In seguito alle denunce Dell'usb-Settore Privato, il Tribunale del Lavoro di Catania ha condannato l'Oda- Opera diocesiana d'assistenza, per comportamento antisindacale.
Ecco un ampio stralcio della sentenza, che ha condannato l’Oda per comportamento antisindacale, già condannata per lo stesso motivo dallo medesimo tribunale del lavoro, nel marzo del 2012.
"Il tribunale del lavoro in composizione monocratica, ha recentemente sentenziato, accogliendo in toto, il ricorso ex art. 28 dello Statuto dei lavoratori, l’organizzazione sindacale Unione Sindacale di Base – Lavoro Privato chiedeva al giudice adito di dichiarare antisindacale il comportamento posto in essere dalla Oda:
1) omesso versamento delle trattenute sindacali;
2) omessa informazione, consultazione e partecipazione ai criteri per l’attuazione dei trasferimenti individuali dei lavoratori disposti in data 24.8.2016.
Oggetto del procedimento ex art. 28, l. n. 300/1970, è esclusivamente la repressione della condotta antisindacale e, precisamente, come specificato nel testo del comma 1, la repressione di comportamenti del datore di lavoro “diretti ad impedire o a limitare l’esercizio della libertà sindacale nonché del diritto di sciopero”.
Per integrare gli estremi della condotta antisindacale di cui all’art. 28, l. n. 300/1970, è sufficiente che venga posto in essere un comportamento oggettivamente lesivo degli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro, potendo sorgere l’esigenza di una tutela della libertà
Risulta incontroverso l’omesso versamento delle ritenute sindacali effettuate dalla convenuta sulle buste paga dei lavoratori aderenti all’organizzazione ricorrente (circa il 25% dei dipendenti in organico), reiteratosi per diversi anni, nonostante il precedente provvedimento emesso da questo ufficio, in relazione a pregressa fattispecie (v. Decreto ex art. 28 St. lav., 30.3.2012, est. Musumeci).
È chiaro che l’allegato inadempimento integra una lesione della libertà sindacale, deprivando l’associazione di risorse economiche indispensabili per il suo stesso funzionamento. A tal riguardo, a nulla possono valere gli adempimenti parziali già effettuati dalla convenuta, dato che l’inadempimento si è protratto per diversi anni ed assume ormai connotati di gravità.
Del resto, l’ODA non fornisce alcuna idonea prova in merito all’insostenibilità dei versamenti, limitandosi a formulare difese meramente labiali. Ne consegue che l’inadempimento integrato dall’O.D.A. non appare, allo stato degli atti, giustificabile.
Al riguardo, la Suprema Corte ha rimarcato che “Qualora il datore di lavoro affermi che la cessione comporta in concreto, a suo carico, un onere aggiuntivo insostenibile in rapporto all’organizzazione aziendale e perciò inammissibile ex art. 1374 e 1375 cod. civ., deve provarne l’esistenza. L’eccessiva gravosità della prestazione, in ogni caso, non incide sulla validità e l’efficacia della cessione del credito, ma può giustificare l’inadempimento del debitore ceduto, mentre il rifiuto del datore di lavoro di effettuare tali versamenti, qualora sia ingiustificato, configura un inadempimento che, oltre a rilevare sul piano civilistico, costituisce anche condotta antisindacale” (Sez. L, Sentenza n. 21368 del 07/08/2008).
Risulta fondata anche la dedotta violazione degli obblighi di informazione, consultazione e partecipazione ai criteri da concordare per l’attuazione dei trasferimenti individuali dei lavoratori effettuati in data 24.8.2016, in relazione a quanto prescritto dal Protocollo delle relazioni industriali del 30.7.2015, che appunto fissa specifici oneri di comunicazione e di coinvolgimento della Organizzazione sindacale con riguardo a tutti gli atti da cui derivano conseguenze riguardanti il personale.
Nei confronti della ricorrente, invero, non risulta provato l’adempimento degli obblighi di informazione preventiva (circostanza pacifica), né successiva, non potendo quest’ultima reputarsi assolta dalle generiche convocazioni disposte dall’ODA, in sede peraltro separata rispetto alle restanti O.S., e solo a seguito delle iniziative di protesta promosse dalla ricorrente (v. doc. 5 e ss., fasc. ricorrente). Inoltre, la convenuta non ha dato prova neppure dell’esistenza dei criteri previsti dall’art. 27 CCNL, ai fini dei trasferimenti del personale, né di avere cercato di coinvolgere a tal fine l’O.S. ricorrente. Il ricorso è pertanto fondato e va accolto".
A questo punto, c'è da chiedersi, l'arcivescovado di Catania che dice, chefa?
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