In questi tempi di crisi permanente, i discorsi xenofobi, razzisti e fascisti si stanno pericolosamente diffondendo nei quartieri popolari di tutta Italia. A riprova di ciò, è sufficiente dare uno sguardo ai risultati delle ultime elezioni comunali.
Qui, nel quadrante di Roma-est, in quartieri proletari e storicamente anti-fascisti come il Pigneto, Villa Gordiani, Quarticciolo, Centocelle, Tor Sapienza e Tor Bella Monaca, si è visto una notevole avanzata elettorale dell’organizzazione neo-fascista Casa Pound e la schiacciante vittoria di Giorgia Meloni sul candidato sindaco Pd.
C’è da dire che i partiti della sinistra istituzionale non si sono minimamente posti il problema della perdita dell’elettore che vive nelle periferie. La verità è che al piccolo borghese progressista del PD della solitudine esistenziale, sociale e politica del proletariato metropolitano non gliene frega niente. È il completo disinteresse nei confronti dei problemi più stringenti del proletariato, come la casa, il lavoro, il trasporto, la salute, a segnare il declino di queste forze politiche in questi territori.
Chi, commentando la sconfitta dei partiti di sinistra dopo le ultime elezioni, ha evidenziato che all’origine di questo tracollo vi è la transizione politica dai “bisogni” delle periferie popolari ai temi della “cultura della legalità”, della sicurezza urbana, della lotta alla microcriminalità – coglie nel segno.
Puntare tutto sulla centralità dei diritti del cittadino piccolo borghese rispetto ai bisogni del proletariato è stata la scelta che ha messo le periferie popolari contro le forze politiche che sino allora le avevano tradizionalmente rappresentate.
Oggi appare evidente che questo cambio di paradigma politico ha giovato solo al consolidamento di organizzazioni fasciste e xenofobe. Ma se è vero che le organizzazioni neo-fasciste stanno acquisendo forza e consenso grazie al vuoto culturale e politico che i partiti di sinistra hanno lasciato nei territori in cui erano egemonici, è altrettanto vero che è il paradigma securitario, come inedita modalità di governo, a renderli davvero forti.
Il securitarismo, come inedito regime politico, ha trasformato la democrazia basata sullo stato di diritto in democrazia d’eccezione, una specie di totalitarismo soft. Oggi, infatti, con la formula “per ragioni di sicurezza”, adottata in ogni ambito della vita quotidiana, dai quartieri ai conflitti internazionali, si impone e si giustifica qualunque misura tanto economica che politica o giudiziaria.
La formula “per ragioni di sicurezza”, in sostanza, funziona come un argomento autorevole che, tagliando corto ogni discussione, permette di imporre prospettive e misure che non si accetterebbero senza di essa.
È in questo clima politico, che ad una decina di compagni e compagne dei collettivi di Roma est sono state applicate da fine giugno delle misure restrittive sotto forma di obbligo di firma due volte al giorno, in relazione ad una presunta contestazione ad un banchetto elettorale di Salvini, a cui sono stati aggiunti poi tre avvisi orali divenuti ormai ordinaria amministrazione.
“Ogni contrada è patria del ribelle”, recitava la strofa di una famosa canzone della resistenza. Evidentemente non siamo più in quel periodo, in quanto tutte i partiti e le organizzazioni neo-fasciste non sono più “fuori” dalla democrazia, ma sono diventate legittime e fanno ormai parte del gioco governamentale.
Per comprendere l’abnormità delle misure restrittive adottate negli ultimi anni nei confronti dei compagni di tutta Italia, dobbiamo riuscire a cogliere l’elemento di depoliticizzazione contenuto nel paradigma securitario. Nel momento in cui la sicurezza diventa “totalitaria”, nel senso che tende a imporsi sia come paradigma fondamentale dell’azione di governo degli Stati e, al tempo stesso, come desiderio sociale dei cittadini, una dialettica politica non è più semplicemente possibile: la sola partecipazione possibile è il sondaggio d’opinione, la scheda elettorale e l’adeguamento di ciascuno alle norme di comportamento quotidiano.
Per tutti quelli che non si sottomettono e non si adattano a una tale non vita politica c’è naturalmente un aumento della repressione poliziesca e giudiziaria. Insomma, quello che è accaduto ai compagni di Roma est non è l’eccezione ma la regola. Siamo convinti che l’unico modo per sconfiggere l’illusione dei “cittadini” di delegare a polizia e fascisti la “sicurezza” nei quartieri, consista nel vivere e organizzarsi nelle strade. Tessere amicizie e legami solidali nei quartieri è l’unico modo che abbiamo di opporci ai dispositivi repressivi.
È Per questo che la sera del 28 luglio organizzeremo una serata di convivialità in Piazza Persani-Nucitelli, per sostenere le spese legali dei compagni che stanno subendo questi provvedimenti.
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