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Ravenna. Il latte nero della Berkan B.

Berkan B è un relitto navale lungo oltre 100 metri, costruito nel 1984, che giace nel porto di Ravenna lungo il canale dei Piomboni. Qui nel 2017 ha iniziato a perdere idrocarburi dopo che lo scafo ha ceduto durante alcune operazioni errate di smantellamento.

Nel marzo 2019 Berkan B, lasciata abbandonata dai primi mesi del 2018, è affondata quasi totalmente dopo aver imbarcato acqua per mesi.

Ricordiamo che il relitto, ora a tutti gli effetti un cumulo enorme di rifiuti e che non risulta essere mai stato bonificato, sversa i suoi inquinanti in una zona che è in continuità idraulica con un’area del Parco del Delta del Po che dovrebbe essere tutelata dal punto di vista ambientale, ed è rimasto privo di panne antinquinamento fino a luglio 2018.

Durante la demolizione sono state riscontrate numerose carenze dalla Medicina del Lavoro e il relitto è stato posto più volte sotto sequestro, anche a causa delle pessime condizioni in cui operano i lavoratori. Ovviamente, dopo l’affondamento l’uscita di idrocarburi è stata più copiosa.

Nel luglio 2019 vengono iscritti nel registro degli indagati per inquinamento ambientale i vertici dell’Autorità Portuale, in particolare il Presidente Daniele Rossi e il Segretario Generale Paolo Ferrandino, su cui attualmente pende la richiesta di rinvio a giudizio.

Sulle responsabilità si passano la palla l’Autorità di sistema portuale e la Capitaneria di Porto. In questo dibattito, pur avendo responsabilità dirette e indirette, si tengono alla larga il Comune di Ravenna, la Regione ed il Parco del Delta del Po.

In particolare, il Comune di Ravenna, ritiene che la responsabilità e competenza dello smantellamento del relitto e la bonifica dell’area limitrofa sia completamente a carico dell’Autorità Portuale, come riferito dal vicesindaco con delega al porto Fusignani in una discussione in consiglio comunale sulla question time sollevata da Ravenna in Comune.

Ma appaiono invece chiare le responsabilità del Comune, tra l’altro membro del Comitato di Gestione del Porto e del Comitato esecutivo del Parco del Delta del Po, che dovrebbe tutelare in primis la salute dei propri cittadini, della flora e della fauna del territorio, denotata tra l’altro da un rilevante interesse naturalistico e paesaggistico.

Il responsabile della salute pubblica del territorio comunale resta innanzitutto proprio il Sindaco, e non è ammissibile che una situazione così grave non sia stata ancora risolta. Addossando interamente la responsabilità fra l’altro alla sola AdSP, i cui vertici paradossalmente risultano rinviati a giudizio proprio per inquinamento ambientale dopo il parziale affondamento della Berkan e la fuoriuscita di idrocarburi, si rischia solo di far passare sotto l’egida di incompetenza e non credibilità le pratiche di smantellamento e allungare ulteriormente le tempistiche.

Infatti le ultime news ci dicono che l’Autorità di Sistema Portuale sta pensando di revocare l’aggiudicazione a Micoperi (ovvero la contractor capofila del gruppo d’imprese che si era aggiudicata il bando per lo smantellamento del relitto addirittura nel dicembre del 2019 e per ben 9 milioni di euro! E che ora si ritiene insoddisfatta della quantificazione economica per i lavori di rimozione, che dovevano iniziare all’inizio del 2020!) e di voler indire un nuovo bando.

A causa dunque dei mal di pancia delle solite imprese e multinazionali che valutano le cose unicamente secondo logiche di profitto e di convenienza economica, gli sversamenti di idrocarburi continueranno alla faccia della tutela della salute pubblica e della salvaguardia dell’ecosistema che finiranno così nel solito tritacarne della speculazione privata, nell’indifferenza e noncuranza totali delle autorità comunali che non alzano un dito in favore della cittadinanza!

Rimandando ancora, c’è il serio rischio che tutto rimanga lì, come sta accadendo per gli altri tre relitti simili (quelli pare siano stati bonificati) presenti poco lontano, abbandonati da oltre 10 anni. Si sottolinea che gli sversamenti hanno causato, oltre alla morte per contaminazione di decine e decine di uccelli, anche l’avvelenamento di fauna ittica.

