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Bologna. Abbandono scolastico, didattica a distanza e altro

Lettera aperta a sindaco, assessore all’istruzione, presidente di quartiere e direttori degli Uffici Scolastici Provinciale e Regionale sui gravi problemi emersi con la didattica a distanza nell’Istituto Comprensivo 5, dove si stima che 240 bambini non abbiano accesso alla Didattica a Distanza.

Considerando che da alcuni sondaggi si teme che possano essere più del 10% i bambini “smarriti” in tutta la provincia, chiediamo alle istituzioni risposte precise sia sulle indagini rispetto alla questione, se sono state fatte e con quali risultati, e rispetto alla effettiva distribuzione del materiale, a partire proprio dal problema dell’IC5, così come sulle altre questioni, dalla connessione internet alle misure di adeguamento delle scuole in vista della ripartenza a settembre. 

 

Al sindaco Virginio Merola,

all’assessore all’educazione Susanna Zaccaria,

al presidente del Quartiere Navile Daniele Ara,

al dott. Schiavone Ufficio Scolastico Provinciale Bologna,

al dott. Versari Ufficio Scolastico Provinciale Emilia-Romagna

LA DAD RIVELA LE DISUGUAGLIANZE: LE ISTITUZIONI COMPETENTI PROVVEDANO

Quello che abbiamo imparato dall’emergenza Covid è che l’epidemia più che essere un problema in sé, ha rivelato tutti i problemi strutturali di una società che era sull’orlo del collasso, e a cui è bastata una piccola spinta per caderci. Un’epidemia che poteva essere tenuta sotto controllo se le strutture istituzionali e sociali fossero state sane, e invece il Covid ha aperto ai nostri occhi tutta una serie di “rivelazioni” di disfunzioni pregresse: da una sanità pesantemente sottofinanziata al caos istituzionale dovuto al regionalismo, al problema dei lavoratori precari e finti autonomi, fino al vero e proprio sfruttamento nei campi.

Un altro importantissimo settore di cui l’emergenza Covid ha svelato problemi strutturali impliciti è proprio quello dell’istruzione, e come per le altre questioni questi problemi possono essere riassunti in una parola: disuguaglianze. Infatti era già risaputo, anche da ricerche che confermavano quello che era sotto gli occhi di tutti: la scuola dell’autonomia scolastica, la scuola dei tagli e del dimensionamento scolastico, la scuola competitiva e “orientata al lavoro” ha perso gran parte della sua capacità di appianare le disuguaglianze sociali e familiari, contribuendo invece ad aumentarle.

Questo divario ci appare oggi in maniera molto più radicale con gli evidenti problemi posti dalla “Didattica a Distanza”, uno strumento che già di per sé ha insite evidenti carenze educative (e quindi da ribadire come strumento puramente emergenziale, non come modello da affermare per il prossimo anno scolastico), e che scava ancora più profondamente una divisione fra i bambini e i ragazzi che possiedono gli strumenti tecnologici o non li possiedono, che possiedono le conoscenze e le competenze per una corretta fruizione tramite lo strumento tecnologico e quelli che non le hanno ancora sviluppate perché il primo strumento che potrebbe entrare nelle loro case è quello fornito durante questa emergenza sanitaria

che si sta trasformando in emergenza educativa. Questa divisione raggiunge infatti un livello radicale: chi può accedere e fruire della didattica e chi no.

A Bologna sono emersi i primi dati da sondaggi promossi da alcune associazioni. Si evidenzia da tali sondaggi che più di un 10% dei bambini nelle scuole primarie non avrebbe avuto nessun contatto con le scuole nei mesi di emergenza. Le ragioni sono ovvie: non tutte le famiglie hanno la disponibilità di computer, smartphone o tablet per i figli, o non hanno accesso a una linea internet stabile. Il dato è ancora più preoccupante se si pensa che stiamo parlando di una città “ricca” come Bologna, anche se ovviamente questi problemi sono radicati solo nelle famiglie più povere, magari le stesse che hanno perso lavoro a causa del lockdown, e quindi nei quartieri periferici. Il problema della DAD si va ad aggiungere quindi

agli altri problemi, a partire da quello dei genitori lavoratori che non sanno come riuscire a coniugare il bisogno dei tempi di cura dei figli con la concessione di congedi parentali insufficienti a fronte della mole immensa di giorni di scuola a distanza.

