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Giugliano. Se sei rom nemmeno la morte ti restituisce pari dignità

Nemmeno la morte in questa società diseguale restituisce un minimo di dignità alla vita straziata di un cittadino di serie B.

Il tragico avvenimento del decesso di una bimba di sei anni consumatosi nel campo Rom di via Carrafiello di Giugliano per aver toccato dei fili elettrici scoperti non desta scandalo e indignazione per le condizioni di vita cui sono abbandonate quelle persone.

L’attenzione di buona parte dei mass media si concentra sul (presunto e poi smentito) attacco che i familiari avrebbero condotto contro il Pronto Soccorso di Giugliano e il suo personale sanitario.

Anche la morte drammatica di una piccola bimba innocente trasforma l’evento in una questione di “ordine e sicurezza”, trattandosi di Rom.

Piuttosto che interrogarsi sulle condizioni di vita nei campi, sull’assenza di prospettive di emancipazione dei loro abitanti e soprattutto dei più piccoli, impossibilitati anche a seguire percorsi di formazione primaria, dinanzi ad una simile tragedia assume priorità la presunta violenza dei familiari.

Le istituzioni, da quelle locali a quelle di rango superiore, ancora una volta manifestano la loro impotenza e il loro disinteresse politici ad affrontare l’annoso problema dei campi Rom. L’articolo 3, comma 2 della Costituzione impone alle istituzioni repubblicane di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Quali sono i progetti di inserimento dignitoso degli abitanti del campo Rom nel tessuto sociale della nostra cittadina? La segregazione è l’unica strada che sanno prospettare loro le istituzioni locali?

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