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Napoli, primo bilancio dopo le elezioni

Ecco la nostra valutazione sulle elezioni a Napoli.

Ringraziamo tutte e tutti i nostri 4.358 votanti, tutte le nostre candidate e candidati, chi ci ha dato fiducia e chi, pur non votandoci, si è fermato un attimo ad ascoltare.

E’ soprattutto per loro che sono pensate queste righe. Perché abbiamo tanto da fare e non dobbiamo perderci di vista.

Subito al lavoro per crescere, migliorare, far appassionare le persone alla politica – da intendere non come spartizione di risorse per sé e i propri amici, ma come strumento di emancipazione collettivo!

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A NAPOLI VINCONO LA RASSEGNAZIONE, LE CLIENTELE, LA RESTAURAZIONE.

MA ABBIAMO GLI ELETTI E LE FORZE PER COSTRUIRE L’OPPOSIZIONE!

Partiamo dal dato più rilevante.

Non era mai successo che a Napoli un sindaco fosse scelto dal 47% degli elettori, meno di un cittadino su due. Questo è un problema enorme per chiunque creda nella partecipazione, nella politica come strumento di emancipazione e non come gioco interno a lobby e cordate di potere.

È un problema enorme perché non è solo napoletano ma riguarda tutto il paese, e soprattutto i soggetti sociali che vorremmo coinvolgere. In loro assenza, le elezioni diventano poco più che primarie interne alla classe dominante.

Sarebbe ottimista dire che nell’astensione ci sia una forma di “protesta”. Di sicuro c’è distanza e anche ostilità verso le istituzioni. Ma è il sintomo di una frammentazione, di un “si salvi chi può” generalizzato, dell’idea che i propri problemi e la loro risoluzione non intercettano in nessun modo la dimensione collettiva.

E infatti a questo picco di astensione corrisponde un generale languore anche su molti altri livelli di partecipazione, soprattutto fra i giovani che sempre sono stati il motore del cambiamento.

Nel lavoro strada per strada avevamo toccato con mano la rassegnazione, il mantra che “nulla può cambiare”, l’indifferenza verso la politica e persino l’attività sociale o sindacale, a meno che non abbia qualcosa da “assicurare”. Anche quel poco di speranza che aveva mosso la protesta populista dei 5 Stelle dopo la fine della sinistra e dei movimenti nel 2008-2011, si sentiva che si era chiusa…

In queste condizioni – che derivano sia da una situazione materiale di crisi, di emigrazione, aggravata senza dubbio dall’ultimo anno e mezzo di Covid, sia da un Governo Draghi in cui tutti i partiti sono insieme e le alternative invisibili – a mobilitarsi sono solo le clientele, gli amici e i parenti dei candidati, chi ha qualcosa da guadagnarci. Mentre chi avrebbe bisogno del cambiamento non ci crede e resta a casa.

Così, chi mette più liste e candidati a terra, chi ha dalla sua il potere e le linee di finanziamento del Recovery in mano, chi riesce a dare l’idea di una stabilità, vince a mani basse ovunque.

Qualsiasi cosa invece “puzzi” di cambiamento o di contestazione o semplicemente non ha “agganci” forti (sinistra alternativa al PD, sinistra interna al PD, persino gli stessi 5 Stelle o le loro scissioni neopopuliste), tende a scomparire.

Era già successo con le Regionali dell’anno scorso, ora succede in modo ancora più forte in tutta Italia, al di là di alcune esperienze locali che meritano di essere valorizzate (Caserta Decide al 7,7, Adesso Trieste all’8%, Potere al Popolo Volla al 12%).

In particolare le grandi città che avevano provato a uscire dall’alternanza centrodestra/centrosinistra, come Napoli, Torino, Roma, pagano lo scotto: i rappresentanti di queste esperienze non arrivano nemmeno al ballottaggio. È una sorta di Restaurazione, che ha come suo perno politico il PD, ma che in realtà bypassa lo stesso partito e il segretario Letta, per configurare una dimensione in cui conta soprattutto l’affiliazione della singola cordata di potere e del singolo rappresentante a un apparato amministrativo che va dall’Unione Europea all’ultimo consigliere municipale che spera di partecipare della spartizione.

Tornando a Napoli, Manfredi partiva dal 58% preso da De Luca l’anno scorso nella nostra città: ha aggiunto a quel blocco di liste una parte consistente in uscita da Forza Italia e un’altra parte più piccola proveniente da Sinistra Italiana e dal mondo delle cooperative Gesco. Così ha montato un 65% in cui c’è dentro tutto e il contrario di tutto.

Non siamo più quelli della Rivoluzione”, ci ha tenuto a dire il neosindaco nel suo primo discorso a commento dei risultati, proprio per mandare il segnale che, dopo De Magistris, si tratta di una Restaurazione, di una politica di ceto, di “tecnici”, di imprenditori. Non può venirne nulla di buono per la nostra città, e non solo per l’ombra lunga di De Luca.

Certo è mancata anche la possibilità di una vera alternativa. Non lo era Maresca, magistrato improvvisatosi politico che si è buttato con una destra impresentabile e litigiosa, che ha raccolto il suo record di consensi negativo. Non lo era Bassolino, per quanto sia stato incredibilmente pompato dai media, proprio per evitare che a sinistra potesse emergere un’opzione di alternativa. Non lo era nemmeno la scissione dei 5 Stelle capitanata dall’ex consigliere comunale Brambilla, che ha raccolto lo 0,6. Ma non lo è stata, con tutta evidenza, nemmeno la nostra coalizione.

