Menu

Bologna.“Non si affitta a stranieri” /2: Le lacrime di coccodrillo

In allegato a questo articolo il comunicato redatto dal sindacato ASIA-USB di Bologna rispetto al  proprietario di casa che ha espressamente scritto su un cartello, affisso sul portone del palazzo, di non accettare stranieri nel suo appartamento.

Come già abbiamo scritto, ci troviamo in città a fare i conti con gli effetti più bassi, più viscerali, ma senz’altro molto concreti, delle politiche di non redistribuzione delle ricchezze e di smantellamento del welfare che sono state la cifra politica del PD in tutto il periodo di crisi, dal 2008 ad oggi, e che non accennano a fermarsi.

Un proprietario immobiliare si sente talmente inattaccabile nella sua posizione da dettare leggi autocentrate: “nel mio palazzo gli stranieri non entrano”. A ben vedere, del resto, non si tratta di un semplice proprietario desideroso di “mettere a valore” un suo appartamento, ma della famiglia Innocenti, proprietaria anche della Viro di Zola Predosa, azienda locale non secondaria. Capitani d’industria, dunque, che come tanti altri della stessa caratura, che si dividono una fetta importante del patrimonio immobiliare bolognese; i cui affitti, in centro ma non solo, sono insostenibili per le tasche di un numero sempre maggiore di cittadini, sia italiani che stranieri.

Abbiamo denunciato, insieme a Noi Restiamo e a molti inquilini, la grave ingiustizia rappresentata da un cartello di poche righe che, come anche i quotidiani locali hanno ricordato, riporta alla memoria le discriminazioni verso i meridionali negli anni ’50 o, ancor prima, verso gli ebrei – e non solo – nel ventennio fascista. Quest’azione ha messo in palese difficoltà i proprietari, che hanno velocemente scaricato ogni colpa su una segretaria per cavarsi d’impiccio (tanto sono sempre i dipendenti a pagare), ma ha mostrato anche la prontezza delle istituzioni locali, all’occorrenza, nel bagnare il fazzolettino di umanitarie lacrime di coccodrillo.

Risultano dunque posticce le dichiarazioni dell’assessore alla casa Virginia Gieri, che invoca il principio costituzionale di “uguaglianza” e lamenta la difficoltà presentata dai “costi di locazione”, mentre nei fatti prosegue la politica di sfratti e sgomberi – in aumento vertiginoso, senza margini di trattativa – e attua la privatizzazione dell’edilizia popolare voluta dalla Giunta Regionale. La riforma regionale delle “case popolari” è, infatti, una pietra tombale su questo patrimonio pubblico un tempo destinato alle famiglie dei lavoratori, e pagato con i soldi dei lavoratori. Una “riforma” finalizzata a venderne il più possibile a privati e destinare il poco che rimane  a “welfare dei miserabili”, con un continuo riciclo di inquilini appartenenti a fasce sempre più marginali della società, che contribuirà inevitabilmente a scatenare odio e vera e propria “guerra” tra chi è “povero” e chi lo è ancora di più.

Questa è esattamente la causa dell’atteggiamento razzista-diffuso che sta dietro a cartelli come quello in via del Borgo di San Pietro: in mancanza di politiche sociali che garantiscano quantomeno i diritti fondamentali alla popolazione, questa vive nell’incertezza e nella precarietà, sfruttata in modo più o meno sottile dalle nostre istituzioni per indirizzare paura e diffidenza verso un facile “nemico esterno” (gli immigrati in questo caso); invece di riconoscere che l’origine del proprio male sono proprio le politiche di questo governo, del Partito Democratico in particolare.

La privatizzazione delle case popolari parte dalla Giunta Regionale, da dove in questo caso è giunta una voce di parziale buon senso, quantomeno nel denunciare il vergognoso “scaricabarile” nei confronti della segretaria. Ma ci chiediamo dov’era questo buon senso mentre l’assessore Gualmini presentava appunto la riforma che smantella l’ERP, incrementando così l’emergenza abitativa e il caro affitti che è, come abbiamo detto, una delle basi materiali per questo clima di razzismo diffuso.

Non reggono nemmeno le dichiarazioni delle associazioni dei proprietari, perché purtroppo è all’ordine del giorno che ai migranti che si presentano ai nostri sportelli siano stati rifiutati contratti d’affitto, anche se in possesso di documenti o contratto di lavoro, spesso anche esplicitamente per il semplice motivo di essere “stranieri” o “extracomunitari”.

A “restare umani” sono stati gli inquilini del palazzo, per lo più studenti, che hanno saputo reagire, nonostante non si trattasse di qualcosa che li tocca materialmente, riconoscendo un’ingiustizia sociale su cui troppe volte si lascia correre. Insieme a loro, e ai compagni di Noi Restiamo, saremo davanti all’amministrazione di condominio lunedì 25 alle 15.30 per accertarci che l’atteggiamento razzista della proprietà sia definitivamente abbandonato e, anzi, che ne vengano prese le distanze pubblicamente.

LA CASA E’ UN DIRITTO DI TUTTI: le istituzioni devono garantirlo, i privati non possono negarlo!

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *