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E’ ora di aprire gli occhi. Un’analisi sulle prossime elezioni

Migliaia di manifesti da qualche settimana colorano i muri, i cassonetti, i tabelloni, i tronchi degli alberi, i pali della luce, i portoni della nostra città. Centinaia di migliaia di “santini” e fac-simili sparsi come coriandoli per le strade, posti tra i tergicristalli delle auto, nelle cassette della posta, sotto le fessure delle porte, in bella mostra sui banconi dei bar, nelle edicole, nei locali. Una manna dal cielo per le economie delle aziende tipografiche del territorio. Manifesti con slogan strani, illeggibili, impensabili. Alcuni in dialetto (per rimarcare l’appartenenza al territorio e autorappresentarsi come un candidato del e tra il popolo), altri con citazioni cinematografiche, altri ancora con slogan trasversali a schieramenti di destra e sinistra, buoni per ogni occasione e per ogni casacca. Facce strane, alcune mai viste prima, altre che esibitisi come la novità sono invece le stesse degli ultimi 15/20 anni. Niente di strano rispetto alle campagne elettorali cui ci hanno abituato negli ultimi decenni. Niente di diverso rispetto a quanto avviene in ogni città negli anni della spettacolarizzazione e personalizzazione della politica, delle trasformazioni che hanno di fatto estinto il ruolo delle tradizionali organizzazioni politiche di massa, sostituite dalle strutture leggere flessibili e leaderistiche, nei tempi del maggioritario e dei premi di maggioranza.

Alcuni manifesti attaccati in fretta e in furia sono stati altrettanto celermente strappati o ricoperti dai nuovi, ri-sfornati e ancora caldi con in calce il nome del nuovo candidato sindaco. Di altri invece, che nelle passate competizioni elettorali ci avevano abituati ad un attacchinaggio a tappeto, non se n’è propria vista traccia, quasi si aspettassero la ricusazione della propria lista, solo in extremis riammessa da sentenza del Consiglio di Stato. Vero è che i Cinghiali  sono vecchie volpi della politica,  bravi a leggere ed anticipare i tempi, agili come i gatti a cadere sempre “in piedi”, (lo hanno dimostrato scaricando il PSI prima e Berlusconi dopo), ma mai avremmo pensato avessero la capacità di presagire il futuro! Comunque, nonostante il ritardo di alcune settimane nella conduzione della propria campagna elettorale e nonostante la necessità per Paolini di dover ri-stampare le nuove versioni dei propri fac-simili con il simbolo della riammessa “Cosenza Popolare”, i nostri Cinghiali già sguazzavano nelle torbide acque della politica, districandosi nei precari equilibri di tenuta delle alleanze per poter incassare il massimo del risultato con il minimo sforzo.

È evidente che l’avvento del compare Guccione abbia scompaginato a molti le carte in tavola. Qualche scricchiolio nella tattica dei f.lli Pino e Tonino si è certamente avvertita: “scarichiamo mo’ il “povero” Paolini o a parola è parola”, avranno pensato. Certo è che qualcosa frigge nella pentola dei Gentile. Possibile che ci sbaraglieranno con nuove e più entusiasmanti performance. Troveranno senz’altro il modo per far pesare il proprio pacchetto di voti ed essere determinanti nei prossimi scenari politici, nonostante il basso profilo dei candidati della propria lista e l’assenza del nome di punta della loro “catalogo”, la già vice sindaco nella precedente amministrazione, e a dire di Paolini la prossima sua vice in caso di vittoria, Katia Gentile.

Lo stravolgimento verificatosi nelle liste a pochi giorni dalla loro presentazione non ha riguardato solo l’asse Gentile/Paolini ma anche il PD, con l’improvvisa e inaspettata rinuncia dell’uomo dei vip Lucio Presta. In realtà, negli stessi giorni a qualche centinaia di km di distanza, il PD si cimentava nella stessa impresa con la rinuncia in extremis a Platì dell’ “enfant prodige” della Leopolda (cit. Renzi) che per un intero inverno ci aveva quasi convinto della possibilità del riscatto del piccolo comune aspromontano, salvo all’ultimo minuto accorgersi del dietro front del suo stesso partito e dell’isolamento cui l’avevano costretta i capoccioni locali del PD.

Per tornare a Cosenza, non sono bastate le attenzioni dei vari Del Debbio, Briatore, e delle veline al seguito, per far digerire ai cosentini l’uomo di Renzi, Presta. La sua tattica di sacrificare la santa alleanza, quell’ipotesi di partito della nazione in salsa bruzia, sperimentata a livello nazionale tra PD e NCD, che si profilava nei giorni subito successivi alla defenestrazione di Occhiuto, allargata sul territorio cosentino al PSE di Paolini, santificata quasi contemporaneamente dal Nazareno con la nomina di Gentile a sottosegretario nel governi Renzi, non ha convinto i centurioni del pd cosentino, che conti alla mano e verificata l’ipotesi di essere tagliati fuori per altri 5 anni dalla gestione diretta del comune di Cosenza,  si sono affidati alle mani più rassicuranti di Compare Guccione.

