Secondo alcune fonti appare incontenibile. Altre riducono invece i fattori di rischio per aree diverse dall’Africa. L’ epidemia d’Ebola rapidamente sviluppatasi nei paesi dell’Africa Occidentale è stata definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità “fuori controllo” il 16 luglio scorso . Il direttore generale dell’Oms, Margaret Chan, e i presidenti dei Paesi africani colpiti dall’epidemia si sono incontrati alcuni giorni fa in Guinea per lanciare un nuovo piano di contrasto da 100 milioni di dollari. Domenica scorsa il governo britannico ha chiesto al comitato per le emergenze nazionali di approntare le contromisure per affrontare una diffusione del contagio sul territorio britannico. Il ministro degli Esteri britannico, Philip Hammond, ha detto che il virus rappresenta una minaccia per il Regno Unito. Il Public Health England, l’autorità sanitaria inglese, ha allertato le dogane e gli aeroporti imponendo di prestare la massima attenzione ai sintomi dei passeggeri – soprattutto provenienti dall’Africa – che potrebbero rivelare l’insorgere della malattia. La versione ufficiale sulle origini del virus Ebola così riassume: “L’Ebola è apparsa la prima volta nel 1976 in due focolai contemporanei: in un villaggio nei pressi del fiume Ebola nella Repubblica Democratica del Congo, e in una zona remota del Sudan. L’origine del virus non è nota, ma i pipistrelli della frutta (Pteropodidae), sulla base delle evidenze disponibili, sono considerati i probabili ospiti del virus Ebola” (sito Ministero della Salute)
L’epidemia di Ebola che ha investito l’Africa occidentale è «senza precedenti, assolutamente fuori controllo e la situazione può solo peggiorare”, con il rischio reale che vengano colpiti «altri Paesi» ha affermato il direttore delle operazioni di Medecins Sans Frontieres, Bart Janssens. La pensa diversamente il dott. Spinazzola, infettivologo, secondo cui “Le probabilità che (Ebola) possa diffondersi comunque al di fuori dell’area geografica in cui si è manifestato sono del tutto trascurabili. La situazione appare del tutto fuori controllo” – afferma Spinazzola in una intervista su Il Fatto
Il micidiale virus, però si sta diffondendo rapidamente, ha già colpito Guinea, Sierra Leone e Liberia, mentre si segnala il primo caso mortale in Nigeria. Eppure da marzo ad oggi, sono stati registrati 1.201 casi e 672 morti, secondo quanto riporta il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie di Atlanta. Una nota l’Oms riassume i dati aggiornati al 27 luglio. “Tra il 23 e il 27 luglio – si legge – si è avuto un aumento dell’8,5% dei decessi e del 10% dei casi”. La Guinea, da cui è partita l’epidemia, conta 460 casi e 339 morti, la Liberia – dove sono state chiuse le scuole – 329 casi e 156 morti e la Sierra Leone 533 casi e 233 morti.
Secondo la Commissione Europea di Bruxelles “Il rischio che il virus ebola si diffonda in Europa è al momento basso perché la maggior parte dei casi è in aree remote dei Paesi colpiti”, ma anche le istuituzioni di Bruxelles sottolineano che l’epidemia di Ebola che sta colpendo l’Africa occidentale “è la più grave di sempre”. Scattato l’allarme anche negli Stati Uniti dove, secondo Susan Rice, consigliere per la sicurezza nazionale, l’epidemia è fonte di “grave preoccupazione”.
In Italia il Ministero della Salute ha postato l’ultima nota ufficiale lo scorso 1 agosto tenendo i toni bassi, anche e soprattutto sugli allarmismi diffusisi relativamente agli sbarchi di immigrati provenienti dall’Africa sulle coste italiane: “Riguardo le condizioni degli immigrati irregolari provenienti dalle coste africane via mare, la durata di questi viaggi fa sì che persone che si fossero eventualmente imbarcate mentre la malattia era in incubazione manifesterebbero i sintomi durante la navigazione e sarebbero, a prescindere dalla provenienza, valutati per lo stato sanitario prima dello sbarco, come sta avvenendo attraverso l’operazione Mare Nostrum” scrive il Ministero. Possiamo stare tranquilli? In Europa e negli USA forse si, ma in Africa la situazione appare considerevolmente diversa e se si ragiona in termini di globalizzazione forse è tempo di pretendere qualcosa di più o almeno di più chiaro dalle autorità sanitarie internazionali.
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