre agli incidenti nei tre reattori, si sono verificati danni molto gravi ad almeno due delle piscine del combustibile irraggiato collocate ad altezze notevolmente superiori all’onda dello tsunami, per cui tali danneggiamenti sono stati causati dal sisma. 5) 50 minuti dopo il sisma, l’onda dello tsunami ha messo fuori servizio i diesel d’emergenza (che erano regolarmente partiti); ma i sistemi di raffreddamento del nocciolo hanno riscontrato malfunzionamenti prima dell’arrivo dell’onda.

Per quanto riguarda i danni, come più volte anticipato in questo giornale, la fusione dei noccioli delle unità 1,2 e 3 è ormai un dato certo. In particolare il nocciolo 1, dopo 40 minuti dall’incidente (quindi prima dell’arrivo dell’onda) risultava totalmente scoperto ed aveva raggiunto la temperatura di 2800 gradi. La Tepco solo dopo il 15 maggio ha ammesso che il nocciolo 1 è «full melted» (totalmente fuso) e la massa fusa ha perforato il vessel colando nel basamento del contenitore primario, cosa mai accaduta nella storia nucleare. Per i noccioli 2 e 3 è stimata una fusione tra il 25 e il 60%. Per tutti e tre i reattori è accertata la perdita del contenimento primario con conseguente fuoriuscita di acqua altamente contaminata, poiché i tre noccioli devono essere raffreddati con continuità e non è possibile intervenire sulle perdite. I danneggiamenti alle piscine del combustibile irraggiato costituiscono una tipologia di incidenti che non erano mai stati presi in considerazione, e che si sono rivelati di elevata gravità. Le piscine infatti sono destinate ad assolvere una funzione statica (ospitare il combustibile esaurito scaricato dal nocciolo) per la quale non sono previste barriere di contenimento e sistemi di refrigerazione e di alimentazione di emergenza. Ricordiamo che i reattori n. 3 e 4 (spento) erano alimentati con combustibile misto uranio-plutonio, il Mox, e tale è anche il combustibile irraggiato nella piscina dell’unità 4. Oltre agli enormi quantitativi di acqua altamente radioattiva scaricati in mare, ne sono ancora accumulate negli edifici della centrale più di 100.000 tonnellate, il cui trattamento costituisce un problema irrisolto.

La diffusione della contaminazione radioattiva e la valutazione dei possibili danni per la popolazione è di difficile definizione, ma desta ancora preoccupazioni che tendono ad aumentare anziché dissiparsi. Per le zone evacuate, se non si vogliono considerare definitivamente perse, si può solo ipotizzare la decorticazione del terreno (modello Seveso): operazione titanica e dai risultati incerti (e dove conferire il terreno radioattivo?). Rilevazioni governative hanno riscontrato plutonio e stronzio radioattivo a distanze fino a 80 km dalla centrale. Il 27 ottobre «l’Istituto di Radioprotezione e Sicurezza Nucleare (Irsn) ha rilevato una concentrazione di Cesio 137 pari a 27 milioni di miliardi di becquerels nell’ oceano antistante la centrale, venti volte la quantità ammessa a giugno dalla Tepco. Per quanto riguarda infine la diffusione della contaminazione all’esterno del Giappone, tracce significative sono state rilevate in Russia (Krasnoyarsk), in California e in Austria. Un gruppo di ricercatori spagnoli ha «rilevato elevate concentrazioni di Iodio, Tellurio e Cesio sulla Penisola Iberica tra il 28 marzo e il 7 aprile provenienti dalla centrale di Fukushima» attraverso l’Oceano Pacifico, il Nord America e l’Oceano Atlantico.
Gli aspetti critici della tecnologia nucleare messi in luce da Fukushima sono assai più impattanti di quelli di Chernobyl, originato da errore umano, mentre qui si tratta di deficienze progettuali e di gestione che riguardano il rischio sismico, i sistemi di emergenza, il rischio black-out (perdita di alimentazione esterna), l’operatività delle sale controllo, e le piscine del combustibile esaurito che in tutti i reattori funzionanti ma anche nei nuovi reattori avanzati (Ap1000; Esbwr; Epr) sono collocate al di fuori del contenitore primario in edifici privi di contenimento. Infine è crollato il mito (peraltro frutto di calcoli probabilistici) della bassa frequenza di incidenti gravi: usando gli stessi parametri di valutazione della Nrc (Agenzia di sicurezza Usa) e tenendo conto che i reattori incidentati a Fukushima sono 3 (ma 3 erano fermi!) il prossimo incidente grave potrebbe verificarsi tra 3-7 anni. Diversamente da chi tende a minimizzare, riteniamo che quanto accaduto imponga che sulla sicurezza si adottino misure straordinarie se non altro perché a Fukushima si sono verificati due eventi di straordinaria gravità: gli incidenti alle piscine del combustibile e l’avvenuta perforazione di un vessel da parte di un nocciolo fuso. Non tenerne conto o sottovalutarne le implicazioni per l’intera comunità internazionale sarebbe la definitiva conferma che la tecnologia nucleare è tecnicamente incontrollabile e politicamente assoggettata ad interessi che nulla hanno a che vedere con il benessere e la sicurezza delle popolazioni.

* Il Manifesto del 24 marzo 2012

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