I pesci non vengono fermati infatti dalle panne galleggianti antinquinamento disposte al fine di evitare lo spandimento delle sostanze inquinanti al di fuori dalle stesse e del cui costo si è fatta carico l’Autorità di Sistema Portuale, infatti le panne non possono essere continuativamente a tenuta stagna nel punto di aggancio con le banchine, anche solo a causa dell’andamento delle maree: eppure nella Pialassa Piomboni si continua a pescare nei capanni da pesca e così anche nelle zone limitrofe del porto, ed il Comune percepisce le tasse dai capannisti!

Senza contare coloro che potrebbero aver consumato inconsapevolmente vongole raccolte di frodo, sequestrate a quintali anche nel corso dell’ultimo anno in Pialassa. E ancora uccelli morti come le tante carcasse di gabbiani rinvenute nell’area dov’era ormeggiato il relitto, infatti il piumaggio degli uccelli si imbratta della sostanza oleosa, di conseguenza non riescono più ad alzarsi in volo finendo col morire di stenti.

Da quel che si è appreso è stato stabilito che la morte dei gabbiani era causata proprio dallo sversamento degli idrocarburi, ecco quindi configurarsi senza ombra di dubbi il reato di inquinamento ambientale.

Tuttavia, ancora le autorità comunali continuano ad infischiarsene completamente della preservazione dell’ecosistema e della salute pubblica dei propri cittadini, doveri fondamentali cui dovrebbero provvedere in prima persona e tempestivamente senza se e senza ma o delegando responsabilità a terzi!

È del 6 gennaio la notizia dell’approvazione di una norma inserita nella legge di bilancio proposta dal PD e diventata legge, che istituisce un fondo per sostenere le Autorità di Sistema Portuale a bandire gare per la rimozione delle navi abbandonate, per venderle o farle demolire.

Quindi giustificheranno la loro negligenza nel caso Berkan B con l’assenza di una legge? È per colpa della mancanza di una legge che l’AdSP ha rinnovato più volte la concessione di occupazione della banchina, tra l’altro pubblica, quando la nave era già visibilmente spezzata e quando anche un incompetente avrebbe potuto facilmente indovinare l’epilogo della vicenda?

Davvero vogliamo credere che mancasse una legge per evitare i danni ambientali che sono stati causati? Oppure le norme esistevano già e si tratta di un paravento per distogliere l’attenzione dalle vere dinamiche della grave vicenda e giustificare la negligenza e le lungaggini dell’AdSP e degli altri? (E se non hanno rimosso il relitto e bonificato l’area quando il disastro si poteva ancora evitare, chi ci assicura che lo faranno adesso, solo perché è stata fatta una legge in più?)

Ormai comunque è tardi, il latte è già stato versato e per di più si tratta di un latte nero! Sarebbe bastato rispettare le norme già vigenti in tema di tutela ambientale da parte dei vertici portuali e di quelle in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, precisamente il tante volte disatteso d.lgs. 81/2008, ovvero il Testo Unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro vista anche la recente condanna del proprietario del relitto della Berkan B proprio per la violazione di tali norme contestate nel corso di una verifica da parte della Medicina del Lavoro con un sopralluogo nel 2018, tanto che le condotte del proprietario sono state qualificate dalla sentenza del Tribunale come “estemporanee e pericolose” e prive di “qualifica e competenza adeguata” visto che si era avvalso anche di un “cuoco tuttofare”.

Non serve un’ulteriore legge alle tante utili già presenti, creata unicamente per spostare l’attenzione dai veri responsabili, ad uso e consumo dei vertici di Autorità Portuale, di Daniele Rossi, del quale tra l’altro risulta in dirittura d’arrivo la riconferma nella veste di Presidente dell’AdSP nonostante il procedimento a suo carico, e degli altri vertici AdSP; legge atta a fungere da conveniente vetrina di propaganda elettorale per il PD, fregandosene di tutto il resto, ovvero l’inquinamento di flora e fauna, le copiose perdite tanto fra la fauna ittica quanto fra l’avifauna, i pericoli per la salute delle persone, le numerose vittime di un ecosistema negato.

Inutile piangere, i responsabili devono pagare!!

#nonrestoindifferente

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