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Il Parkinson nei pesticidi

Il rischio di contrarre la malattia di Parkinson, la “Paralisi agitante” descritta nel 1817 da James Parkinson – patologia di origine ancora sconosciuta ad andamento lento e progressivo e la cui evoluzione varia di persona a persona – è notevolmente più elevato se ci si espone ai pesticidi.
Diversi studi dimostrano che i pesticidi possono causare la malattia di Parkinson ed un lavoro scientifico, pubblicato nel 2005 sulla rivista scientifica New Scientist, condotto su persone di cinque paesi europei (Scozia, Svezia, Italia, Malta, Romania) dimostra lo sviluppo della malattia. Sono soprattutto gli agricoltori, i giardinieri – che non sono soliti proteggersi quando eseguono i trattamenti con pesticidi – a sviluppare il Parkinson che aggredisce il 19% dei giardinieri “amatoriali” e addirittura il 43% dei coltivatori.
Persone che hanno una predisposizione familiare al Parkinson l’indice di rischio di contrarre la malattia sale al 350% e maggiore  è il numero dei pesticidi cui uno è esposto, più alto il rischio di sviluppare il Parkinson. Anche se David Coggon, dell’Università di Southampton, in Gran Bretagna, capo della Commissione Governativa sui Pesticidi (British Government’s Advisory Committee on Pesticides), ha affermato che allo stato attuale non è possibile individuare quali siano i pesticidi responsabili, che quotidianamente ci avvelenino.
Un’inchiesta svolta tempo fa (2005) da Legambiente cui ha collaborato il Movimento in Difesa dei Cittadini ha detto con chiarezza: il 50% della frutta commercializzata in Italia è contaminata da residui di pesticidi. Anche buona parte delle verdure non si sottrae a questa contaminazione, così come pasta, olio e altri prodotti alimentari derivati.
In Francia un decreto legge ha stabilito che il Parkinson è una malattia professionale per gli agricoltori stabilendo, in maniera molto chiara, il collegamento tra i pesticidi e il Parkinson. Va detto che un agricoltore, aveva vinto una causa da lui intentata in tribunale, contro la Monsanto (quella degli OGM), perché era stato intossicato e avvelenato dai vapori di un suo pesticida.
Uno studio, pubblicato negli Stati Uniti sulla rivista scientifica “Occupational and Enviromental Medicine” evidenzia che gli agricoltori non solo hanno, rispetto alla popolazione che non lavora la terra, un maggior rischio di contrarre il Parkinson ma anche un maggiore rischio di sviluppare un tumore cerebrale e, soprattutto il glioma.
Neurology, giornale dell’American Academy of Neurology, pubblica (2013) uno studio italiano di ricercatori della fondazione dell’ospedale San Matteo e del Centro per la malattia del parkinson di Milano che mostra che l’esposizione a pesticidi, solventi, sono collegati ad un alta possibilità di sviluppare il Parkinson.
Chi mangia cibi ricchi di antociani (flavonoidi), come nei frutti rossi e altri vegetali sviluppa di meno il Parkinson e la fava contiene L-Dopa , precursore della dopamina e farmaco importante in questa malattia. Va specificato che la levodopa può variare in relazione al tipo di fava, alla qualità e al microclima dove cresce ed è maggiormente contenuta nei semi verdi e nel baccello giovane delle fave.
Anche la Mucuna pruriens, una delle più importanti piante medicinali dell’India è neuroprotettiva e contiene nei suoi semi (mangiabili se bolliti) L-Dopa, la cui quantità, però, può essere persa a seconda del tempo di cottura.
La malattia di Parkinson che colpisce circa l’1% della popolazione al di sopra dei 60 anni è legata, fondamentalmente, ad una degenerazione di alcune cerebrali molto particolari quali i gangli della base e la sostanza nera, essenziali in quel sistema di vie nervose (sistema piramidale) che controlla e rende “fluidi” i movimenti muscolari.
Uno dei principali problemi della malattia è la perdita, in alcune cellule nervose cerebrali, di un neurotrasmettitore chiamato dopamina che però non è possibile somministrare direttamente poiché non riesce a penetrare nel cervello. Si utilizza quindi la levodopa che, oltre ad avere la capacità di penetrarvi, viene trasformata nel cervello in dopamina e non è certo una novità che la caffeina può potenziare gli effetti della levodopa.
La presenza nei cibi di ormoni, pesticidi (e dove li mettiamo gli antibiotici somministrati ad animali di allevamento, pesci compresi?) ed altre sostanze chimiche, desta una grande preoccupazione anche nei pediatri americani. Quest’ultimi, infatti, nel puntare l’indice contro questa contaminazione, denunciano che la comparsa della prima mestruazione (menarca) nelle bambine è scesa addirittura a sei anni nelle comunità di colore. Una pubertà molto precoce che non può non destare preoccupazione per la salute futura dei bambini.

rmsuozzi@mclink.it

da www.manifestiamo.eu

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