Sabato 3 ottobre a Modena manifestiamo contro violenza padronale e repressione di Stato
La denuncia di 447 lavoratori, attivisti sindacali del SiCobas e militanti solidali per gli scioperi e i picchetti davanti ai cancelli di Italpizza nel modenese sono un attacco vivo sulla pelle dei diretti interessati e sono un tassello di un più ampio piano di attacco politico generale a chi non vuole abbassare la testa.
L’atteggiamento della Questura di Modena si inscrive in un quadro complessivo in cui il padronato accentua la guerra di classe dall’alto chiuso nella morsa della competizione economica sempre più aspra, le cui conseguenze vogliono essere fatte pagare ai lavoratori.
Dalle dichiarazioni programmatiche del presidente di Confindustria Bonomi e dall’esito dell’ultima tornata elettorale, stretta fra regionali e referendum costituzionale, ci viene restituito uno scenario politico ancora più angusto di quello precedente, un’ulteriore strettoia democratica che andrà a caratterizzare la futura stagione, soprattutto rispetto a un quadro di continuazione della crisi economica (aggravata, e non generata, dalla pandemia globale), di spartizione del Recovery Fund e delle sue prevedibili tragiche condizionalità, così come di un disagio sociale che il potere dovrà sapere gestire, oppure reprimere. Senza nessun tipo di simpatia per i parlamentari attuali, espressione di una classe politica indecente, dobbiamo però considerare come la mutilazione del parlamento non sia altro che il naturale approdo istituzionale di una governance sempre più autoritaria, in cui quelle che dovrebbero essere le funzioni delle camere “rappresentanti del popolo” sono già da anni svuotate da una linea di comando che comprende soltanto Unione Europea e governo nazionale, sempre più guidati da espressioni pericolosamente leaderistiche che si comandano direttamente tramite decreti (strumento abusato ma non inventato da Conte, quanto dai suoi predecessori). D’altra parte proprio la UE ci ha dimostrato come si possa dare una pennellata di democraticità istituendo un parlamento senza nessuna funzione legislativa, né di vero potere di controllo e censura nei confronti del Governo, così come il modello di governance autoritaria continentale multivello passa per l’accentuata disarticolazione dell’amministrazione pubblica attraverso istituzioni come le Regioni, oggi governate in maniera plebiscitaria da elargitori di fondi e prebende.
Questi non sono elementi completamente nuovi, come detto, ma dei passaggi politico-istituzionali all’interno di un percorso di ben più lunga data, un percorso accelerato dalla crisi iniziata nel 2008 e aggravata dalle politiche di austerità imposte dalla UE tramite il governo Monti, sostenuto da tutto l’arco politico istituzionale. È proprio dentro questa crisi che si vede montare uno scontento sociale e, di risposta, un aggravarsi delle politiche repressive e securitarie: le leggi contro la lotta per la casa, i DASPO urbani, le riforme per ridurre il diritto di sciopero e per attaccare la rappresentanza sindacale conflittuale come rilanciato dal Garante Passarelli in occasione degli scioperi del 24-25 settembre promossi da USB, Unicobas e Cobas Sardegna, la schedatura sistematica dei manifestanti, il carcere per azioni di protesta popolare in Val Susa, … All’autoritarismo del sistema politico non può che affiancarsi un apparato repressivo tanto più feroce quanto più si aggravano le condizioni sociali ed economiche dei lavoratori. In questo le Questure giocano un ruolo sempre più importante, presentando un profilo sempre più politico.
In Emilia-Romagna la repressione alle lotte sociali ha già lasciato morti sul campo. Proprio 4 anni fa durante una vertenza del settore della logistica veniva ucciso il compagno Abd El Salam, delegato sindacale dell’USB, travolto da un camion durante un picchetto davanti alla GLS di Piacenza, di fronte a uno schieramento di polizia immobile. Ma sono da annoverare anche i 13 morti nelle carceri durante le proteste per l’emergenza Coronavirus, di cui 9 proprio a Modena e 1 a Bologna, secondo i report ufficiali per “overdose da metadone”, anche se secondo gli stessi report mentre morivano agonizzanti venivano spostati da un carcere all’altro.
È proprio a Modena che si sta giocando una delle battaglie più sporche, una città in cui la Questura si è dimostrata più attiva nel proprio ruolo repressivo, e in tutto il Paese ciò accade proprio nel mondo della logistica, il cui altissimo livello di sfruttamento non a caso ha generato le punte di maggiore conflittualità degli ultimi anni. I teoremi della Questura modenese hanno infatti portato alla denuncia di 447 persone fra lavoratori, sindacalisti e altri compagni, per gli scioperi e le mobilitazioni davanti a Italpizza, e così alla repressione delle mobilitazioni si sono aggiunte le provocazioni a suon di denunce fino all’irruzione nella sede sindacale.
Mobilitiamoci davanti alle montature giudiziarie che hanno l’evidente obiettivo di colpire le lotte e il diritto di sciopero! Dalla Val Susa ai cancelli della logistica non abbasseremo la testa, l’amnistia per i reati sociali è una rivendicazione da generalizzare per rispondere alla chiusura di spazi di agibilità democratica in questo paese!
Ci vediamo a Modena il 3 ottobre alle 15.00 in Piazza Grande (concentramento 14.30 in piazza S. Agostino) a Modena.
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