I NOSTRI RISULTATI

La coalizione con Alessandra Clemente Sindaco ottiene lo 5,58%. Un risultato che certo non è buono, se è visto come giudizio sul lascito della passata amministrazione. Alessandra, oltre a essere oscurata sistematicamente dalla maggioranza dei media cittadini che tiravano la volata per Manfredi, ha pagato tantissimo l’essere identificata con l’amministrazione uscente – sebbene la maggioranza degli assessori e consiglieri comunali stesse fosse saltata proprio con il centrosinistra! –, il fatto che il mondo delle associazioni, dei comitati, dei beni comuni è stato completamente smantellato da un anno e mezzo di Covid, e che un’altra parte del “sociale” è passata con chi poteva garantire fondi e stanziamenti.

In una campagna, peraltro estiva, in cui il voto di opinione è stato quasi inesistente: non ci sono stati dibattiti, temi, occasioni di reale discussione…

Anche il risultato di Potere al Popolo non è per noi soddisfacente. Da un lato c’è la buona notizia di aver eletto quattro consiglieri, ed è la prima volta che accade. Finalmente potremo sperimentare il controllo popolare, l’unione di mutualismo e lotta con una rappresentanza istituzionale, peraltro in quartieri come il Centro Storico, Soccavo-Pianura, Bagnoli-Fuorigrotta che hanno diverse criticità ma anche tante potenzialità. Siamo entusiasti dell’idea di poter presentare mozioni uguali a livello nazionale, aprire un portale di “Amministrazione Popolare”, fare esperienza e renderci sempre più credibili.

D’altra parte però non ci piace il numero di voti raccolti sul Comune: 4.358 voti, l’1.33%.

Per quanto eravamo consapevoli che erano elezioni dure, difficili, che altre 31 liste avrebbero disperso il voto, che probabilmente chi ci ha votato in passato ora avrebbe votato altri candidati nella nostra stessa coalizione, che con 1.400 candidati di cui molti fra le liste di Manfredi e Bassolino il voto avrebbe premiato appartenenze familiari e amicali, per quanto eravamo assenti da interi quadranti cittadini, eravamo sinceramente convinti di poterne raccogliere di più.

Dalle Regionali abbiamo lavorato senza sosta, nonostante il Covid, abbiamo sostenuto lotte e vinto vertenze, abbiamo distribuito pacchi alimentari, siamo intervenuti nelle contraddizioni cittadine. La stessa campagna elettorale è stata entusiasmante, ricca di iniziative, giocata pancia a terra: tutti – elettori, giornalisti, persino avversari politici – ci hanno riconosciuto impegno e qualità.

E d’altronde il voto di municipalità sembra premiarci: dove le liste scendevano a 17 o 20, dove il contatto si fa più vicino e vieni riconosciuto per quello che fai, i nostri voti e percentuali eguagliano i numeri e le percentuali delle Regionali, in media il 2,6%.

Purtroppo c’è un limite dell’epoca storica che fa sì che i legami “ideologici” siano molto deboli, che il rapporto con i soggetti politici sia basato sulla convenienza, che sia assente un’idea di cambiamento o che comunque viva in singoli isolati. E molti di quelli che vorrebbero stare con noi non siamo riusciti ancora a raggiungerli…

Detto questo, il risultato di Potere al Popolo e della coalizione può essere molto significativo se lo si legge in una prospettiva politica e non solo elettorale.

Di fatto Napoli è l’unica area metropolitana che elegge due consiglieri comunali e una dozzina di consiglieri municipali a sinistra del PD. È una città in cui continuano ad esserci contraddizioni e lotte che possono trovare in questi eletti delle rappresentanze, anche perché ora gli interlocutori sono cambiati e sono molto più arroganti. È una città in cui il fermento sociale può permettere la costruzione di un’assemblea popolare dell’opposizione.

La sfida che ora attende la nostra coalizione, l’unica che sia riuscita ad attivare la partecipazione di giovani e donne, che sono l’asse su cui passa il futuro, è quella di restare unita, di non disperdere le energie attivate, di dare continuità al lavoro programmatico e di denuncia, di formarsi e rendersi più omogenea.

C’è in altri termini da preparare la resistenza a questa Restaurazione che vuole mettere le mani sulla città e cancellare le acquisizioni positive dell’era De Magistris: il dialogo con le realtà associative e di base e l’allontanamento dei privati dalla gestione, i beni comuni, l’acqua pubblica, la reinternalizzazione dei servizi, persino il lungomare liberato…

Sappiamo che anche fra chi non ha partecipato alla tornata elettorale c’è una disposizione alla mobilitazione, e di sicuro molti si muoveranno fra poche settimane e mesi quando Manfredi inizierà ad amministrare e la spartizione dei soldi lascerà molti insoddisfatti.

Si preparano tempi duri. In Consiglio sono entrati per lo più vecchi uomini di ceto politico con una visione democristiana, estranei ai problemi dell’uguaglianza, dell’ambiente, delle donne, della transizione ecologica. Tutto il contrario di quello che avrebbe bisogno una città nel 2021.

Noi però da oggi stesso siamo attivi di nuovo sui territori. Stiamo preparando lo sciopero generale di lunedì 11 ottobre, stiamo animando dibattiti di quartiere, siamo già al lavoro con i nostri consiglieri per una programmazione di interventi.

Impediremo che gli speculatori mettano le mani sulla città, ci assicureremo che i soldi del Recovery non vengano distribuiti alle solite famiglie ma usati negli interessi dei cittadini, per rendere finalmente la nostra città più vivibile e giusta. E soprattutto costruiremo dal basso l’alternativa al Governo Draghi e a questo sistema che soffoca gli esseri umani e l’ambiente!

Potere al Popolo!

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