Le “cantate” degli illustri pentiti che scaricano su Occhiuto e Paolini, due dei tre maggiori aspiranti candidati a sindaco, la propria “compilation di accuse” hanno certamente condizionato l’apertura e la conduzione di questa campagna elettorale. Si tratta degli stessi personaggi che cinque anni fa si sfidarono al ballottaggio per la carica di primo cittadino del capoluogo bruzio. Non per etica né per moralità, ma per una  fredda variabile matematica  (il numero di voti conseguiti al primo turno) il nome sulla bocca dei pentiti non è stato quello del precedente candidato dem, non classificatosi al precedente ballottaggio, che siamo certi sarebbe stato oggetto della corte delle ‘ndrine al pari dei suoi colleghi, cosi come “naturalmente” lo sono stati i suoi omologhi  piddini a Rende e Castrolibero. Il tutto a dimostrare come la malavita non si curi tanto delle sfumature ideologiche e politiche, non abbia tessere, non partecipi a congressi di partito, ma sia mossa da esclusivi interessi di potere e dunque determini e ridetermini le proprie attenzioni sull’uomo e sul partito politico al potere in quel particolare momento.

Tutto ciò a rappresentare che nessuno dei tre maggiori competitor ha il diritto ad elevarsi al rango di  perbenista e moralista perché in mezzo a tutti ‘sti signori i più puliti hanno la rogna.

Tra rimborsopoli, “festival della delazione”, ipotesi di tangentoli alla cosentina e maxi operazioni, sembra che il minimo comun denominatore nei curricula dei tre maggiori esponenti delle coalizioni locali sia la tendenza a cacciarsi nei guai e a sguazzare nel mangia-mangia degli intrallazzi.

Non ci interessa entrare nel merito della vicende e tifare per questo o per quello, non confidiamo certo nell’operato della magistratura, che si dimostra sempre forte con i deboli e debole con i forti, quello che auspichiamo e per cui quotidianamente lottiamo è creare le condizioni perché i vari Occhiuto Paolini, Guccione e compagnia cantante vengano rovesciati non per merito di una sentenza emessa da una corte di tribunale ma per mezzo dell’autorganizzazione e della riscossa delle masse popolari.

Altro elemento, che certo non può sfuggire agli occhi dei più, è la nuova figura sociologica del “candidato”, per inciso più di 1.000 su Cosenza su 45.000 votanti (60.000 aventi diritto). Negli anni del disimpegno politico, del disincanto, della fine delle ideologie, della retorica del “lasciar stare perché tanto niente cambierà”, Cosenza sembra segnare una controtendenza. Dovremmo leggere questo nuovo dato come un elemento che facesse ben sperare in una rinnovata fase di una più attiva (anche generazionalmente) partecipazione di massa alla gestione della cosa pubblica. In realtà dalla lettura che sappiamo trarre dall’analisi del territorio che percorriamo giornalmente con i nostri interventi di lotta, sappiamo che altri sono i sentimenti che spingono alla candidatura queste masse di aspiranti consiglieri, e tra questi l’amore per la propria città e la propria gente, in un’ipotetica classifica di valori viene sicuramente superato dai più materiali interessi economici. Ogni ditta edile, ogni azienda, ogni call center, ogni clinica privata contrariamente ai tempi passati in cui si limitava alla concessione di un pacchetto di voti in cambio di una vana promessa, esprime ora un proprio diretto candidato nella lista dell’auspicabile nuovo sindaco, fiduciosi così di poter ottenere ciò che pensano gli debba spettare di diritto in cambio della propria attiva partecipazione alla causa. I lavoratori, i dipendenti di ognuna di queste aziende diventano merce di scambio con il politico di turno. Accanto alle tradizionali forme di sfruttamento che sono costretti a vivere quotidianamente fatte di turni spropositati, salari da fame, contratti precari, sono anche costretti a sponsorizzare la candidatura dell’uomo del loro padrone nella speranza di un contratto diverso o del miglioramento della loro condizione lavorativa.