Per quanto i dati siano ancora parziali, osserviamo un caso reale che è quello dell’Istituto Comprensivo 5, nel quartiere della Bolognina, in cui la questione è stata aggravata dalla manifesta incompetenza della dirigente scolastica Falco, già da anni al centro di scontri con le famiglie ma il cui caso non è mai stato risolto dagli uffici scolastici provinciale e regionale, se non per un trasferimento forzoso della dirigente dall’IC 18 di Bologna all’IC 5 qualche anno addietro e sempre dopo una forte mobilitazione dell’utenza.A fronte di circa 1400 bambini frequentanti l’IC5, la stessa dirigente ammette candidamente che 240 sarebbero ancora oggi non raggiunti dalla scuola, e della prima “tranche” di dispositivi elettronici messi a disposizione degli istituti scolastici, l’IC5 avrebbe fatto richiesta per soli 77 tablet, peraltro senza aver ancora provveduto ad oggi 16 maggio 2020 neanche alla consegna di questi.

Se il caso dell’IC5 è riuscito a diventare conosciuto grazie a un forte attivismo della rete dei genitori, il timore è che molte altre scuole della periferia, così come della provincia, possano soffrire dello stesso problema, in mancanza di una mappatura uniforme che controlli e coordini l’operato delle singole scuole nell’identificare problemi di carenze di strumenti elettronici adeguati alla DAD. Anche se i primi decreti avevano previsto fondi per l’acquisto del materiale elettronico da dare in comodato d’uso alle famiglie che ne avessero avuto bisogno, come stiamo vedendo anche per la Cassa Integrazione, non basta una firma ministeriale per far sì che i soldi arrivino dove devono arrivare: serve un piano strutturato che, nel caso degli strumenti informatici, ne preveda l’acquisto e la distribuzione.

È evidente che sulla scuola manca a tutti i livelli un piano programmatico strutturale di progettazione e monitoraggio dei bisogni educativi di tutti gli studenti. A partire dal ministro Azzolina, passando per la Regione e arrivando fino al Comune e i Quartieri. In una recente intervista l’assessore Ara afferma “sarei già contento se a settembre si ripartisse senza disparità”, confermando che al momento non è prevista nessuna azione al di fuori di sperare che per miracolo a settembre tutto torni a funzionare. Come se poi fosse possibile recuperare le disparità accumulate in un semestre in cui a dominare sono state le disuguaglianze sociali, anche aggravate dalla DAD partita in avventurismo e fruita non da tutti.

Per questo chiediamo:

– Al sindaco Virginio Merola, all’assessore all’educazione Susanna Zaccaria, al dott. Schiavone dell’Ufficio Scolastico Provinciale e al dott. Versari dell’Ufficio scolastico Regionale, se è già stata effettuata in collaborazione con i singoli istituti una mappatura uniforme di tutto il territorio di loro competenza per l’individuazione di famiglie e bambini che hanno problemi all’accesso alla DAD;

– Se questa mappatura è stata svolta, che vengano resi pubblici immediatamente i dati;

– Se questa mappatura è stata svolta, perché non vi è alcun tipo di intervento in merito alle condizioni di privazione del diritto allo studio dei bambini e delle bambine dell’IC5;

– Se questa mappatura NON è stata svolta, allora che si provveda in tempi rapidissimi, e i risultati resi pubblici;

– Che vengano garantiti alle famiglie e ai bambini i dispositivi elettronici di cui hanno bisogno;

– Che gli Uffici Scolastici di competenza si attivino per capire come è possibile che siano sorti questo

tipo di problemi all’IC5, così come eventualmente in altri istituti, e che si verifichi in particolare se è stata fatta richiesta dei fondi nei tempi e nei modi previsti dalla normativa attuale da parte della dirigente scolastica Falco e se i dispositivi attualmente in possesso della scuola sono stati distribuiti sebbene alla fine dell’anno scolastico in corso;

– Che le istituzioni si assicurino che tutti gli istituti abbiano provveduto all’assunzione di tecnici informatici con i fondi stanziati dal decreto Cura Italia;

– Che la distribuzione di SIM per accedere alla rete internet sia implementata dalla possibilità delle famiglie di accedere a reti wi-fi pubbliche e gratuite, o garantiti altri strumenti quali chiavette internet, sempre in modo gratuito;

– Che il Comune e gli Uffici Scolastici prevedano da subito risorse adeguate per sanificare, adibire spazi e protocolli di sicurezza, e che questi fondi non vengano sottratti al già risicato bilancio scolastico, la sicurezza pubblica non va confusa con il diritto allo studio: settembre arriverà fra pochi mesi, e non ci si può arrivare impreparati rifugiandosi dietro al bilancio o dietro i ritardi di competenza nazionale;

– Che si provveda a un monitoraggio dell’utilizzo dei fondi del cosiddetto contributo volontario in tutte le istituzioni scolastiche, perché non è pensabile che la garanzia della sicurezza fisica e del diritto allo studio soggiacciano a logiche di privatizzazione o di contribuzione di classe a seconda del bacino d’utenza in cui è collocata una istituzione scolastica.

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