Il clima elettorale delle amministrative sta avendo conseguenze negative anche su esponenti dell’intellettualità democratica che, pur con argomenti parzialmente condivisibili, purtroppo finiscono col cadere in una “deriva piddina”.
Questo è il caso del prof. Massimo Villone che molti di noi della sinistra di classe hanno apprezzato e apprezzano per le battaglie contro l’autonomia differenziata o per la difesa della Costituzione contro il referendum renziano o, più recentemente, per la forte critica al demagogico taglio dei parlamentari.
La vicenda è presto riassunta: nell’edizione cittadina de “La Repubblica” di oggi esce un commento del citato costituzionalista sugli stati generali organizzati dalla Ministra Carfagna e, giustamente, si critica sia l’incapacità di Napoli ad assumere il suo ruolo di capitale del Mezzogiorno, sia quella del Consiglio Comunale a sviluppare un dibattito di alto profilo.
E’ chiaro che questa difficoltà a Napoli deriva soprattutto dal fatto che non ci troviamo soltanto difronte alla fine di un mandato politico-amministrativo ma, a differenza di altre città, alla chiusura di un ciclo politico caratterizzato dalle due giunte De Magistris dove ci sono stati momenti in cui il consesso cittadino è riuscito ad avere anche quei momenti di “alto profilo” oggi assenti (si pensi da ultimo il fallimento del dibattito sulla grave situazione occupazionale della città o all’atteggiamento “distratto” di alcuni consiglieri nella giornata dell’8 marzo).
E’ altrettanto chiaro che ad un intellettuale e giurista dello spessore del prof. Villone questo aspetto non può sfuggire e, quindi, non si può accettare che venga proposta una soluzione semplicistica come lo scioglimento anticipato del Consiglio e il conseguente commissariamento del Comune, del resto in città, da alcuni anni, è già presente un Commissario ed è quello per Bagnoli, territorio della periferia occidentale, e non sembra che abbia dato buoni risultati…..
La soluzione commissariale sarebbe irresponsabile in piena pandemia, aprirebbe la strada sul piano finanziario al dissesto non appena arriverebbe nell’aula consiliare il bilancio con altre conseguenze negative per i cittadini che dovrebbero subire una spinta alla privatizzazione dei servizi, alla svendita del patrimonio e ad ulteriori aumenti dei tributi.
In sintesi, appoggiando una simile proposta si appiattirebbe il ruolo di un autorevole esponente dell’intellettualità napoletana, aldilà delle intenzioni, a quello di cassa di risonanza delle posizioni del PD e della destra non a caso schierate sullo scioglimento anticipato e sul commissariamento.
La questione è più complessa e richiederebbe, pur nei limiti di un articolo di giornale, un contributo più analitico perché è questo che ci si aspetta da chi ha elevate capacità di elaborazione.
Ad esempio, recuperare l’autonomia dei Movimenti eccessivamente istituzionalizzatisi, e, in alcuni casi diventati più “governisti” degli attuali Amministratori darebbe un contributo qualitativamente diverso, servirebbe a dare un aiuto al ristabilimento di una corretta dialettica in città e sarebbe uno stimolo anche agli intellettuali a recuperare la propria autonomia.
Come sinistra di classe, non avendo interessi di bottega da difendere, meglio possiamo distinguere l’interesse della città dal piccolo cabotaggio e, soprattutto, meglio possiamo porci l’obiettivo di aprire un nuovo ciclo politico che sia in continuità con gli aspetti positivi di questi ultimi dieci anni e in rottura con quelli negativi.
Se gli aspetti positivi ci sono chiari (ad esempio le delibere costituzionalmente orientate, la lotta contro il debito ingiusto, beni comuni e spazi liberati, difesa dell’acqua pubblica) non sempre, invece, abbiamo sviluppato una discussione adeguata su quelli dove occorre discontinuità/rottura come, ad esempio, il Partito-Amministrazione o fortemente personalizzato com’è DE.MA., i perimetri variabili delle alleanze politiche che portano ad imbarcare personaggi dalle posizioni politiche ambigue, degenerazione del pluralismo in Manuale Cencelli, l’ente Città Metropolitana visto come camera di compensazione degli squilibri a livello di incarichi comunali, arretramento del pubblico e avanzamento del privato di cui si vedono segnali preoccupanti come dimostra la vicenda della Villa Comunale.
Su questi ed altri punti qualificanti sfidiamo l’intellettualità democratica e progressista a dare un proprio contributo, altrimenti se si scende sul piano della mera polemica politica viene meno anche da parte loro l’ “alto profilo” la cui assenza viene giustamente criticata nell’Amministrazione e nell’Assise cittadina.
*segretario provinciale PRC di Napoli
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