Sui muri della città risalta uno strano manifesto, uno paio di occhiali da vista neri su uno sfondo bianco e la scritta “è ora di vederci chiaro”. Badate bene non si tratta né della pubblicità di una clinica oculistica privata, né dell’apertura di una nuova ottica, ma della nuova pensata elettorale del candidato PD Carletto Guccione. Sembra un paradosso che il partito dello sceriffo Renzi e di Oliverio, il partito al governo nazionale e regionale, il più strenuo sostenitore delle politiche europeiste di austerità, il fautore delle riforme di privatizzazione dei settori centrali dell’economia del nostro paese, delle leggi di precarizzazione del mercato del lavoro, il partito delle guerre e dei pogrom sui poveri e migranti, il partito di mafia capitale, del business sull’accoglienza dei rifugiati, il partito responsabile di rimborsopoli in Calabria, del degrado della nostra rete sanitaria, invochi la necessità di vederci chiaro. Tali personaggi dovrebbero sperare e pregare che gli elettori, le masse popolari, i lavoratori di questa terra continuino a fare finta di non vedere, continuino a non voler vedere lo sfacelo che lor signori trasversalmente a destra e sinistra hanno fatto della nostra terra. Dovrebbero supplicare che i calabresi continuino a camminare con il paraocchi, perché quando arriverà il giorno in cui finalmente inizieranno a vedere, per questi signori sarà l’inizio della (loro) fine.

La prossima scadenza elettorale sarà un appuntamento centrale nell’agenda politica dei prossimi anni. Si giocheranno interessi importanti per il futuro della nostra città, e i 3 sciacalli che si contendono la poltrona a sindaco sanno benissimo quali e quanti saranno gli interessi economici in gioco nei progetti in cantiere: dalla ridefinizione della rete dei trasporti locali (metropolitana leggera, collegamento Cosenza-Catanzaro), al nuovo polo ospedaliero cosentino, dalle nuove concessioni edilizie alle nuove e inutili grandi opere.

Riconoscendo la delicatezza di questa particolare fase politica, la valutazione assunta dal collettivo Rialzo/Prendocasa varia sostanzialmente rispetto al passato. Se negli anni scorsi la parola d’ordine che ha caratterizzato l’agire del collettivo nelle scadenze elettorali di qualsiasi ordine e grado è stato quello dell’astensionismo militante (vota nessuno, per intenderci), partecipando attivamente solo alle scadenze referendarie che avevano al centro questioni cruciali come i beni comuni e il no al nucleare, in questa particolare scadenza elettorale pensiamo che il nemico numero uno da battere sia l’asse PD-NCD potenzialmente in definizione con la discesa in campo di Guccione e il ridotto impegno di sponsorizzazione dei Cinghiali rispetto alla candidatura di Enzo Paolini. Non abbiamo voluto, nonostante le avance registrate anche da parte di settori non propriamente riconducibili ad un immaginario di sinistra, essere parte organica di una lista. Non nascondiamo certe nostre affinità con la lista “Cosenza in comune”, alla cui definizione lavorano compagni con i quali operiamo spalla a spalla quotidianamente nella lotta per la casa e negli altri nostri interventi. Riconosciamo in Valerio Formisani un compagno valido che, operando come noi quotidianamente nelle contraddizioni e nei problemi di quella massa di proletari e sottoproletari che non riescono ad arrivare alla fine del mese e ai quali viene negato l’accesso alle cure sanitarie e il diritto alla salute, conosce cosa vuol dire l’impegno sociale per servire gli interessi degli ultimi. Lasceremo ad ognuno dei nostri compagni libertà di coscienza, se votare o meno, ma per Prendocasa i tempi non sono ancora maturi per un impegno sostanziale e organico a sostegno della lista in una competizione elettorale.

Infine per spezzare sul nascere qualsiasi malalingua, anticipare blaterazioni e farneticazioni di qualche pennivendolo e parolaio, che pure si erano presentate nei mesi scorsi,  sull’essere troppo morbidi con la precedente amministrazione ribadiamo che, Noi non sponsorizziamo nessuna lista elettorale, figurarsi quella di Mario Occhiuto (che per inciso è lo stesso personaggio responsabile dello sgombero silente dei rom, e dello sgombero della nostra occupazione del Verbo Incarnato). Tra le altre cose, l’ex sindaco dimentico dell’impegno pubblicamente preso qualche anno fa in  merito alla ri-destinazione d’uso del parco sociale che sorge nell’area delle ex officine, nel suo innovativo programma elettorale prevede di far edificare una chiesa laddove ora sorgono i capannoni del centro sociale (link qui). Quindi, se relazioni politiche sono intercorse tra Prendocasa e l’ex amministrazione (link qui) in merito al tema dell’emergenza abitativa, queste sono state il prodotto di un rapporto di forza che ha costretto il comune al dialogo, scippato per mezzo delle pratiche militanti (occupazioni, cortei, presidi) che il collettivo ha messo in campo. Pratiche che certamente saremmo ben lieti di riproporre a qualsiasi sarà l’amministrazione con cui dovremo fare i conti, perché siamo ben coscienti che la partecipazione alla vita politica non si misura con il numero di timbri posti su una scheda elettorale, non si esaurisce col voto ma è data dall’impegno quotidiano alla causa della nostra classe e dalla capacità di sacrificare parte della propria sfera privata all’interesse collettivo, sentendo come propria “qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo”.

Prendocasa Cosenza

 

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